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La scommessa del duca (eLit)
La scommessa del duca (eLit)
La scommessa del duca (eLit)
Ebook360 pages4 hoursPenny House

La scommessa del duca (eLit)

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About this ebook

Penny House 3
Inghilterra, 1805
Grazie a tre intraprendenti sorelle, Penny House diventa uno dei più raffinati ed esclusivi ritrovi dell'aristocrazia londinese.
Eliot Fitzharding, Duca di Guilford, è un ricco aristocratico la cui sfrenata passione per le donne e il gioco d'azzardo è ben nota nei salotti londinesi. Annoiato dai soliti passatempi mondani, il giovane gentiluomo decide di scommettere con gli amici che in meno di quindici giorni riuscirà a sedurre l'integerrima Amariah Penny, la nuova proprietaria della casa da gioco di cui è assiduo frequentatore. Amariah tuttavia non è disposta a mettere a repentaglio la propria reputazione per nulla al mondo, e tanto meno per diventare l'amante di un noto libertino. Da lei e dal suo atteggiamento decoroso dipendono infatti la rispettabilità del club e i proventi necessari a finanziare la sua segreta attività di beneficenza. E l'affascinante gentiluomo in cerca di emozioni, trova finalmente pane per i suoi denti!
LanguageItaliano
PublisherHarperCollins Italia
Release dateJul 1, 2022
ISBN9788830541962
La scommessa del duca (eLit)
Author

Miranda Jarrett

Laureata in storia dell'arte, ha saputo conciliare l'interesse per la storia con la passione per la scrittura. I suoi romanzi hanno vinto infatti numerosi premi letterari.

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    La scommessa del duca (eLit) - Miranda Jarrett

    1

    Londra, 1805

    Penny House

    Secondo l'esperta opinione di Eliot Fitzharding, Sua Grazia il Duca di Guilford, poche cose erano in grado di ridurre una donna assennata a una perfetta idiota più di un matrimonio. E più stretto era il grado di parentela della donna con la sposa, più alto era il grado di idiozia.

    Questo non significa che Sua Grazia non gradisse osservare l'idiozia, non meno di quanto altri gentiluomini gradissero un bell'incontro di pugilato sul ring. In qualità di scapolo impenitente e incallito, era libero di osservare lo spettacolo che circondava un matrimonio come il più perfetto degli spettatori: emotivamente non coinvolto, finanziariamente non impegnato, con nessun altro scopo che quello di divertirsi.

    Ecco perché Guilford se ne stava seduto da solo nel salottino sul retro di Penny House, quella sera, intento a gustarsi un ottimo brandy mentre si godeva la quiete dopo la tempesta del matrimonio che si era celebrato all'inizio di quella giornata. Non gli importava affatto di essere da solo nel salottino. Il più delle sere, Penny House era come qualunque altro circolo di gioco di Londra, vibrante di spavalderia maschile ed euforia, mitigate dalla disperazione di quelli che avevano perso al tappeto verde. Guilford non aveva mai visto Penny House più tranquilla di così, e gli piaceva. Tutti gli altri ospiti erano andati via da tempo, e persino i domestici sembravano essersi dileguati per la notte. I fiori di serra stavano appassendo nei vasi, il fuoco non era che un cumulo di cenere grigia e braci sulla grata, e anche le candele dei lampadari si erano consumate quasi del tutto, lasciando la grande ed elegante stanza nella penombra.

    Ovunque c'erano cartelli che invitavano la maggior parte dei gentiluomini ad accomiatarsi e a dirigersi alla porta. Ma Guilford non era mai stato come la maggior parte dei gentiluomini, con grande e costante delusione della sua compianta madre e, anziché andare via, allungò le gambe e si mise più comodo nella poltrona. Perché sarebbe dovuto andare via quando lo spettacolo migliore della serata doveva ancora venire?

    Una domestica entrò nella stanza strascicando stanca i piedi e con un lungo spegnitoio si mise a smorzare le ultime candele accese fino a che non notò, finalmente, il Duca di Guilford.

    «Vostra Grazia!» esclamò la donna, sussultando con un mezzo grido. «Oh, Vostra Grazia, mi avete spaventata a morte!»

    «Perdonatemi, mia cara» disse l'uomo con disinvoltura, scoccandole un sorriso nell'ombra sufficiente a far arrossire la poverina e a farle tremare lo spegnitoio nelle mani. La domestica lo aveva certamente riconosciuto: non soltanto era un Pari del Regno, ma era stato un socio fondatore del circolo – più che altro per curiosità – e adesso faceva parte del suo consiglio direttivo. Si era anche guadagnato lo status di favorito poiché faceva di tanto in tanto grosse scommesse ai tavoli da gioco, solo per accattivarsi le simpatie.

    «Sono... sono io che dovrei chiedere perdono, Vostra Grazia!» farfugliò lei. «Veramente, Vostra Grazia!»

    «Nient'affatto.» Lui alzò il bicchiere in direzione della giovane a mo' di scusa. «Non era mia intenzione spaventarvi.»

    In ritardo, la fanciulla rammentò di fargli un inchino. «C'è qualcosa che posso portarvi, Vostra Grazia? Stanno coprendo con la cenere i fuochi in cucina per la notte, ma se c'è qualcosa di particolare che desiderate, sono certa che Mrs. Todd potrebbe...»

    «Ma, ahimè, non è Miss Bethany.» Guilford sospirò in modo ostentato. Bethany Penny era una delle tre sorelle proprietarie di Penny House, quella che seguiva la cucina, quella che poteva rivaleggiare con i cuochi francesi del re per la raffinatezza con le spezie, per la fantasia con paste e pasticcini. Naturalmente, la gastronomia rientrava nella sfera naturale di una donna, un concetto che la sorella maggiore non era mai riuscita a comprendere. «Come potrò sopravvivere senza l'arrosto d'oca e le ostriche di Bethany?»

    La domestica lo guardò con un'espressione incerta. «Miss Bethany tornerà da noi, Vostra Grazia. È andata via solo per un po' in viaggio di nozze con il maggiore.»

    «Oh, il maggiore, il maggiore» ripeté cupo Guilford, abbandonandosi a un pizzico di tristezza corretta con il brandy. Qualunque cosa Bethany Penny avesse promesso, sarebbe stata come qualunque altra sposa novella, infatuata di suo marito e incinta del suo marmocchio il prima possibile. A quel punto sarebbe stata la fine – la fine! – per lei come cuoca. «Conosco a malapena quell'uomo, ma non è possibile che possa apprezzare la cuoca che è in sua moglie.»

    «Chiedo scusa, Vostra Grazia» disse la fanciulla, «ma Lord Callaway è un perfetto gentiluomo, che ama Miss Bethany alla follia. Potevate vederlo nei suoi occhi oggi mentre si sposavano.»

    «Il profumo della sua zuppa di tartaruga durerà molto più a lungo del semplice amore.» Il Duca di Guilford sospirò di nuovo. Apprezzava la fedeltà della fanciulla alla sua signora, anche se era inzuppata di sentimentalismo. «Grazie, no, mia cara. Non mi occorre altro, e la cucina può stare tranquilla. Andate pure ora; finite i vostri compiti.»

    «Sì, Vostra Grazia. Come desiderate, Vostra Grazia.» La domestica annuì titubante, poi fece un altro inchino prima di mettersi di nuovo a spegnere le candele. Una volta che ebbe finito, uscì dalla stanza e chiuse la porta senza far rumore, lasciandolo solo alla luce del fuoco morente del camino.

    In qualche parte della grande casa, un orologio diede due rintocchi, che echeggiarono lungo la scala deserta.

    Guilford sorrise. Poteva darsi che le luci fossero basse, ma la scena era senz'altro pronta.

    E con perfetto tempismo, la primadonna di Penny House fece il suo ingresso.

    La porta a due battenti si spalancò e il profilo di una donna comparve contro la luce della stanza che filtrava alle sue spalle. Guilford l'avrebbe riconosciuta anche solo dal profilo. La statura, la selva di capelli morbidi tirati sul capo e coronati da un'ondeggiante piuma bianca, il portamento stesso mentre stava lì sulla soglia: non poteva essere altri che Miss Amariah Penny.

    «Vostra Grazia.» La voce era incantevole ma ferma, e si confaceva al ruolo di padrona di Penny House, anche a quell'ora e dopo una giornata come quella. «Posso chiedervi se c'è qualcosa che non va? Qualcosa fuori luogo?»

    «Certo che potete, Miss Penny» replicò lui sorridendo, anche se supponeva che la donna non potesse vederlo, «e vi risponderò. Non c'è niente che non vada, o fuori luogo, soprattutto ora che siete qui a prendervi cura di me.»

    Come sempre, lei ignorò il suo complimento. «Dunque posso domandarvi, Vostra Grazia, perché vi nascondete al buio e spaventate il mio personale?»

    «Non mi nascondo» si difese l'uomo, «mi sono limitato a restare seduto qui così a lungo che il buio mi ha... inghiottito.»

    Lei emise uno sbuffo lieve ma educato in segno di incredulità. «Allora forse, stando seduto qui, non vi siete accorto che sono andati via tutti per la notte, Vostra Grazia. Volete che chiami la vostra carrozza?»

    Il duca allargò il sorriso mentre agitava con delicatezza il brandy nel bicchiere. La donna indossava ancora lo stesso abito trasparente del matrimonio, con l'orlo ricamato con fili d'argento che luccicavano fiocamente come scintille sopra i piedi. Guilford era sicuro che Amariah non si rendesse conto che, con la luce alle spalle, lui godeva anche di una splendida vista delle sue gambe attraverso le sottane.

    «Sono andati via tutti tranne voi, Miss Penny» disse, «e me. Come potrei essere tanto villano da lasciarvi qui in tali circostanze?»

    «Perché il mio personale è molto stanco, Vostra Grazia» rispose lei, «e desidero chiudere la casa per la notte.»

    «Chiudetela, allora, e mandate il personale a dormire.» Allungò la mano e tirò un'altra poltrona più vicino a sé. «Dovete essere sicuramente esausta anche voi. Venite a sedervi, fatemi compagnia.»

    La donna sospirò, tradendo la stanchezza che condivideva con il suo personale, ma era troppo ostinata per ammetterlo. «Sapete perché non posso farlo, Vostra Grazia. Questo è un circolo privato per gentiluomini che giocano d'azzardo, non una casa d'appuntamenti» ribatté.

    «Ma stasera non sono qui come socio del circolo» argomentò lui. «Sono qui come ospite del matrimonio di vostra sorella.»

    Amariah chinò il capo, chiaramente perplessa, senza rispondere. Guilford non poteva nemmeno biasimarla, anche se era lei la causa di quel piccolo problema spinoso. Poiché le sorelle vivevano all'ultimo piano di Penny House, avevano già reso vago il confine tra casa e lavoro. Non erano molto diverse da un macellaio che viva sopra la propria bottega, se non che la bottega delle donne era un'elegante dimora in St. James Street e i clienti erano un gruppo molto esclusivo di gentiluomini che bevevano e sperperavano al gioco ingenti somme di denaro per il proprio sfrenato divertimento.

    Ma l'ambiziosa Amariah Penny si era spinta al punto d'invitare i soci che facevano parte del consiglio direttivo del circolo come ospiti del matrimonio di sua sorella, inserendoli tra gli amici di vecchia data della famiglia. Guilford era certo che la donna lo avesse fatto soltanto per rafforzare i legami con coloro che l'avevano aiutata a rendere Penny House il circolo esclusivo che era. Non si addiceva a una signora, ma era così che la sua mente sembrava funzionare: era sempre in cerca di un vantaggio per migliorare Penny House e aumentarne i profitti, ma adesso doveva pagarne le conseguenze.

    «Potete ammettere di essere stanca, sapete» insistette Guilford, dando un colpetto alla poltrona al suo fianco. «Qualunque donna lo farebbe.»

    Lei alzò la testa di scatto, la stanchezza sparita. «Ma io non sono come qualunque altra donna, Vostra Grazia. Adesso faccio arrivare la vostra carrozza...»

    «Sapete che nel libro delle scommesse del White's c'è chi ha scommesso che sarete l'unica sorella Penny che non si sposerà?» la informò lui, strascicando le parole. «Non perché vi manchino la bellezza o la grazia, tutt'altro, Miss Penny, ma perché siete troppo sposata a questo circolo perché un uomo possa desiderare di avere un ruolo di second'ordine.»

    «Quando mia sorella ha lanciato il bouquet da sposa, oggi, ho deciso io di non provare ad afferrarlo, Vostra Grazia.»

    «L'ho notato» commentò lui sarcastico. «Lo hanno notato tutti. Vi siete tenuta il più lontano possibile dalle altre dame ancora nubili che si contendevano tra le urla il premio sulle scale, con le mani dietro la schiena come se fossero ammanettate.»

    «E che cosa c'è di tanto sbagliato in ciò, Vostra Grazia?» volle sapere lei, con voce animata da un fastidioso fervore missionario. «Quasi tutti gli utili che le mie sorelle e io ricaviamo da Penny House sono devoluti direttamente in beneficenza. Questa era l'ultima volontà di mio padre, e intendo seguirla sempre. Ogni volta che voi gentiluomini vi divertite ai nostri tavoli, contribuite a sfamare, vestire e dare riparo ai poveri in modi che non fareste mai direttamente.»

    «No» convenne sarcastico Guilford, per nulla interessato ai poveri o a come si sfamavano. «Non lo farei, infatti.»

    «Per l'appunto, Vostra Grazia» disse la donna, come se quella fosse una spiegazione sufficiente, cosa che non era. Certo, era figlia di un pastore, ma, secondo Guilford, la sua anima non poteva essere meno venale di com'era. «Perché dovrei sposarmi a vantaggio di un solo uomo quando posso fare molto più bene a così tanti altri stando qui?»

    «Perché siete una donna, mia cara» rispose Guilford, fornendo la propria spiegazione perfetta. «Non importa quanto lo desideriate, ma non potete fare tutto da sola, e soprattutto non potete salvare il mondo intero. Non potete nemmeno salvare tutti i poveri di Londra. Certo, le opere di beneficenza sono un passatempo ammirevole per una donna, ma una casa, un marito e dei figli devono avere sicuramente la precedenza. È nel vostro sangue, nelle vostre stesse ossa. Nemmeno voi potete negare la natura, Miss Penny.»

    «Anche questo fa parte della scommessa del White's, Vostra Grazia?» domandò lei con sospetto. «Che sono in qualche modo... innaturale?»

    «Non proprio innaturale, no.» Con gli occhi adattatisi alla penombra, Guilford non aveva difficoltà a vederla, ma non riusciva ancora a dire se fosse arrabbiata o divertita. Non che avrebbe cambiato qualcosa per lui. «Credo che virago sia il termine che è stato usato.»

    Lei restò a bocca aperta.

    Con sua grande soddisfazione, Guilford capì di avere colto finalmente nel segno.

    «Hanno avuto l'ardire di darmi della virago?» ripeté lei incredula. «Una virago io?»

    Entrò come una furia nella stanza e si diresse verso di lui, le scarpine che ticchettavano sul pavimento lucido. Il duca poteva percepire la sua rabbia come una forza nell'oscurità, gli occhi azzurri spalancati e lo sguardo intenso, le labbra strette in una linea sottile di furiosa determinazione. La conosceva da quasi un anno ormai, fin da quando la donna era arrivata a Londra da chissà dove per aprire Penny House, ma quella era la prima volta che vedeva la sempre composta, sempre valente Miss Penny perdere tanto la padronanza di sé quanto le staffe.

    Era persino meglio di come avesse sperato.

    «Una virago, Vostra Grazia!» esclamò di nuovo Amariah, come se non potesse ripetere quella parola abbastanza volte. «Quale... quale stupido ha avuto l'ardire di chiamarmi così?»

    «Come diamine faccio a saperlo?» Anche se l'aveva invitata a sedersi, lei non mostrava alcuna intenzione di farlo, cosa che gli fece supporre di doversi alzare a sua volta. Con un sospiro, si alzò, stirandosi un po' mentre la fissava dall'alto. «Non so tutto.»

    «Oh, sì che lo sapete» s'affrettò a ribattere lei. «O almeno dovreste saperlo.»

    «Voi mi attribuite una conoscenza spropositata, Miss Penny.» Naturalmente, conosceva il nome dello stupido che le aveva affibbiato il soprannome di virago nel libro delle scommesse del White's; lo conosceva, perché si dava il caso che fosse proprio lui quello stupido. «Riconosco di essere molto saggio e astuto, ma per nulla onnisciente.»

    Lei incrociò le braccia sul petto e alzò il mento, così da poter dare ancora l'impressione di guardarlo dall'alto in basso nonostante il duca la sovrastasse. Ma al gentiluomo piaceva che non avesse l'aspetto da coniglio che avevano quasi tutte le donne con i capelli ramati, le sopracciglia e le ciglia abbastanza scure da incorniciarle gli occhi. «Nessuno vi ha mai dato della virago, Vostra Grazia.»

    «Né mai lo farà» ribatté l'altro. «Considerato che una virago deve essere una donna per definizione.»

    «Una zitella e una virago» borbottò Amariah disgustata. «Dovrei correre sul Westminster Bridge e buttarmi nel fiume e risparmiare al mondo il peso della mia terribile vergogna.»

    Il duca rise sotto i baffi. «Non siete abbastanza vecchia per un rimedio così macabro.»

    «Ah, no?» Gli occhi azzurri ardevano di una rinnovata aria di sfida quando fece un passo nella sua direzione... un gesto che, in normali circostanze, Guilford dubitava che avrebbe mai compiuto. «Ho già ventisei anni, Vostra Grazia.»

    «Congratulazioni.» Sapeva comunque che non era più una fanciulla e che era entrata in un'età molto più interessante per una donna. Gli anni acerbi non esercitavano più attrazione su di lui da molto tempo, il che era uno dei motivi per cui era affascinato da Amariah. «Ma questa battaglia la vinco io, Miss Penny. Io ne ho ventinove.»

    «E con ciò?» lo schernì lei, passandosi la mano tra i capelli. «Nessuno vi dice che siete un fallito perché avete scelto una vita senza coniuge e senza figli!»

    «In verità, me lo dicono molto spesso» ribatté l'uomo, rammentando quanto petulanti potessero diventare certi suoi parenti riguardo al fatto che non aveva un erede del suo titolo. «Si ritiene che il matrimonio e frotte di figli siano buone cose anche per un Pari.»

    «Ma per ragioni diverse.» Amariah teneva il volto girato di lato, guardandolo di sottecchi, sospettosa. «Non riesco a capire perché mi stiate confidando tutto questo, Vostra Grazia.»

    «Per mostrarvi che abbiamo in comune più di quanto possiate pensare di primo acchito, mia cara.» La donna si rendeva conto di quanto fosse seducente l'idea in quel momento? Forse si era fatto un'opinione errata di lei; forse Amariah era più bendisposta di quanto chiunque avesse capito. «È così, lo sapete.»

    «Nient'affatto, Vostra Grazia.» Le labbra si incresparono in un sorrisetto di immeritato trionfo. «Voi siete nato erede di un titolo e di una grande fortuna, mentre io sono figlia di un pastore di campagna. Questo lascia poco prezioso terreno comune tra di noi.»

    «Oh, ma basta e avanza.» Guilford alzò le spalle con esagerazione, approfittando del momento e della comoda penombra per avvicinarsi un po' di più ad Amariah.

    Ma anziché ridere, come lui si era aspettato, la donna incrociò decisa le braccia sul petto, a mo' di barriera tra di loro. «Ho il sospetto che non siate del tutto sincero con me, Vostra Grazia.»

    Aveva ragione, naturalmente. Il duca non era del tutto sincero. La scommessa che aveva fatto al White's di sposare l'inaccessibile Miss Penny non era stato che l'inizio. Aveva fatto un'altra scommessa con un suo amico, le cui probabilità di vincere erano molto scarse, su qualcosa di gran lunga più difficile: che nessun uomo sarebbe mai riuscito a sedurla.

    E Guilford... Guilford intendeva vincere non solo la scommessa, ma anche guadagnarsi un invito nel letto della bella virago.

    «Direi che nemmeno voi siete stata del tutto sincera con me, Miss Penny» disse, abbassando la voce al suono roco che mandava gran parte delle donne in deliquio. «Il che non è che un'altra delle nostre somiglianze, non è così?»

    Lei aggrottò le sopracciglia. «Vostra Grazia, non vedo come...»

    «Silenzio» le ordinò lui in un sussurro. Con consumata disinvoltura, prese la mano della donna che stringeva l'altro braccio, intrecciando le dita con le sue per liberarla. «Considerate le nostre somiglianze, cara, e non le differenze.»

    «Ciò che sto considerando, Vostra Grazia, è esattamente per quanto tempo ancora dovrò ascoltare queste sciocchezze prima di chiamare le guardie.» Con abilità, districò la mano, agitando le dita come se fossero state ustionate dal fuoco. «Non credo che le abbiate già conosciute. Tipi grandi e grossi, di poche parole, ma di notevole statura e muscolatura, e molto premurosi con me. Sono certa che sarebbero onorati di avere il privilegio di accompagnarvi alla porta.»

    Imperterrito, Guilford si concentrò a rivolgerle il suo sorriso più affascinante. «Queste sono parole scortesi tra amici, Miss Penny.»

    La donna ricambiò il sorriso, molto professionale e poco ammaliante, come sempre. «Ah, ma è qui che siete in errore, Vostra Grazia. Sono la padrona e la proprietaria di questa casa, mentre voi siete uno dei suoi onorevoli soci. La cordialità non è autentica amicizia né potrà mai essere altrimenti tra di noi.»

    Lui fece una gran smorfia, portandosi la mano al cuore. «Come posso accettare una dichiarazione finale tanto crudele?»

    «Voi fate parte del consiglio direttivo, Vostra Grazia» insistette Amariah, rammentandoglielo con garbo, come se fosse un vecchio smemorato. «Forse dovreste richiamare alla mente le regole di condotta di tutti i soci che avete contribuito a selezionare e ammettere, regole che prevedono l'espulsione inderogabile per qualunque gentiluomo che non le rispetti. Non potremmo mai sopportare di perdere la vostra compagnia in questo modo, Vostra Grazia.»

    Guilford spostò la mano dal cuore a sopra la camicia, come se avesse sempre avuto intenzione di darsi una lisciatina all'elegante lino d'Olanda. «Ah, Miss Penny, Miss Penny» la blandì. «Non mi fareste una cosa del genere, vero?»

    Sulla grata alle loro spalle, l'ultimo tizzone ardente si spezzò e cadde nelle ceneri con un sibilo, sollevando faville e una nuvoletta grigia.

    «Se mi conosceste come affermate, Vostra Grazia, sapreste che se provaste a compromettere me o chiunque altro del mio personale, o fors'anche Penny House stessa, sarebbe esattamente – esattamente – quello che farei.» Amariah gli rivolse un sorriso serafico. «Ora, se volete scusarmi, Vostra Grazia, sarà mia cura far arrivare la vostra carrozza alla porta.»

    Guilford la guardò andare via, la piuma che le ondeggiava con eleganza sopra la testa a ogni passo stizzito. Poteva darsi che lei avesse vinto quel giorno, ma quella era solo la schermaglia d'apertura. Sarebbe tornato. Non le avrebbe permesso di spuntarla su di lui, non così.

    E qualunque fossero i sentimenti di Amariah per lui adesso, Guilford aveva ancora intenzione di vincere quella dannata scommessa.

    2

    «Perdonatemi, Miss Penny, ma siete sicura che starete bene qui da sola, stanotte?» Pratt, il tenutario di Penny House, indugiò sulla porta delle camere private della proprietaria. Sotto la sua parrucca fuori moda, il volto affilato era segnato dalla preoccupazione mentre guardava Amariah accendere i candelieri sulla scrivania. «Posso chiedere a una delle domestiche di venire a vegliarvi, se volete.»

    Sebbene fosse esausta, Amariah riuscì a sorridere. «Grazie, ma starò bene qui da sola.»

    L'uomo aguzzò le labbra. «Ma, Miss Penny, se...»

    «Ve lo ripeto, Mr. Pratt, starò bene» ribadì lei con la furia che aveva usato per accendere i candelieri. «Mi siete molto più utile come tenutario del circolo che come chioccia personale.»

    «D'accordo, signorina.» Pratt emise un sospiro di rassegnazione e le fece un inchino, facendo cadere una fine polvere bianca. «Buonanotte.»

    «Buonanotte anche a voi, Pratt» ricambiò lei a voce bassa. Gli era davvero molto affezionata, chioccia o no, e non avrebbe sicuramente potuto fare la fortuna di Penny House senza la sua esperienza e guida costante. «E grazie di nuovo per tutto il lavoro straordinario che avete svolto per il matrimonio di Miss Bethany. Anzi, per il matrimonio di... Lady Callaway. Oh, mi ci vorrà un secolo per ricordarmelo!»

    Fece un sorriso mesto. Le sarebbe stato difficile ricordare il nuovo cognome della sorella di mezzo nonché il suo rango, così come dimenticava ogni tanto di chiamare la sorella minore Mrs. Blackley, anziché semplicemente Miss Cassia, e che aveva sposato Richard da mesi ormai. Ma nella mente di Amariah sarebbero sempre state le sue due sorelline, pronte a correre da lei come avevano fatto da quando avevano perso la madre quasi vent'anni prima.

    «Ve lo ricorderete, Miss Penny» disse Pratt con un altro inchino. «Buonanotte.»

    Chiuse la porta senza far rumore, e per la prima volta in quella lunghissima giornata, Amariah fu sola. Finalmente si lasciò andare alla stanchezza e, con uno sbadiglio, si abbandonò sulla sedia dietro la scrivania, tirandosi sulle spalle a mo' di scialle il copriletto che teneva a portata di mano. Si levò le scarpe con un calcio e si tolse la piuma bianca dai capelli con tutte le forcine, massaggiandosi con le dita il cuoio capelluto mentre i capelli, ora sciolti, le ricadevano sulla schiena. Avvicinò la sedia alla scrivania, si versò una tazza di tè appena preparato dalla teiera che Pratt le aveva lasciato e con un sospiro si dedicò alla pila di lettere chiuse, schede e fatture cui occorreva rispondere. Sebbene il circolo fosse stato chiuso quel giorno e quello prima per il matrimonio di Bethany, la gestione di Penny House non sembrava fermarsi mai.

    Scorse svelta il cumulo di carte, suddividendole per importanza. Anche se gestire la corrispondenza della parrocchia per conto di suo padre non era stato difficile come per Penny House, l'aveva preparata all'attività commerciale e alla contabilità in modi che la maggior parte delle giovani donne del suo stato ignoravano. Era quello lo speciale talento che aveva portato a Penny House: far quadrare i conti e trattare con polso fermo i commercianti, così come le doti culinarie di Bethany avevano reso famosi i piatti del circolo, e la particolare abilità di Cassia nello scovare tesori nei negozi dell'usato aveva trasformato l'enorme buco vuoto che era Penny House quando l'avevano ereditata nella casa da gioco più elegante di Londra. Ma l'aspetto migliore di tutti era sapere quanto denaro raccoglievano ogni sera per beneficenza, proprio come l'amato padre aveva desiderato. Gestire Penny House faceva sentire Amariah come quella vecchia canaglia di Robin Hood, che sottraeva ai ricchi per dare ai poveri.

    Sorrise quando intinse la penna nell'inchiostro, rammentando come le tre sorelle di campagna avevano dimostrato agli scettici che avevano torto marcio. Ma ora il matrimonio aveva ridotto le tre Penny a una sola e l'incessante gestione del circolo sarebbe ricaduta tutta sulle sue spalle. Ci sarebbero state altre nottate e levatacce come quella per lei, e con decisione ruppe il sigillo della lettera successiva, determinata a portare avanti il lavoro ancora un po' prima di andare a dormire.

    Ma più si sforzava di concentrarsi sui fogli sulla scrivania, più i numeri sembravano ondeggiarle sotto gli occhi... e più i suoi pensieri sembravano determinati a perdersi nel sentiero più inconcludente immaginabile.

    Un sentiero che portava dritto dritto all'irresistibile sorriso di Sua Grazia il Duca di Guilford.

    Appoggiò la penna ed emise un lamento, sfregandosi gli occhi con le mani. Il duca non era sicuramente il primo gentiluomo che si prendeva troppa familiarità con lei o le sue sorelle, né sarebbe stato l'ultimo, non con soci composti

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