Mari tempestosi: I Grandi Romanzi Storici
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Miranda Jarrett
Laureata in storia dell'arte, ha saputo conciliare l'interesse per la storia con la passione per la scrittura. I suoi romanzi hanno vinto infatti numerosi premi letterari.
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Book preview
Mari tempestosi - Miranda Jarrett
1
Crescent Hill, Isola di Aquidneck,
Colonia del Rhode Island e
Piantagioni di Providence,
Giugno 1744
«Scommetto cinque ghinee che gli spagnoli hanno conquistato Newport!»
Gabriel Sparhawk non rispose. Stava in piedi davanti alla finestra aperta con le mani dietro la schiena e osservava il contrasto tra il bagliore delle fiamme in lontananza, il tenue grigiore del crepuscolo e il fumo trasportato dal vento lungo la baia.
Gli uomini raramente ignoravano Anjelike. Con un gesto impaziente la donna infilò le mani sotto la camicia di Gabriel, facendo scorrere le dita lungo la schiena muscolosa, mentre premeva il suo corpo contro quello di lui. «Se gli spagnoli sono arrivati non potrò partire domani» mormorò. «Ma qui sono al sicuro. Voi mi proteggerete, non è vero, mio coraggioso capitano Sparhawk?»
«Nessuno spagnolo caccerà mai il suo lungo naso così a nord, Anjelike. E se venissero non sarebbe certo per rapirvi.» L'uomo si divincolò dalle sue braccia e andò a versarsi da bere. Persino con tutte le finestre spalancate per far entrare la brezza che veniva dal mare l'aria nella stanza era quasi soffocante. A New York, mentre era ospite del marito di Anjelike, Gabriel era stato troppo impegnato a corteggiarla per notare quanto profumo usasse. Ma dopo una settimana trascorsa in sua compagnia, si era stancato di lei e della sua intensa essenza di rose. Per fortuna si sarebbe presto sbarazzato di entrambi. «Gli spagnoli sono stremati e hanno ormai finito di combattere.»
«Non sottovalutate gli spagnoli, Gabriel» lo ammonì Anjelike imbronciata facendo scorrere le dita intorno al doppio filo di perle che aveva al collo. Con studiata noncuranza lasciò che la vestaglia le scivolasse da una spalla nuda. «Avete fatto la vostra fortuna grazie a loro.»
Gabriel si limitò a scrollare le spalle. Dal tessuto olandese della camicia che indossava alle lucide tavole di legno del pavimento sotto i suoi piedi, tutto a Crescent Hill era dovuto ai suoi successi in quella guerra. In tre anni aveva catturato ventisei navi mercantili spagnole, più di ogni altro capitano di nave corsara inglese nei Caraibi.
Era stato straordinariamente fortunato e lo sapeva, ma non riusciva a compiacersene. Aveva quasi trentatré anni e non si aspettava molto di più dalla vita. Ma ancora non aveva trovato la pace di cui era andato in cerca quando aveva abbandonato il mare due anni prima. Nemmeno la sua splendida casa nuova né lo stuolo di donne disponibili come Anjelike servivano ad alleviare il vuoto incolmabile che si allargava nella sua anima.
«Non mi sto beffando degli spagnoli, mia cara. Ma l'idea che stiano bruciando Newport è ridicola» disse Gabriel in tono allegro versandosi del brandy. «È probabile che l'odore di bruciato venga da uno dei magazzini del porto. Avrà preso fuoco per la leggerezza di qualche operaio ubriaco che ha lasciato cadere la sua pipa tra le merci. Vi accompagnerò domani alla diligenza come stabilito e voi arriverete a Hempstead per la fine della settimana. Se rimarrete ancora qualche giorno vostro marito potrebbe venire a cercare di persona quel vostro amico gravemente malato che gli avete fatto credere di andare a trovare.»
«Al diavolo Heinrick!» esclamò Anjelike con tono sprezzante. «Quel vecchio grassone non caccerebbe il naso fuori della sua contea nemmeno se io partissi per Parigi indossando solo una camiciola!»
Gabriel la ascoltava senza prestarle attenzione, con lo sguardo fisso verso l'orizzonte incandescente. In quel momento le sue orecchie percepirono il rumore di un cavallo che si avvicinava lungo il viale davanti alla casa. Non stava aspettando nessuna visita. Raramente riceveva ospiti e Crescent Hill era troppo lontana dalla città per i visitatori occasionali.
Si sforzò di distinguere i rumori che venivano dal basso e sentì Ethan, il vecchio marinaio che era da molto tempo il suo fedele servitore, aprire la porta al visitatore, scambiare qualche parola con lui e poi salire lentamente le scale fino al piano superiore.
«Chi è, Ethan?» chiese Gabriel prima che il servitore, senza fiato per aver salito le scale, potesse parlare. «Si tratta di qualcuno che ha notizie dell'incendio?»
Il vecchio dapprima non rispose e lanciò uno sguardo cauto alla donna alta e bionda che indossava una vestaglia da camera e niente altro. Imbarazzato, si passò la mano lungo il vecchio panciotto di pelle. «Non esattamente, capitano» disse poi in tono impacciato. «Io ho avvisato quella persona che eravate occupato.»
«Occupato!» Gabriel rise. «Per amor del cielo, Ethan! Da quando sei diventato così raffinato? Offri a quest'uomo un bicchierino per la cavalcata. Anzi, daglielo doppio se mi sa dire qualcosa dell'incendio.»
«Io non sono un uomo, capitano Sparhawk» esordì una voce femminile alle spalle di Ethan. «E non voglio il vostro rum. Voglio voi.»
La ragazza aveva parlato senza mostrare la minima esitazione e Gabriel non poté fare a meno di sorridere per la sua sfrontatezza. Sembrava coraggiosa e anche molto giovane. Sebbene il suo viso fosse ancora nascosto nell'ombra del corridoio, la luce delle candele nella stanza illuminava la sua figura non più acerba e di una tale bellezza che nemmeno l'informe abito di lana che indossava avrebbe potuto nascondere. Voglio voi, aveva detto. Gabriel si chiese se avesse capito a quale equivoco poteva dare adito una tale affermazione. O forse, nonostante la sua giovane età, lo sapeva bene. A quell'idea il suo sorriso si allargò.
«Mandate via questa ragazzina, Gabriel» si intromise Anjelike in tono irritato. «Dovrebbe stare a casa con sua madre e non disturbare in modo così sfrontato i gentiluomini nelle loro abitazioni.»
La giovane fece una smorfia di disgusto e con impazienza spinse Ethan da una parte. «Non lasciatevi ingannare dalle apparenze, signora. Io non sono una ragazzina, così come voi non siete la padrona di questa casa, nonostante vi piaccia dare degli ordini!»
Gabriel ora poteva vedere con chiarezza il suo viso. Era incorniciato da lucidi riccioli neri che scendevano da sotto il cappuccio e illuminato da grandi occhi azzurri. Le ciglia erano lunghe e folte e le sopracciglia arcuate le conferivano un'espressione di perenne sorpresa. L'intero volto era così somigliante a quello di Catherine, la sua Catherine, che si sentì improvvisamente mancare.
«Come osate parlare in questo modo a una signora, piccola impudente?» Anjelike si allacciò la vestaglia e alzò le spalle con fare autoritario. «Vi farò frustare per i vostri modi ribelli e...»
«Basta.» La voce di Gabriel si sovrappose con autorità a quella stridula della donna. «Madame van Riis si stava ritirando, Ethan. Accertati che abbia tutto quello di cui ha bisogno. Buon riposo, Anjelike. Ricordate che partiremo presto domani mattina.»
Con un ultimo sguardo velenoso indirizzato alla ragazza, Anjelike si avviò rapidamente verso l'uscita in un fruscio di raso, seguita da un ansimante Ethan. Gabriel si costrinse a guardare ancora la giovinetta di fronte a lui. Cercò in lei delle differenze, ma fu preso dalla disperazione poiché non trovò niente di rassicurante. Eppure non poteva aver perso la ragione. Era un uomo che credeva nell'evidenza e non ai fantasmi.
«Capitano Sparhawk?»
La ragazza era più nervosa di quanto non volesse far credere. Le sue piccole mani, ancora segnate dallo sforzo di tenere le redini, stropicciavano agitate la stoffa del vestito. Catherine non avrebbe mai cavalcato da sola così a lungo nella notte e non sarebbe mai entrata nella casa di un gentiluomo senza essere invitata, tantomeno con la gonna schizzata di fango. Il colorito della ragazza sconosciuta era più acceso e la sua espressione più animata della languida e rassicurante bellezza di Catherine.
Più la osservava e più la somiglianza svaniva, e Gabriel si chiese se ci fosse mai stata davvero. Forse erano stati il vino o la luce fioca delle candele a trarlo in inganno, o forse soltanto la sua tormentata coscienza che sperava di avere dalla vita un'altra possibilità, cosa che succedeva molto di rado.
«Capitano Sparhawk? Vi sentite poco bene?»
Maledizione! Si stava comportando come un pazzo, si disse Gabriel scrollandosi di dosso ciò che rimaneva della sua malinconia e tendendole la mano. La ragazza esitò prima di posare le sue dita nel palmo di lui e lasciare che la conducesse attraverso la stanza verso le seggiole intagliate situate di fronte alla finestra aperta. Ma non volle sedersi e si limitò a guardarlo con diffidenza.
Lui appoggiò con noncuranza i gomiti sullo schienale. Non voleva spaventarla e con una sedia tra loro lei si sarebbe sentita più a suo agio.
«Sono a vostra completa disposizione, signora» disse gentilmente e lasciò che il suo sorriso facesse il resto. Di solito bastava a rassicurare e conquistare la maggior parte delle donne. Gabriel lo aveva ereditato da suo padre, insieme ai capelli neri, agli occhi verdi e all'altezza, tutte caratteristiche che lo differenziavano dagli altri uomini. «Avete detto che avevate bisogno di me?»
«Sì... cioè, ho bisogno dei vostri servigi.» Come aveva previsto quando le aveva sorriso, la ragazza era arrossita. Ma il suo sguardo risoluto rivelava che era decisa a tenergli testa come aveva fatto con Anjelike. «Due giorni fa ho visto seppellire mio padre.»
«Mi spiace. Io non...»
«Non sono venuta qui per avere la vostra solidarietà!» lo interruppe lei con veemenza. Le sue gote si colorirono ancora di più. Sollevò il mento quel tanto che bastò a Gabriel per accorgersi che stava lottando per ricacciare indietro le lacrime. «Mio padre è, o meglio era, un capita no come voi e tutto il patrimonio della mia famiglia è legato alla sua nave. Adesso devo trovare un altro comandante per la sua imbarcazione per impedire che mia madre e mia sorella perdano tutto quello che hanno. E io voglio voi, capitano Sparhawk.»
«Perché volete me?»
«Perché voi non mi deluderete.» Il tono della sua voce si fece di nuovo fermo e determinato. Con impazienza gettò indietro il cappuccio del suo mantello lasciando che i capelli sciolti le ricadessero sulle spalle. «Dal momento che voi conoscete ogni rifugio di quei furfanti di spagnoli nei Caraibi, sono certa che se vi affido la conduzione della nave riporterete il suo carico in salvo a Newport.»
«Un accordo abbastanza conveniente per voi. Ma in tutto questo dove sarebbe il guadagno per me?» Gabriel avrebbe voluto infilare le dita tra quei riccioli neri, scostarli dall'esile collo e baciarla sulla pelle morbida dietro l'orecchio.
«Voi avrete la quota che spetta di solito al capitano, più due parti della mia e naturalmente potete aggiungere al carico tutto ciò che volete di vostra iniziativa.»
«Naturalmente» ripeté Gabriel in tono asciutto. Lui aveva sempre comandato navi di sua proprietà, tranne quando ancora navigava per suo padre. «Siete davvero generosa!»
Non cogliendo il tono ironico di quelle parole la ragazza mosse la testa in segno di ringraziamento. «Non potreste trovare una nave più veloce in tutta Newport» annunciò con palese orgoglio. «È stata costruita in Francia non più di cinque anni fa.»
Quelle morbide labbra erano fatte per essere baciate, pensò Gabriel, non per discutere di navi. «Volete forse mandarmi a caccia di spagnoli con la vostra imbarcazione?»
«Cielo, no!» Per la prima volta lei sorrise. Il suo volto minuto dai lineamenti perfetti si illuminò e lui ne rimase conquistato. «Sarei una vera sciocca a chiedervi di fare una cosa del genere ora che non ci sono più vascelli spagnoli in giro.»
Così la nave del suo defunto padre era una imbarcazione mercantile. Davvero si aspettava che lui fosse disposto a fare il semplice commerciante dopo tante entusiasmanti avventure vissute come corsaro?
«Comunque io mi fido di voi. Devo farlo se voglio che navighiate per me» continuò lei. «E dato che siete già ricco confido nel fatto che non mi imbroglierete come farebbero quasi tutti i capitani di Newport.»
Gabriel non poté fare a meno di sorridere. Era piuttosto diretta per la sua età e aveva le idee chiare su come andavano le cose della vita.
«Non vi fate beffe di me, capitano, vi prego!» D'impulso gli si avvicinò e lui cercò di non far cadere lo sguardo sul corsetto attillato che le modellava i seni per non metterla a disagio. «So che non lo farete. Voi non siete come tutti gli altri.» I suoi occhi azzurri scrutarono il viso di lui per ottenere la risposta di cui aveva bisogno. «So che non è consuetudine che le donne discutano di affari con gli uomini, ma io non ho fratelli e la morte di mio padre non mi ha lasciato altra scelta. Spero che voi possiate capirmi.»
Gabriel capiva anche troppo bene. Senza dubbio la ragazza stava cercando di sedurlo.
«Lo spero con tutto il cuore!» Abbassò lo sguardo e la sua voce si fece flebile come un sospiro. «A Newport si dice che vi piacciono molto le donne.»
«È vero e voi siete davvero bella.» Con gentilezza Gabriel le fece scorrere un dito sulla guancia e avvicinò il viso al suo. «Dunque voi sareste uno dei motivi per cui dovrei sottostare alle vostre condizioni?»
Lei rimase in silenzio e stranamente la sua serietà gli sembrò più allettante dei modi seducenti di Anjelike. Si sforzò di rammentare a se stesso che era la figlia di un capitano, una ragazza di buona famiglia che doveva serbarsi intatta per l'uomo che l'avrebbe sposata. Se avesse avuto un briciolo di buonsenso l'avrebbe mandata via immediatamente.
Invece si chinò a baciarla sollevandole il mento con un dito. Lei si irrigidì, sorpresa. Aveva bisogno di tempo e lui glielo concesse sfiorandole le labbra con delicatezza per gustare la vellutata dolcezza della sua bocca. Gradualmente la sentì rilassarsi e farsi più audace nel rispondere al suo bacio. Quando Gabriel le fece scivolare le braccia attorno alla vita e l'attirò più vicino a sé, lei gli si appoggiò contro lasciandosi sfuggire un debole sospiro di appagamento. Gabriel si chiese quanto tempo era trascorso dall'ultima volta che aveva baciato una ragazza così ingenua.
Non gli era più successo dopo Catherine e da allora erano passati parecchi anni.
Nella sua vita non c'era spazio per una donna come quella. Non aveva intenzione di comandare la vecchia nave di suo padre trasportando rum di seconda scelta e di sicuro non voleva una moglie. Se si fosse solo divertito con quella ragazza avrebbe sempre corso il rischio di imbattersi nella collera di qualche suo parente e non aveva nessuna voglia di complicazioni di quel genere. Con riluttanza la allontanò.
«Graziosa fanciulla» mormorò dolcemente accarezzandole i contorni delle guance con le dita. «Non so neanche come vi chiamate.»
Lei aprì gli occhi come se si fosse appena svegliata e con un sospiro si liberò dal suo abbraccio. Fece un passo indietro e si toccò con le dita le labbra ancora arrossate per il suo bacio.
«Non avete motivo di essere così spaventata.» La frustrazione lo aveva reso scortese. Dannazione! Lui la desiderava e non era solito tirarsi indietro quando si trattava di donne. «La vostra innocenza non corre alcun pericolo.»
La ragazza arrossì violentemente e lui pensò che quell'espressione confusa la rendeva ancora più affascinante.
«Qual è il vostro nome, angelo? Mi avete fatto molte domande e ancora non mi avete detto chi siete.»
«Mi chiamo Mariah West. Ma voi potete smettere di recitare, capitano Sparhawk.» Il suo sorriso fu inatteso e improvviso. «Scommetto che mi direte comunque di no, non è vero?»
Era davvero così ovvio? «Sono spiacente, signorina West. Ma non converrebbe a nessuno di noi due. Ho avuto la mia parte di fortuna in mare, ma quella fase della mia vita si è conclusa e neppure la prospettiva di avervi riuscirebbe a convincermi a tornare a navigare.»
«La verità è che io non vi piaccio» disse lei in tono sostenuto. «Non avete bisogno di dare spiegazioni.»
«E voi non avete bisogno di un tipo come me nella vostra vita.» Gabriel sorrise sperando di addolcire il suo rifiuto. «In ogni caso, non ancora.»
«Vi ho detto che non mi servono spiegazioni, capitano.» Mariah si rimise il cappuccio e afferrò i bordi del mantello stringendoselo al petto. «Me ne vado, così potrete ritornare alle vostre occupazioni.»
Uscì senza salutare e lui fece altrettanto. Mentre il pesante portone si chiudeva alle spalle del la giovane, Gabriel si gettò su una poltrona e guardò la baia dalla finestra aperta.
Quella ragazza gli aveva fatto tornare alla mente ricordi che pensava di essersi gettato alle spalle per sempre. Con un gesto affaticato si portò le mani davanti agli occhi. Dolce angelo. Forse avrebbe dovuto farla rimanere e correre il rischio di suscitare la collera dei suoi parenti.
«Se ne è andata, capitano?» si informò Ethan sorpreso. L'anziano uomo poteva permettersi quella familiarità dato che era più un amico che un servo per Gabriel. «Non credevo che l'avreste lasciata scappare, soprattutto vista la sua somiglianza con la signorina Langley.»
«Credi che assomigli a Catherine? Non lo avevo notato.»
Ethan sbuffò incredulo e guardò sospettoso il suo padrone. «Non l'avete neanche lasciata parlare, vero, capitano?»
Gabriel fece scorrere distrattamente il pollice sul bracciolo della poltrona. «Mi ha detto che suo padre è morto e mi ha chiesto di prendere il suo posto sulla sua nave.»
«Sono sicuro che l'avete trattata come siete solito fare con le altre donne, capitano. Avrete cercato subito di sedurla senza lasciarle il tempo di raccontare la sua storia. Ma al vecchio Ethan l'ha detta.» Indignato, il servitore afferrò il bicchiere sporco per portarlo in cucina. «La nave di suo padre è la Revenge, quella stessa Revenge che voi desideravate tanto comprare non molto tempo fa. Sto parlando della più bella nave corsara mai salpata da Newport, capitano.»
«E con questo?» Gabriel nascose perfettamente la sua sorpresa. «Non credo che la ragazza acconsentirebbe a mandarmi a caccia delle poche imbarcazioni spagnole rimaste in mare.»
«Non le avete domandato che cos'erano quelle fiamme giù nella baia, non è vero?» Ethan gli lanciò un'occhiata di disapprovazione. «Siamo di nuovo in guerra, capitano. Questa volta con i francesi. I francesi, mi avete sentito?» Il vecchio marinaio si voltò e sputò sul fuoco. «Non fate che continuare a ripetere di volere una seconda possibilità per rimediare ai vostri errori, capitano. Bene. La signorina West vi ha appena offerto quell'opportunità. E voi l'avete respinta.»
2
Si era resa ridicola.
Per Mariah non c'era altro modo di considera re la questione. Era stata proprio una stupida sciocca. Si passò la spazzola tra i capelli aggrovigliati, risultato della cavalcata della notte precedente con le chiome al vento. Dato che Daniel aveva sempre ammirato i suoi capelli sciolti, aveva pensato che anche al capitano Sparhawk sarebbero piaciuti in quel modo.
Trasalì quando la spazzola si impuntò in un nodo. Si era immaginata un uomo di mezza età con i capelli grigi, grassoccio e del tutto innocuo, malgrado la sua reputazione di libertino. Lei non avrebbe dovuto fare altro che sorridergli per indurlo ad accettare la sua proposta.
Invece Gabriel Sparhawk era più attraente di qualsiasi altro uomo avesse conosciuto e lei ne era rimasta talmente affascinata da permettergli di baciarla. Le sue guance si infiammarono di nuovo per la vergogna. Come aveva potuto anche per un solo istante dimenticare il nobile amore per il suo Daniel e cedere alla consumata arte della seduzione di un uomo come il capitano Sparhawk?
Trasalì udendo i colpi all'ingresso. Erano così violenti che dovevano essere stati sentiti anche dai suoi vicini.
Rapidamente Mariah raccolse i suoi capelli sulla nuca e si legò il cappuccio sotto il mento mentre si precipitava per le scale. Nell'ingresso passò davanti a sua madre, il cui viso gonfio per le lacrime versate faceva capolino dalla porta del salotto.
«Chi può essere, Mariah?» le chiese la donna con voce tremante. Insieme alle sue parole arrivò il forte odore dell'alcol. Anche lei cercava lo stesso tipo di conforto che alla fine aveva ucciso suo marito. «Perché non vogliono lasciarmi in pace? Non hanno alcun rispetto per la mia perdita, per il mio dolore?»
Mariah guardò verso il portone cercando di indovinare chi potesse esserci dall'altra parte. Le visite di creditori ed esattori non erano una novità per la sua famiglia. Si erano solo fatti più audaci con la morte di suo padre.
«Parlerò io con quell'uomo, madre mia» disse in tono gentile toccandole il braccio con una mano. «Riposatevi, ora. Chiunque sia lo manderò via.»
Sua madre indossava ancora l'abito del funerale di due giorni prima e il fazzoletto di merletto sgualcito le pendeva miseramente dalle spalle. Dietro di lei Mariah poteva scorgere i tendaggi tirati per impedire alla luce del giorno di entrare e le candele che gocciolavano dalla mensola del camino. Tre ghinee di candele della migliore qualità, pensò la ragazza con sgomento, tre ghinee che in quel momento non possedevano, ridotte a un informe accumulo di cera.
Il rumore dei colpi contro il portone diventava sempre più forte e insieme arrivarono anche le minacce. Gli occhi cerchiati di rosso della signora West si spalancarono per la paura e la donna indietreggiò in salotto.
Mariah si affrettò a chiudere la porta della stanza alle spalle della donna. Avrebbe dovuto parlare con sua madre, avrebbe dovuto farlo presto, ma per il momento era determinata a concederle tutta la tranquillità di cui aveva bisogno. Si lisciò il grembiule sopra la gonna, fece un
