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La scommessa di Bethany (eLit)
La scommessa di Bethany (eLit)
La scommessa di Bethany (eLit)
Ebook341 pages4 hoursPenny House

La scommessa di Bethany (eLit)

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About this ebook

Penny House 2
Inghilterra, 1805
Grazie a tre intraprendenti sorelle, Penny House diventa uno dei più raffinati ed esclusivi ritrovi dell'aristocrazia londinese.
Proprietaria insieme alle sorelle di una rinomata casa da gioco londinese, Bethany è abituata a frequentare i più eleganti aristocratici, ma preferisce dedicare gran parte delle proprie risorse ai poveri. E l'ufficiale in fila davanti alle cucine di Penny House per ricevere un piatto di minestra attira immediatamente la sua attenzione, forse perché dietro l'atteggiamento dimesso e l'uniforme lacera le pare di intuire un passato misterioso. Il maggiore William Calloway, tuttavia, non è lì per avere un pasto caldo, bensì per indagare sugli omicidi che stanno decimando i superstiti del suo ex battaglione, reduci dalla Guerra Peninsulare, e dal momento che la vicenda potrebbe coinvolgere anche lei, Bethany decide di aiutarlo.
LanguageItaliano
PublisherHarperCollins Italia
Release dateJul 1, 2022
ISBN9788830541955
La scommessa di Bethany (eLit)
Author

Miranda Jarrett

Laureata in storia dell'arte, ha saputo conciliare l'interesse per la storia con la passione per la scrittura. I suoi romanzi hanno vinto infatti numerosi premi letterari.

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    La scommessa di Bethany (eLit) - Miranda Jarrett

    1

    St. James's Street, Londra, 1805

    Al riparo della cancellata di ferro battuto, William Callaway pensò ancora una volta a quanto detestasse i matrimoni.

    Gli invitati al banchetto nuziale si stavano assiepando davanti a Penny House in attesa degli sposi. Un bicchiere in mano, gli uomini ridevano e si scambiavano battute di spirito, le donne si pavoneggiavano come variopinti uccelli esotici nel sole del tardo pomeriggio, tutto un ondeggiar di piume tra i capelli mentre parlottavano a piccoli gruppi lungo gli scalini di lucida pietra dell'elegante dimora. L'aria estiva risuonava di risatine eccitate.

    William curvò ulteriormente le spalle sotto la giubba, ignorando il bambino che gli aveva fatto da guida. Troppa allegria, pensò cupamente, troppa gioia e troppo ottimismo rispetto a tutte le sventure e le sofferenze che affliggevano il mondo. Quegli idioti non si rendevano conto che la nuova coppia era condannata all'infelicità al pari di ogni altra? Non capivano che ciò che il bel mondo chiamava amore non era altro che un conforto per gli sciocchi, un'illusione destinata a svanire?

    La processione di carrozze aveva rallentato lungo St. James's Street, e diversi gentiluomini si affacciavano spazientiti ai finestrini per vedere quale ne fosse la causa. William indietreggiò ancora di più, chinando la testa sotto i rami di tasso che sporgevano dalla cancellata. Quasi ci avesse ripensato, circondò il bambino con un braccio e tirò indietro anche lui.

    «Meglio non permettere loro di sorprenderci a fissarli a bocca aperta, Twig» lo ammonì. «Preferiscono che la gente come noi rimanga al proprio posto.»

    «Nei bassifondi volete dire, padrone?»

    «Dove non possono vederci, voglio dire. I poveri sono un pugno nell'occhio per i ricchi, una sorta di immondizia che vorrebbero spazzare via dalle loro belle strade.»

    Vedendoli, una donna a bordo di una carrozza si accostò al naso un fazzolettino profumato. L'espressione di William si indurì. A quali misure non sarebbe ricorsa la buona società per sbarazzare Londra da coloro che non condividevano la sua fortuna? Ospizi, deportazione, galere...

    O veleno?

    «Al diavolo quello che vogliono.» Twig si strofinò il naso con un pollice sporco, pronto a sfidarli tutti. «Anche un gatto può guardare un re, figurarsi tutti quegli elegantoni e gran dame.»

    Sulle labbra di William apparve un sorriso. «Non ci sono gran dame fra queste persone, Twig. Penny House è una casa da gioco, un circolo privato per gentiluomini in cui le vere signore non sono gradite.»

    Il ragazzo allungò il collo scrutando all'intorno. «Sono tutte prostitute allora?»

    «In un certo senso, sì.» William non era nello stato d'animo più adatto per distinguere le donne perbene da quelle che non lo erano. Molto tempo addietro aveva fatto parte anche lui di quel mondo, e non aveva dimenticato come quelle donne gli erano svolazzate attorno quando indossava la scintillante uniforme del suo reggimento, né aveva scordato il loro profumo inebriante che gli colpiva le narici, il loro morbido seno premuto contro il suo petto. «L'unica differenza consiste nel prezzo che stabiliscono per concedere la loro compagnia.»

    «Tutte sgualdrine, dunque.» Twig emise un fischio. «Anche la sposa, padrone?»

    «Non può essere una signora.» Tutti in città avevano sentito parlare delle tre sorelle Penny, le tre belle e intelligenti giovani donne che possedevano quel circolo alla moda in St. James's Street. Benché corresse voce che fossero le figlie di un pastore protestante del Sussex, William ne dubitava, così come dubitava dell'autenticità del virtuoso comportamento da loro ostentato. Molto probabilmente, anche le ingenti somme di denaro che si diceva dessero in beneficenza erano esagerate, o forse venivano elargite solo per rispettare una clausola testamentaria. Non potevano esserci altre spiegazioni. Com'era possibile che uno spirito veramente caritatevole abitasse in un posto come quello?

    «Nessuna vera signora potrebbe vivere in una casa del genere, Twig. Né acconsentire a soddisfare i capricci degli uomini come fanno loro.»

    Il bambino alzò lo sguardo su di lui, un'espressione dubbiosa negli occhi scuri. «Perdonatemi, padrone, ma Miss Bethany Penny lo è. È diversa da loro, vedrete. È buona, generosa e gentile con tutti, non solo con gli elegantoni. È famosa per questo. Il suo gregge, chiama tutti noi che ci presentiamo alla sua porta, come se fossimo speciali per lei. È una vera signora, ve lo assicuro.»

    William non rispose. Bethany Penny era appunto il motivo per cui aveva assunto Twig: desiderava essere condotto a Penny House. Nelle strade e nei ricoveri di mendicità non si faceva che parlare di quanto fosse generosa con i diseredati, ma a lui non importava un accidente se fosse stata quelle due, tre volte il modello di virtù che tutti decantavano. L'unica cosa che gli interessava era scoprire se fosse colpevole o innocente.

    «Vedrete, padrone» insistette Twig. «Una volta che... ah, ecco gli sposi!»

    La carrozza aperta era ornata da festoni di fiori bianchi che strapparono ammirati gridolini e battimani alle donne presenti. Nastri di raso dello stesso azzurro della carrozza erano intrecciati alle criniere e alle code della pariglia di cavalli grigi, e sul predellino posteriore due dritti e impettiti trombettieri in antiquate livree e parrucche incipriate annunciavano l'arrivo dei novelli sposi.

    «Dicono che lo sposo sia più ricco di Sua Maestà» dichiarò Twig. «Mr. Blakley, così si chiama. Mr. Richard Blakley. Pare abbia ammassato montagne d'oro nelle Indie, coltivando la canna da zucchero.»

    «Buon per lui» rispose secco William. «A giudicare dalle apparenze, deve aver speso almeno una di quelle montagne, quest'oggi.»

    Tutto galanteria, lo sposo allontanò con un gesto della mano i valletti accorsi ad aprire lo sportello. Sollevando la sposa fra le braccia, la baciò fra nuovi applausi e acclamazioni, poi la portò per le scale in una nuvola di gale di candida mussola. La sposa rovesciò la testa sul suo braccio e scoppiò in una risata gioiosa, senza curarsi che ciocche color rame sfuggissero all'acconciatura né che il suo frenetico sgambettare facesse risalire le gonne tanto da esporre alla vista le giarrettiere azzurre.

    «Gesù» mormorò Twig con aria di apprezzamento. «Questo sì che è uno spettacolo, non trovate?»

    William emise un suono disgustato. Uno spettacolo, appunto. Una volgare, chiassosa e inutile esibizione. I vicini di Penny House avevano tutto il diritto di lamentarsi, se erano costretti ad assistere spesso a quelle scene di pessimo gusto. Quanti orfani londinesi avrebbero potuto essere sfamati quella sera solo con il denaro sperperato per i nastri di raso che la carrozza e i cavalli si tiravano dietro?

    «Quella è Miss Bethany» lo informò Twig, additando la casa. «Laggiù, ai piedi della scala, insieme a sua sorella, Miss Amariah.»

    Riscuotendosi all'istante, William volse lo sguardo nella direzione indicata. Da quella distanza riusciva a notare soltanto che Bethany Penny aveva gli stessi capelli d'oro rosso delle sue sorelle e che, al pari di loro, era alta, esile e aggraziata. A parte questo, non ebbe che un'indistinta visione di un semplice, ma elegante e senza dubbio estremamente costoso, abito azzurro che le svolazzava attorno e di un cappellino dello stesso colore, la cui ampia tesa le nascondeva il viso. Il suo portamento denotava la fiducia in se stessa tipica di una bella donna, che è sempre sicura di attirare l'attenzione comunque si muova.

    O si trattava piuttosto della presunzione di una donna che distribuiva veleno fingendo di fare del bene? Una donna scaltra, capace di nutrire o di uccidere a piacimento con i suoi appetitosi manicaretti.

    Si lasciò sfuggire un sospiro, rifiutandosi di restare vittima della sua malia. Quattro uomini, quattro bravi soldati, erano stati assassinati quella primavera, e lui non poteva permettersi di modificare la sua opinione su di lei per il semplice fatto che era una ragazza incantevole.

    Quasi gli avesse letto nel pensiero, lei, con fare civettuolo, fece scorrere le dita sull'acconciatura, poi prese sottobraccio la sorella e insieme si avviarono lungo la scala al seguito degli sposi, seguite dagli altri ospiti.

    «Lo spettacolo per i comuni mortali è terminato, ragazzo. Il resto dei festeggiamenti è destinato a coloro che hanno ricevuto un invito.»

    William cacciò due dita nel taschino del panciotto per estrarre una moneta con cui pagare i servizi di Twig. Era più stanco di quanto volesse ammettere, la vecchia ferita alla gamba gli doleva in modo atroce, ogni nervo del suo corpo protestava dopo gli sforzi per stare al passo con il bambino. Non avrebbe dovuto consentire al suo orgoglio di spingerlo a lasciare a casa il bastone da passeggio, pur sapendo a quali conseguenze sarebbe andato incontro.

    Diede un'ultima occhiata all'ingresso nel quale era scomparsa la ragazza: si sentiva sfinito, la vista di lei e degli altri allegri festaioli aveva risvegliato vecchi ricordi che avrebbe preferito non veder riaffiorare, e lo sforzo sostenuto per ricacciarli in un remoto recesso della memoria era risultato estenuante quanto la lunga camminata fino a quell'esclusivo quartiere della città.

    «Torneremo domani, Twig» dichiarò, voltando risolutamente le spalle a Penny House e al proprio passato. «Meglio lasciare a quella massa di idioti il tempo di smaltire la sbornia.»

    «Oh, no, neanche per sogno.» Twig descrisse un cerchio con le braccia come se gli stesse offrendo il mondo intero. «Miss Bethany non starà al piano di sopra con gli altri. Non ci va mai. Sarà giù, nel seminterrato e sulla porta della cucina per noi.»

    Lui prese un'aria scettica. «Il giorno del matrimonio di sua sorella? Mi spiace deluderti, ragazzo, ma una donna del genere avrà ben altro per la testa questa sera che non distribuire le sue briciole alla povera gente.»

    «Scusatemi, padrone, ma voi non conoscete Miss Bethany. Ieri ci ha promesso che stasera non ci avrebbe dimenticati e non lo farà.»

    «Per quella gente stasera potrebbe significare domani a mezzogiorno.»

    «Non per Miss Penny.» Con tutta l'audacia di un monello di strada londinese, Twig gli afferrò il braccio per guidarlo verso la parte posteriore della casa da gioco. «Scommetto che c'è già la coda fuori dalla porta della cucina. Venite con me. Ho promesso di portarvi lì e lo farò.»

    Spostando il peso del corpo da una gamba all'altra, William trasalì per una nuova fitta lancinante. Questa volta, però, il dolore non era limitato alla gamba, gli trafiggeva anche l'anima.

    Era ancora abbastanza vivo per avvertire il dolore, abbastanza vivo per temere la reazione di una bella ragazza alla vista della devastazione del suo viso e del suo corpo. Molti altri non erano stati altrettanto fortunati, compresi i quattro ex soldati che avevano perduto la vita non su un campo di battaglia, ma soli e non pianti in quelle strade londinesi. Lui era stato il loro comandante, il loro maggiore, e loro lo avevano sempre seguito con indiscutibile coraggio.

    E adesso lui non intendeva venir loro meno.

    «D'accordo, Twig. Fammi strada.»

    Come gli aveva promesso, il bambino lo condusse lungo un vicolo che costeggiava la parte posteriore dei grandiosi palazzi di St. James's Street. Usato per le consegne delle merci o nei casi di emergenza, il vicolo era sterrato e fangoso, fiancheggiato da alti muri che proteggevano minuscoli giardini. Massicci portoni sbarrati tenevano fuori gli intrusi e proteggevano le signore che si trovavano all'interno, oltre alle panchine in stile Chippendale, alle curatissime aiuole multicolori e, forse, ai due o tre meli selvatici.

    Ma non c'era un giardino nella parte posteriore di Penny House. Né sbarre e pesanti chiavistelli: il portone era spalancato, talmente invitante che perfino Twig passò sotto l'arcata con la massima disinvoltura. All'interno, il terreno era privo di erba, solo due tassi abbellivano i lati dell'ingresso, e alcune rozze panche erano disseminate qua e là.

    La prima cosa che William notò, tuttavia, non fu la mancanza di un giardino ben curato, bensì la folla che il cortile sembrava quasi incapace di contenere. Donne, vecchi e bambini erano allineati in una fila che iniziava dalla porta di servizio della casa e arrivava fino al vicolo, pazienti, in silenzio, con la rassegnazione di coloro che avevano assistito ai troppi orrori e alle crudeltà della vita.

    Furono gli uomini quelli che catturarono la sua attenzione, tutti coloro che avrebbero dovuto essere nel pieno rigoglio della virilità, uomini ancora giovani per età, ma precocemente invecchiati a causa della guerra. Che fossero stati soldati o marinai, i danni riportati erano gli stessi... un arto o un occhio di meno, una ferita che storpiava i loro corpi riducendoli a una parodia di un essere umano, i tremiti generati da una febbre che non si placava mai. Ma peggiori di ogni altro erano le cicatrici che non apparivano sulla pelle, quelle che si scorgevano negli sguardi, pallidi riflessi di menti ormai incapaci di ragionare. Uomini che venivano derisi lungo le strade, cacciati come dementi o codardi da coloro che non avrebbero mai compreso.

    William invece... William capiva. Il suo posto era lì, fra la gente radunata in quel cortile, e non fra gli azzimati sciacalli che affollavano il piano superiore.

    Twig abbassò le palpebre mentre annusava l'aroma che si spandeva nell'aria. La cucina occupava l'intero seminterrato della dimora, e là si affaccendavano cuoche, cameriere e valletti, una ventina di persone circa.

    «Non vi avevo spiegato come sarebbe stata Penny House, padrone?» domandò. «Non ha il profumo delle cose più squisite della terra, mescolate insieme in un unico calderone?»

    «Infatti» mormorò William, la mente occupata da ben altre considerazioni. Gli premette la moneta nel palmo della mano. «Grazie, ragazzo.»

    «Gesù!» Il bambino la fissò con gli occhi sbarrati prima di farla scomparire sotto i suoi indumenti. «Grazie, padrone!»

    William già gli dava le spalle, con l'intenzione di unirsi agli altri. Se avesse avuto un elenco dei nomi degli uomini che cercava, sarebbe stato più semplice, più sbrigativo, ma i militari non si curavano di minuzie del genere. Che un uomo morisse in battaglia o per malattia, che venisse espulso o congedato, non faceva alcuna differenza per i funzionari seduti sui loro scranni. Una volta lasciato l'esercito, cancellato dai loro registri, un soldato cessava di esistere: ecco la norma. William perciò aveva escogitato un suo sistema, quello cioè di cercarli a uno a uno, augurandosi di trovare in tempo i superstiti.

    Si avviò lungo la fila per avvicinarsi a un uomo che si appoggiava a una rudimentale stampella, gli erano stati amputati il braccio sinistro al di sotto del gomito e la gamba all'altezza del ginocchio.

    «Buongiorno, amico. Quale nave?» Era facile individuarlo come un marinaio. I laceri pantaloni a righe e la treccia che gli arrivava alla vita sarebbero stati sufficienti anche senza il tatuaggio di un veliero sui bicipiti.

    L'uomo lo fissò con circospezione. «L'Hector del capitano Robeson, che la sua anima nera possa bruciare all'inferno per l'eternità.»

    Lui assentì. «Qual è stata l'ultima azione cui avete partecipato?»

    «Un'azione per modo di dire. Robeson ci ha fatto incagliare vicino alla costa, rendendoci facili bersagli per i trabaccoli che ci hanno riempiti di pallottole.»

    «Non avete ricevuto alcun riconoscimento da parte dell'ammiragliato?»

    «Non uno che avesse il valore di un vaso da notte.» L'uomo lo percorse con uno sguardo scaltro, dal malconcio capello a tesa larga alla figura sbilenca al di sotto della logora giubba alla mano rovinata che la manica non era in grado di nascondere alla gamba rimasta più corta dell'altra.

    Soddisfatto, continuò: «Dove vi hanno beccato le rane, compare?».

    Le rane. Era così che la gente del popolo chiamava i francesi.

    Lui rimase impassibile sotto lo sguardo del marinaio, diversamente da come sarebbe sfuggito a un esame ravvicinato dei suoi parenti e amici di un tempo.

    O a quello della giovane dai capelli ramati...

    «Nella Penisola» ribatté in un bisbiglio, per quell'uomo di certo più eloquente di quanto centinaia di parole lo sarebbero state per la sua famiglia.

    «Una disdetta, amico. Una vera disdetta.»

    «È vero, ma siamo sopravvissuti e adesso ci troviamo qui.»

    «Purché questa si possa chiamare vita.»

    Condividevano tante di quelle sofferenze che non era necessario aggiungere altro. «Avete mai visto un uomo con i capelli color sabbia, un braccio inerte e la cicatrice dovuta a una sciabolata che gli attraversa la faccia come una saetta? Un certo Tom Parker?»

    «Un vostro commilitone?»

    «Era nel mio reggimento, sì.»

    «Non direi di averlo visto. Non qui, almeno.»

    «Londra è un mare immenso per noi pesci piccoli» rispose William senza lasciar trapelare il suo disappunto. Si pescò in tasca un'altra moneta e, senza parere, la lasciò cadere nella borsa di tela che il marinaio portava appesa alla spalla. Questi lo fissò sbalordito.

    «Ho avuto fortuna con i dadi» spiegò lui, «e sono disposto a dividere la mia vincita.» Gli batté legger-mente la mano sulla spalla, avendo cura di non fargli perdere il precario equilibrio fornito dalla gruccia. «Che anche voi possiate essere altrettanto fortunato.»

    E procedette accanto alla fila, fino a un altro mutilato, un uomo che aveva venduto da tempo i pizzi e i bottoni dorati della sua uniforme, che ora gli pendeva addosso sbiadita e a brandelli. Non apparteneva al suo reggimento, ma non aveva importanza. Poteva ugualmente aver visto o aver parlato con uno degli altri, in quel cortile.

    «Buongiorno, amico. Mi auguro che non...»

    «Padrone!» Twig riapparve al suo fianco, facendosi largo tra la folla a gomitate. «Guardate! Ecco Miss Penny, proprio come aveva promesso.»

    Raddrizzandosi con un profondo respiro, William si volse verso la porta della cucina.

    E verso la donna che poteva essere tanto una santa quanto un'assassina.

    2

    «Oh, Pratt, guardate quanta gente sta aspettando quest'oggi!» In fretta e furia Bethany si legò un grembiule pulito sopra l'abito, tentando di calcolare se il cibo che aveva cucinato sarebbe bastato per tutte quelle persone. «Non ne ho mai vista tanta a quest'ora. Mi auguro di riuscire a sfamarla tutta.»

    Pratt, il direttore del circolo, emise un sospiro rassegnato, tamponandosi il viso con il fazzoletto. Era una giornata calda, resa ancora più soffocante dai tanti fuochi accesi per preparare il banchetto nuziale. «Non potete sfamare tutti i mendicanti di Londra, signorina, specialmente oggi.»

    «Non dovete chiamarli mendicanti, Pratt. Quante volte ve l'ho ripetuto?»

    «Più di quante avreste dovuto. So che il vostro defunto padre diceva che è nostro dovere nutrire i poveri, ma i poveri del Sussex non sono i poveri di Londra.»

    «Sono diversi, in effetti.» Bethany allontanò dal fuoco un enorme tegame e annusò il pollo in fricassea, mentre una delle cuoche la osservava ansiosa, in attesa del suo verdetto. «I poveri di Londra hanno molto più bisogno di quanto le mie sorelle e io siamo in grado di offrire grazie al nostro lavoro. Lo sapete anche voi.»

    «Dare in beneficenza il denaro proveniente dai tavoli da gioco non è lo stesso che mettere del cibo in una bocca devastata dal vaiolo, signorina. Una signora come voi dovrebbe considerare i pericoli che questo fatto comporta.»

    «Una signora dovrebbe pensare innanzitutto alle sue responsabilità morali.» Bethany annuì in direzione della cuoca, che provvide a trasferire il pollo in un grosso recipiente munito di manici. «Non sono poi così diversa dalle persone che stanno aspettando là fuori.»

    Con un'espressione dura, Pratt si chiuse in un silenzio carico di riprovazione.

    «Potete fare tutte le smorfie che volete, Pratt» dichiarò lei. «Scommetto che oggi non c'è una sola persona nel nostro cortile che non preferirebbe guadagnarsi la sua cena anziché essere costretta ad accettarla da noi.»

    «Che cosa direte» borbottò lui, «quando si intrufoleranno qua dentro per rubare l'argenteria? O strisceranno fino ai piani di sopra per assassinarci nei nostri letti?»

    «Oh, tacete, Pratt.» Bethany si gettò un'occhiata di sopra la spalla, in direzione della porta spalancata. «Vedete forse qualche assassino fra le donne e i bambini?»

    «I miei occhi di londinese vedono più dei vostri, signorina. Sotto quegli stracci, vedo borsaioli e tagliagole, e dovreste vederli anche voi prima che sia troppo tardi.»

    «In tal caso, mi rallegro di avere gli occhi di una persona del Sussex» ribatté lei, soffermandosi per dare l'ultimo tocco alle guarnizioni applicate alle zampe di un tacchino arrosto prima di rivolgersi a un'altra cuoca. «Fatti aiutare da uno dei ragazzi con quella zuppa, Letty. Il nostro gregge sta aspettando nel cortile.»

    «Anche i vostri ospiti che si trovano di sopra stanno aspettando, signorina» le ricordò Pratt, seguendola. «Anche i Pari del Regno possono essere affamati.»

    «Hanno sete, non fame.» Bethany afferrò un cucchiaio per assaggiare la zuppa fumante contenuta nel pentolone che uno degli aiutanti di cucina aveva tolto dal fuoco. «Un altro pizzico di sale e una manciata di salvia, ed è pronta per essere servita.»

    «Signorina, vi prego...»

    «A quei gentiluomini non interessa un fico secco di mangiare, purché abbiano liquori in abbondanza. La maggior parte di quello che manderò su tornerà indietro intatto, per quanto squisito possa essere. Lo sapete bene, Pratt.»

    Pratt si scostò per lasciar passare un garzone che stava entrando con due secchi per il latte che Bethany distribuiva ai bambini. «Ma è il ricevimento di nozze di vostra sorella, Miss Bethany» protestò. «Non è una sera come le altre. Miss Amariah mi ha mandato qui appositamente per riferirvi...»

    «So benissimo perché vi ha mandato, Pratt.» Bethany sospirò spazientita, sistemandosi una ciocca dietro l'orecchio. Come lei sovrintendeva alla cucina, Amariah si occupava delle sale superiori, accertandosi che nessuno barasse ai tavoli da gioco, che i domestici fossero efficienti e che ogni gentiluomo lasciasse Penny House persuaso di aver trascorso la serata più piacevole della sua vita.

    Anche Amariah credeva nella beneficenza, non avrebbe mai pensato che dovesse essere anteposta al ricevimento di nozze di Cassia, tanto più che molti degli invitati erano anche soci del loro circolo.

    Pratt si schiarì la voce. «Che cosa devo rispondere a Miss Amariah?»

    «Ditele che le prime portate arriveranno fra pochi minuti» ribatté lei, e non solo perché si trattava dell'unica risposta che Amariah avrebbe accettato. Fece un cenno al garzone che aveva fra le braccia una pila di scodelle di stagno destinate a contenere la zuppa e afferrò il mestolo dal lungo manico che usava per servirla. «Sottolineate inoltre che non sto trascurando nessuno dei nostri ospiti.»

    «E voi, signorina? Vostra sorella voleva sapere se intendevate raggiungerli.»

    Lei sospirò ancora una volta, battendosi il mestolo sul palmo della mano. Pur desiderando di partecipare ai festeggiamenti in onore di Cassia, avrebbe preferito che Amariah non avesse deciso di mescolare la loro vita pubblica con quella privata, invitando alle nozze alcuni dei più eminenti frequentatori del circolo. Oltre a non sembrarle appropriato, non possedeva il talento della sorella nel condurre una conversazione piacevole, tanto meno con quegli uomini titolati che spesso risultavano tutt'altro che gradevoli.

    «Riferite a Miss Penny che salirò appena avrò portato a termine le mie mansioni. Ditele che sarò presente al taglio della torta.»

    Pratt riportò lo sguardo sulla fila di poveri in attesa, tirò su col naso e infine si inchinò. «D'accordo, signorina. Ci vediamo di sopra.»

    Rallegrandosi di essersi sbarazzata di lui, Bethany raggiunse Letty sulla soglia. La procedura era sempre la stessa. Ogni scodella veniva riempita con due mestolate di zuppa e un tozzo di pane, un pasto semplice, ma a cui lei dedicava la stessa cura con

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