Dicono di lui
Kenneth Frampton
David Chipperfield
Masao Furuyama
Giorgio Armani
Bono
Dominique Perrault
Kazuyo Sejima
Takashi Murakami
Valerio Olgiati
Issey Miyake
Sou Fujimoto
Masato Kawamukai
Riichi Miyake
Kenneth Frampton
Storico dell’architettura/Architectural historian – Ware Professor Emeritus at Columbia Graduate School of Architecture, Planning and Preservation, New York City
Come l’eroica generazione giapponese del Dopoguerra, che annoverava Kenzo Tange e Kunio Maekawa, in tutto il corso della sua prolifica carriera Tadao Ando si è dedicato a costruire in cemento armato a vista. A differenza dei suoi predecessori, tuttavia, non ha seguito il principio del béton brut di Le Corbusier, in cui la cassaforma lascia esprime chiaramente l’effetto letterale e metaforico delle venature del legno. Servendosi invece nelle gettate di grandi lastre di compensato o acciaio, Ando si mostra astratto e postmoderno come qualsiasi altro architetto radicale della sua generazione.
Nelle sue opere c’è qualcosa di eminentemente esistenziale
There is something about his work that is quintessentially existential
L’aspetto decisamente giapponese del suo lavoro, tuttavia, è l’atteggiamento nei confronti della natura, in cui il soggetto è deliberatamente esposto alle vicissitudini fisiche e spirituali del clima, al quotidiano impatto di luce, vento, foschia, pioggia, nebbia, gelo e neve. A questo proposito, nelle sue opere c’è qualcosa di eminentemente esistenziale, totalmente sottratto a qualsiasi idea prefissata di comfort borghese. È come se gli occupanti della sua architettura vivessero nei volumi prismatici e indistruttibili lasciati da qualche civiltà preesistente. Alla fine degli anni Ottanta, inoltre, il suo lavoro è diventato sempre più territoriale, combinando un’acuta consapevolezza del paesaggio con la presenza smaterializzata dell’acqua, come nella sua Cappella sull’acqua a Tomamu, Hokkaido, del 1988, o nel suo Museo dei Bambini a Himeji, Hyogo, del 1990, realizzato davanti alla distesa apparentemente sconfinata del Mare interno di Seto. Siamo qui vicini a quel senso di appartenenza indistinta all’universo che lo scrittore Romain Rolland ha definito ‘oceanico’.
• Like the heroic postwar generation of Kenzo Tange and Kunio Maekawa, Ando has been preoccupied throughout his prolific career with fair-faced reinforced concrete construction, although unlike them he has not followed Le Corbusier’s principle of béton brut, wherein the formwork leaves behind the literal and metaphorical impact of timber boarding. Instead, by casting from large sheets of plywood or steel, Ando has been as abstract and postmodern as any other radical architect of his generation.
However, what is decisively Japanese in his work is his attitude towards nature: the subject is deliberately exposed to the physical and spiritual vicissitudes of the climate, to the diurnal impact of light, wind, mist, rain, fog, frost and snow. In this regard, there is something about his work that is quintessentially existential, totally removed from any received ideas of bourgeois comfort. It is as though the occupants of his architecture are living in the indestructible, prismatic volumes left behind by some preexisting civilisation. Moreover, as his work became increasingly territorial in the late 1980s, it combined a panoramic awareness of landscape with the dematerialising presence of water. See his Chapel on the Water in Tomamu, Hokkaido, of 1988, or his Children’s Museum in Himeji, Hyogo, of 1990, realised before the seemingly unlimited expanse of the Seto Inland See. We are close here to that sense of oneness with the universe that the writer Romain Rolland identified as oceanic.
David Chipperfield
Architetto/Architect Ho visitato lo studio di Tadao Ando durante uno dei miei primi viaggi in Giappone. Uno dei suoi collaboratori mi ha portato a vedere una serie di progetti giunti a completamento, tra cui la Koshino House e l’Azuma Row House. Ricordo di essere rimasto colpito da quegli edifici e dalla perfetta organizzazione dello studio. Nel 1985 sono stato invitato in Giappone dallo stilista Issey Miyake, e per sette anni le mie visite sono continuate con assiduità. Durante questo periodo ho realizzato tre progetti, il primo a Chiba, a Nord di Tokyo, dove abbiamo avuto enormi problemi
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