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Platone - Roberto Radice
PANORAMA
Particolare della Scuola di Atene, affresco dipinto da Raffaello Sanzio per papa Giulio II tra il 1508 e il 1511. Platone (con le fattezze di Leonardo da Vinci), a sinistra, conversa con Aristotele.Particolare della Scuola di Atene, affresco dipinto da Raffaello Sanzio per papa Giulio II tra il 1508 e il 1511. Platone (con le fattezze di Leonardo da Vinci), a sinistra, conversa con Aristotele.
IL PERSONAGGIO
Quello del filosofo è il mestiere più pericoloso del mondo. La lista dei personaggi che hanno pagato con la vita le proprie idee è infatti insospettabilmente lunga. Per iniziare da Socrate, che accettò di bere la cicuta per non calpestare la sacralità delle leggi della sua città, anche se ingiuste. E per proseguire con Seneca, al quale Nerone fece chiedere gentilmente di tagliarsi le vene. E poi Severino Boezio, il filosofo cristiano del V-VI secolo fatto strangolare dal re d’Italia Teodorico per sospetto collaborazionismo con l’Impero di Oriente; Thomas More, mandato al patibolo da Enrico VIII per essersi opposto allo scisma anglicano; Giordano Bruno, arso vivo dall’Inquisizione; Moritz Schlick, fondatore del Circolo di Vienna, assassinato da uno studente a causa della sua filosofia antimetafisica
; Giovanni Gentile, ucciso dai partigiani dei GAP.
Non meno lunga è la lista dei filosofi scampati a un tragico destino per un soffio. E va da Aristotele, obbligato a fuggire da Atene dopo la morte di Alessandro Magno del quale era stato tutore, in seguito alla ribellione antimacedone divampata in Grecia, fino a Galileo, costretto ad abiurare il Copernicanesimo per evitare tortura e rogo.
Non si sottrasse a tale destino neppure Platone, considerato quasi unanimemente il filosofo che dette al pensiero occidentale l’impronta destinata a segnarne il suo intero sviluppo, fino al nostro secolo (e sicuramente oltre). Egli, infatti, visse tra la quiete della sua scuola ateniese, l’Accademia, e una serie di traversie di ogni genere. Già dopo la morte del suo maestro Socrate, narra lo storico Diogene Laerzio, Platone fu costretto ad autoesiliarsi da Atene, insieme ad altri discepoli, per timore «della crudeltà dei Tiranni» (che nella fattispecie erano gli esponenti del regime democratico), e riparare a Megara, città retta da un regime oligarchico, più consono alla sua visione politica, e dove si trovava un altro suo condiscepolo, Euclide il Socratico.
Poi, nei tre viaggi, già pericolosi in sé, compiuti a Siracusa alla corte dei tiranni Dionigi il Vecchio e Dionigi il Giovane, e in altre città della Magna Grecia, subì una lunga serie di vicissitudini; fu venduto come schiavo e spedito nell’isola di Egina, nemica di Atene, dove fortunatamente fu riscattato dall’ex compagno Anniceride; a Siracusa fu prima messo ai domiciliari
e gli fu impedito di tornare in patria, e in seguito imprigionato da Dionigi il Giovane e liberato solo grazie all’intervento di Archita, suo amico e governatore di Taranto, nonché eccellente filosofo e matematico. Anche Archita, peraltro, andò a ingrossare la lista dei filosofi vittime di morte violenta, rimanendo ucciso in un naufragio (o in combattimento) nel corso di una spedizione militare nel Gargano.
La Scuola di Atene,
Stanza della Segnatura,
Musei Vaticani.
Non è un caso che la sorte di tanti filosofi sia stata così nefasta. Anzi, è la dimostrazione che le idee possono rappresentare un’arma letale contro i regimi politici, non solo quelli tirannici oppure oscurantisti ma anche quelli democratici, come la vicenda di Socrate insegna. La forza del pensiero ha realmente la possibilità di sovvertire uno Stato e le sue istituzioni molto più di quella delle armi. E questo i governanti greci dell’età classica lo sapevano bene, tanto da utilizzare – quando si sentivano buoni – lo strumento dell’esilio con impressionante frequenza: ne furono vittime anche Anassagora e, per spostarci in altri ambiti del sapere, Tucidide ed Euripide. Ma, fra tutti gli intellettuali, i filosofi hanno sempre rappresentato gli avversari più coriacei, perché sono sempre stati visti non come semplici propugnatori di idee, ma come la personificazione stessa delle loro idee. Cosicché l’esilio o la loro uccisione hanno assunto anche un fortissimo connotato simbolico.
IL LABORATORIO POLITICO
Platone visse in anni di profonde turbolenze politiche e belliche della Grecia (e della Magna Grecia) che da una parte gli offrirono innumerevoli spunti di riflessione sulla giustizia (o meglio l’ingiustizia) dei governi, dall’altra resero la sua vita particolarmente movimentata.
Già negli anni giovanili il filosofo aveva espresso la passione per la vita pubblica e l’intenzione di dedicarsi all’attività politica una volta divenuto adulto. Più tardi, non si limitò a esporre nei dialoghi la sua visione dello Stato ideale, che, sotto la guida dei filosofi, realizza la sintesi suprema della morale individuale e della giustizia collettiva, ma pensò di trasformare le città in cui visse in laboratori politici, dove mettere in pratica tali concetti.
Ad Atene Platone istituì l’Accademia non solo come un centro di produzione del sapere, ma anche come una scuola di formazione della nuova classe politica che avrebbe dovuto governare il Paese.
A Siracusa andò oltre, recandosi a varie riprese presso i due tiranni per convincerli a mettere in pratica quegli ideali filosofici che andava manifestando nella Repubblica.
Ma la città siciliana, una vera e propria metropoli che alcuni storici dell’epoca definivano Primo Impero d’Occidente
, non rappresentò il terreno adatto agli esperimenti platonici.
La tirannide non era certo il regime più propenso a creare uno Stato ideale ponendo al vertice un filosofo. Da qui le traversie che Platone dovette subire. E che alla fine gli fecero dire:*
LA TIRANNIDE NON È UN BENE NÉ PER CHI LA ESERCITA NÉ PER CHI LA SUBISCE, NON LO È NÉ PER I FIGLI NÉ PER I DISCENDENTI DEI FIGLI: AL CONTRARIO È UN’ESPERIENZA ASSOLUTAMENTE ROVINOSA.
IL PENSIERO DI PLATONE
Lo Stato ideale fu il tentativo di portare a compimento uno degli innumerevoli precetti che aveva appreso da Socrate, perché la missione di Platone fu quella di dare una fondazione definita, completa e rigorosa, all’opera del suo maestro. In questo è considerato il padre costituente della filosofia. Non fu, ovviamente, il primo filosofo della storia: i grandi cosmologi, la scuola pitagorica, Parmenide, Eraclito avevano già testimoniato prima di lui la ricchezza del pensiero greco e la sua capacità di giungere ad altissime vette speculative. Ma si trattava in massima parte di filosofia della natura. Tra l’altro, solo intorno all’anno di nascita di Platone la filosofia era sbarcata
nella Grecia continentale, attraverso Anassagora: fino a quel momento tale disciplina era stata esercitata in Magna Grecia o nelle colonie ioniche. Ad Atene, la filosofia avrebbe assunto connotazioni profondamente diverse. Innanzitutto con la sofistica, che per la prima volta mise al centro delle speculazioni l’uomo, la morale, la politica: da fisica
, sarebbe poi diventata meta-fisica
. Come ha scritto il filosofo francese André Glucksmann,
Le statue di Platone e Socrate all’esterno dell’Accademia di Atene.
È A PLATONE CHE SPETTA, NELLA SCIA DEL SUO MAESTRO SOCRATE, DI DEFINIRE LA FILOSOFIA COME «LA SCIENZA DEGLI UOMINI LIBERI», CON LA QUALE L’ANIMA SI DISTACCA DALLA FLUTTUAZIONE DELLE OPINIONI PER APRIRSI ALLA CONOSCENZA VERA.
Nei suoi Dialoghi, dice ancora Glucksmann, «Platone pose infatti le domande sulle quali si sarebbe fondata la filosofia occidentale: Cosa distingue il sofista dal vero dialettico? Cosa può definirsi un’azione morale? Come fondare uno Stato giusto? La paura della morte, l’appetito esclusivo per i piaceri, o ancora il desiderio di potere, tutte queste forze che fanno deviare eternamente l’uomo dal pensiero e dalla giustizia, sono affrontate con una profondità sulla base della quale tutti i filosofi successivi non cesseranno mai appassionatamente di misurarsi».
Platone e i suoi discepoli, di Carl Johan Wahlbom, 1879.Platone e i suoi discepoli, di Carl Johan Wahlbom, 1879.
LA SECONDA NAVIGAZIONE
Effettivamente Platone è il primo filosofo a introdurre in maniera definitiva l’esistenza di entità astratte, che chiama Idee, laddove Idee
non indica quelle che ciascun individuo si forma o elabora dentro di sé, ma entità che esistono indipendentemente dal pensiero. Si tratta di forme eterne, immutabili e incorporee, che non appartengono al mondo sensibile, quello di cui abbiamo percezione attraverso i sensi, ma a un mondo soprasensibile. Platone non fu il primo a ritenere che esistesse qualcosa al di là del mondo sensibile, ma fu il primo a sistematizzare questa intuizione in modo rigoroso e razionale. Così, unificò il mondo dell’uomo con quello della natura, facendo partecipare entrambi di una terza specie, quella delle Idee, in cui si trovano le cause sia dell’agire umano (i valori come la giustizia) sia dei fenomeni sia degli esseri di natura. Di conseguenza, se ogni cosa (umana o naturale) ha un corrispettivo perfetto, paradigmatico, nelle Idee, allora non solo la causa del mondo
