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L'assassino Sa Il Perché: Sette Singolari Racconti Di Delitto E Mistero
L'assassino Sa Il Perché: Sette Singolari Racconti Di Delitto E Mistero
L'assassino Sa Il Perché: Sette Singolari Racconti Di Delitto E Mistero
Ebook317 pages6 hours

L'assassino Sa Il Perché: Sette Singolari Racconti Di Delitto E Mistero

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About this ebook

Al contrario di quanto avviene solitamente nei romanzi del genere noir, gli eroi in questo libro di delitti e misteri agiscono alla luce del luminoso sole di Grecia. Storie del tutto imprevedibili, che avvengono ora nella casa accanto, ora nelle bianche isole greche o talvolta nelle azzurre profondit del mare. Tra i misteri e i codici del teatro antico, o sul sedile di una rossa Ferrari, alla fine matura sempre un atroce delitto. Lassassino sa il perch!
La signora Gilda si impossessa della Casa degli oleandri; Nassos rincorre Lauto rossa delle donne di facebook; davanti al faro dellisola di Paros, sotto locchio della telecamera della CNN avviene la scoperta di un singolare delitto; Oreste nellantico teatro di Epidauro indaga i misteri di Asclepio e trova la sua Elena. Un rasta va alla ricerca dei segreti della sirena tra le rocce della fortezza veneziana di Monenvassia; il marinaio Mimis decide di porre fine allangoscia che gli procurano i sofismi del Maestro; Uninnocua amicizia entra nella vita di un marito geloso.
Visita il sito libro: www.thekillerknowswhy.com
LanguageEnglish
Release dateJul 19, 2011
ISBN9781456782061
L'assassino Sa Il Perché: Sette Singolari Racconti Di Delitto E Mistero
Author

Yannis Mitsopoulos

In passato, in qualit di reporter, dovevo raccontare al pubblico una storia in 30 secondi. Ora racconto ad ansiosi lettori brevi storie di delitti, a sfondo "noir" qualche volta, ma non sempre. Vivendo in Grecia, gli antichi misteri hanno risvegliato in me la naturale inclinazione allindagine. _______________________________ Yannis Mitsopoulos vive e lavora in Grecia come scrittore. Ha studiato giornalismo televisivo all'Universit di New York e al Brooklyn College, con una borsa di studio della Fondazione Onassis. Ha una lunga carriera in televisione come presentatore, giornalista e produttore di programmi televisivi e notiziari. I suoi lavori sono stati spesso commentati dalla stampa grazie alla loro audacia e originalit. Visita me: www.thekillerknowswhy.com

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    L'assassino Sa Il Perché - Yannis Mitsopoulos

    L'assassino sa il perché

    Sette singolari racconti di delitto e mistero

    Yannis Mitsopoulos

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    AuthorHouse™

    1663 Liberty Drive

    Bloomington, IN 47403

    www.authorhouse.com

    Phone: 1-800-839-8640

    © 2011 by Yannis Mitsopoulos. All rights reserved.

    No part of this book may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted by any means without the written permission of the author.

    First published by AuthorHouse 07/13/2011

    ISBN: 978-1-4567-8207-8 (sc)

    ISBN: 978-1-4567-8206-1 (ebk)

    Printed in the United States of America

    Any people depicted in stock imagery provided by Thinkstock are models,

    and such images are being used for illustrative purposes only.

    Certain stock imagery © Thinkstock.

    Because of the dynamic nature of the Internet, any web addresses or links contained in this book may have changed since publication and may no longer be valid. The views expressed in this work are solely those of the author and do not necessarily reflect the views of the publisher, and the publisher hereby disclaims any responsibility for them.

    Sommario

    Breve nota biografica

    Nota dell’autore

    1

    La casa degli oleandri

    2

    L’automobile rossa

    3

    L’ispirazione

    4

    Il Codice di Epidauro

    5

    La sirena

    6

    Il maestro

    7

    Un’innocua amicizia

    Endnotes

    Yannis Mitsopoulos

    L’assassino sa il perché

    Traduzione dal Greco:

    Antonis Theocharis

    Correzione di bozze:

    Kyriakos Mantouvalos

    Breve nota biografica

    Yannis Mitsopoulos vive e lavora in Grecia come scrittore. Ha studiato giornalismo televisivo alla New York University e al Brooklyn College, con una borsa di studio della Fondazione Onassis. Ha una lunga carriera in televisione come presentatore, giornalista e produttore di programmi televisivi e notiziari. I suoi lavori sono stati spesso commentati dalla stampa grazie alla loro audacia e originalità.

    Nota dell’autore

    Alcune delle storie raccolte e narrate in questo libro si ispirano ad avvenimenti, situazioni e luoghi reali. Sono state tuttavia rielaborate e riadattate in veste drammatica. L’eventuale riferimento a persone e situazioni reali non è nelle intenzioni dell’autore, che ne declina perciò ogni responsabilità.

    Alla donna amata

    1

    La casa degli oleandri

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    La signora Gilda sollevò delicatamente il braccio del vecchio giradischi della RCA ed appoggiò la punta sul disco di vinile. La stanza fu inondata dalla dolce melodia di una canzone d’altri tempi.

    Se potessi venire per poco, una sera soltanto a riempire di luce, la mia profonda oscurità; e a stringermi forte, tra le tue braccia; se potessi venire per poco, e poi scomparire

    Cominciò anche lei a canticchiare sottovoce insieme alla cantante…

    Mentre cantava, si alzò trasognata, come se una mano invisibile la invitasse a ballare. Circondando con le braccia il suo cavaliere immaginario, con gli occhi chiusi volteggiava tra i mobili, al ritmo lento e sensuale della voce di Danae[1], sussurrando con lei…

    Dove sei mai questa sera;

    mi sento tanto ma tanto sola…

    Ascoltava sovente questa canzone, nelle serate di luna trascorse in casa, da sola, e quando finiva rimetteva il disco di nuovo, senza stancarsene mai. Soprattutto quando sentiva nell’anima quella profonda tristezza. La musica la riportava indietro nel tempo, al magico momento di quell’indimenticabile primavera in cui aveva conosciuto Thanos, al ballo del Conservatorio, dove prendeva lezioni di pianoforte. Era il 1938 e non era mai stata ad un ballo prima di allora. Si era messa un abito di pizzo beige con una giacca di seta chiara, e scarpe acquistate per l’occasione. E lì, quella prima volta, questa mano che ora immaginava la invitasse a danzare, allora l’aveva fatto realmente. Per quanto lo volesse, e per quanto avesse tentato, non era riuscita a sapere nulla del giovane che l’aveva riaccompagnata quella sera alla sua poltrona, sfiorandole la mano per un’ultima volta e guardandola negli occhi. Aveva degli splendidi occhi verdi e la capigliatura leggermente ribelle, con dei riccioli che ricadevano ai lati del viso. Forse era un musicista, o almeno tale sembrava, dallo stile della sua capigliatura. Forse, chissà! Non poteva saperlo dal momento che non l’aveva mai più incontrato, se non nei suoi sogni! Da quella sera smise di suonare il pianoforte, così, quasi per dispetto. Per molto tempo fu convinta che sarebbe tornato per portarla via con sé, per danzare insieme come allora. E quando, in seguito, ascoltò di nuovo Danae cantare se potessi venire per poco . . . si convinse che avesse scritto lui quella canzone, che l’avesse scritta per lei. Così era entrato nella sua vita e vi era rimasto per sempre.

    Naturalmente, nel frattempo, si era sposata con un altro uomo, Petros, laureato in medicina. Piaceva alla zia, la donna che l’aveva cresciuta dopo che era rimasta orfana dei genitori. Ma lei non lo voleva! Nemmeno ora lo vuole, non lo ha mai desiderato. Rimane con lui perché altrimenti non saprebbe dove andare. Per molti anni ha dovuto sopportarlo, ma ora non ce la fa più, si sente soffocare. Il divorzio, la separazione non rientravano nei suoi principi, perciò non aveva mai osato neppure pensarci. Si faceva coraggio e portava pazienza.

    Il graffiare della puntina sull’ultimo solco del disco la trovò seduta sulla poltrona, con lo sguardo fisso sulla sedia del tavolo da pranzo.

    -Danzerò ancora, questa volta con una sedia. Tanto Petros non c’è… ma anche se ci fosse, tra lui e la sedia non fa molta differenza—si disse, e scoppiò in una fragorosa risata, di quelle che poi le facevano sospirare  . . . oh povera me! Il suono del campanello la fece sobbalzare. Guardò il vecchio orologio alla parete… il signor Petros era tornato dall’ospedale. Chiuse di corsa il giradischi, prese il disco e lo nascose nell’armadio del buffè. Si raddrizzò la gonna con un gesto svelto, si strofinò gli occhi, si ravviò i capelli e andò ad aprire.

    Il signor Petros entrò, agitato. Le lanciò un’occhiata di traverso mentre la scansava per passare.

    -Dove sei sparita? E’ dalle sei che ti telefono e non rispondi… le disse, lasciando cadere la sua borsa di pelle sulla poltrona.

    -Ero andata a portare una crostata alla nuova vicina che abita di fronte. Perché, cos’è successo?

    -Tua sorella è morta.

    -Elli? Ma come? Così, all’improvviso? Dio Mio!

    -L’hanno trovata morta dentro casa… Ancora non conoscono la causa, probabilmente un infarto.

    * * *

    In verità la signora Gilda non era molto legata alla sua unica sorella. Non aveva molta simpatia per lei che, essendo la più grande, era potuta crescere con la loro madre. Poco dopo la nascita della piccola Gilda, la madre aveva abbandonato le figlie ed il marito, ed era fuggita in America con un altro uomo. Il padre si era preso cura di Elli, mentre Gilda era stata affidata alla zia materna. Si sono sbarazzati di me, usava dire. La zia, donna colta e religiosa, fu per lei qualcosa di più di una madre, ma non essendo però la vera mamma, Gilda si era sempre considerata comunque un’orfana. Più tardi il padre era morto, e nel frattempo la sorella maggiore aveva cominciato a lavorare come infermiera all’ospedale Erythros Stavros. La casa paterna, un po’ fuori Atene, a Vrilissia, detta la casa degli oleandri, fu lasciata in eredità a lei. Essendo sole al mondo, le due sorelle si sentivano spesso, ma ognuna aveva da ridire su qualcosa della vita dell’altra. Elli non si sposò mai. Convisse per molti anni con uno scrittore e poeta di sinistra, un idealista sempre disoccupato. Alla sua morte, andò a convivere con il fratello di lui, un ingegnere che da un precedente matrimonio aveva una figlia, alla quale voleva che Elli intestasse la casa. Ma la ragazza non le era simpatica, diceva che era troppo di facili costumi—come se lei fosse stata diversa! E gli rispondeva sempre: Vedremo, vedremo, senza mai prendere una decisione. D’estate, quando Elli e l’ingegnere andavano ad Andros, la patria di lui, la signora Gilda andava sempre ad innaffiare gli oleandri, piante che in verità non hanno bisogno di molta acqua. Mi raccomando gli oleandri Gilda, non farli morire, diceva… erano veramente delle piante bellissime, agghindate come spose con i fiori color salmone, fucsia, rosa e rossi. D’estate si rivestivano di tutti i colori, come fanciulle pronte ad uscire in cerca di marito… !

    Alla morte di Elli la casa era passata in eredità a Gilda, l’unica parente rimasta. E l’ingegnere? Lui non aveva creato nessun problema. Io me ne vado, vado a vivere ad Andros, aveva detto alla signora Gilda.

    La sorella era stata anche l’artefice del matrimonio della signora Gilda con Petros. Era stata lei ad averlo conosciuto all’Erythros Stavros. Lui allora faceva la specializzazione, ma era un giovane simpatico e promettente. E che cosa fece la furbacchiona? Andò a parlare direttamente con la zia, senza dire niente a Gilda, perché sapeva di non andarle troppo a genio. Il giovane dottore, quindi, si presentò un giorno che la zia, guarda caso, non si sentiva molto bene, e così l’affare quagliò come era solita dire la signora Gilda, a proposito della sua conoscenza con il dottore. Tutto ciò, Gilda venne a saperlo per caso, per aver preso il libro sbagliato. Un giorno, che era andata a casa della sorella per innaffiare, Gilda prese un libro a caso dalla libreria in soggiorno, per leggerne qualche pagina mentre l’acqua scorreva nelle aiuole. In realtà però, non si trattava di un libro ma di un vecchio diario della sorella, nel quale narrava la storia con tutti i particolari. All’inizio s’infuriò così tanto che voleva vendicarsi, allagando la casa con il tubo di gomma. Allora era stata quella la causa della sua misera vita con il signor Petros? Quell’uomo sgarbato, arido e sgradevole che non perdeva occasione per umiliarla? Ma come aveva potuto farle questo? Quando era più giovane, pensava che, avendo conosciuto Petros tramite la zia, che l’amava così tanto, egli si sarebbe rivelato sicuramente un buon marito e tutto sarebbe andato per il meglio. Però così non era stato! Ed ora veniva a sapere che quella… meglio non dire cosa, per causa sua si era rovinata la vita! Le aveva rovinato la vita due volte, una per esser nata prima ed esser cresciuta con la madre, e la seconda per averle presentato quel buono a nulla di Petros. Non avrebbe voluto parlare così del marito, ma d’altra parte che razza di marito era stato, lui che non gli aveva dato né figli né una bella vita, nulla, assolutamente nulla! Mentre era presa da tutti questi pensieri, l’acqua traboccò dalle aiuole, lei mise il libro sbagliato a posto, e non disse niente a nessuno, mai.

    Soltanto nelle serate al chiaro di luna, quando era sola, metteva e rimetteva il vecchio disco con la voce di Danae che cantava… Se potessi venire per poco, una sera soltanto . . .

    * * *

    In tutti quegli anni, tutto ciò che il dottore era riuscito ad offrirle era stato solamente un misero appartamento—in cui aveva anche lo studio—nel quartiere di Pangrati… Con tutto che faceva il medico da un sacco di anni! Certo, l’appartamento aveva una bella vista sul parco del Museo Bizantino, e si trovava anche vicino all’ospedale Evanghelismos, così il dottore poteva andarci a piedi, se c’era bisogno. Sì, perché il dottore non era riuscito nemmeno a comprare un’automobile! Non voglio che la prenda per me diceva la signora Gilda, ma i primi a farsi la macchina sono stati i medici! E lui invece . . . e si batteva disperata il palmo delle mani sulle ginocchia, senza sapere cos’altro aggiungere. Adesso però gli avrebbe fatto vedere lei di che cos’era capace! Perché ora—guarda che scherzi fa la vita!—la casa degli oleandri, una stupenda casa in stile neoclassico a Vrilissia, costruita a suo tempo dal padre come casa per le vacanze estive, apparteneva a lei. Meglio tardi che mai! Gli avrebbe proposto di traslocare. Ormai la zona era un sobborgo di Atene, il dottore sarebbe andato in pensione presto, e avrebbe continuato a visitare solo i pochi clienti che nel frattempo non erano morti. Sarebbe stata quindi, per loro due, una buona occasione per cambiare aria, per cambiare vita.

    Dopo la morte della sorella, sistemò le questioni dell’eredità, ed una mattina entrò, da padrona ormai, nella casa degli oleandri, con l’aiuto del ferramenta, perché l’ingegnere che conviveva con la sorella, qualche giorno dopo il funerale era scomparso, portando con sé le chiavi di casa. Fece cambiare la serratura, pagò il ferramenta. Con le nuove chiavi strette in mano, iniziò ad esplorare le stanze. Tutto era rimasto così come l’aveva lasciato Elli, eccetto le cose dell’ingegnere, che mancavano dalla sua stanza insieme a molti libri della libreria. Qui andrà questo, lì ci metto il divano e nella sala da pranzo . . . ma soprattutto, visto che al piano di sopra, oltre alla stanza degli ospiti, c’erano due camere da letto, Qui farò la mia stanza ed il dottore andrà in quella accanto disse. È ora che ognuno abbia i suoi spazi, finalmente! Pensò che così com’erano andate le cose, il padre, che non si era mai interessato a lei, in fin dei conti qualcosa le aveva lasciato. Prese la borsa e le chiavi per andare via, sarebbe tornata un altro giorno per cominciare a sistemarsi. Uscì, chiuse a chiave la porta, attraversò il giardino degli oleandri in fiore, e mentre chiudeva il cancello, disse, rivolgendosi alle piante: "Vi ricordate quando mi prendevo cura di voi? Adesso voi fiorirete solo per me’’. Ma guarda, parlare alle piante—disse tra sé, mettendo le chiavi in borsa. Fu allora che all’improvviso trasalì…

    -Buongiorno, signora!—disse una voce dietro di lei.

    -Ah! . . .—gridò la signora Gilda, colta di sorpresa.

    -Mi dispiace signora, non intendevo spaventarla—disse dietro di lei un uomo di mezza età, con un leggero abito grigio.

    -Ah! . . .—gridò di nuovo, quando lo guardò in viso…

    -Mi chiamo Athanasios Saraceno, signora mia—le disse.—Sono il commissario della zona…

    Avrebbe continuato a rilasciare altre esclamazioni di sorpresa, ma non le usciva più la voce. Rimase così, a bocca aperta, con la mano a nascondere la sua espressione d’incredulità e di stupore. Per quale motivo era rimasta senza parole alla vista dello sconosciuto?

    -Mi scusi, signora—disse imbarazzato il signor Saraceno—ma i vicini mi hanno informato che qualcuno era entrato nella casa della signora deceduta.

    Le sue spiegazioni non furono sufficienti a cancellare la sua espressione stupita. Qual era il motivo di tanto stupore? I capelli dell’uomo dagli occhi verdi che le stava davanti, divisi al centro da una riga, gli ricadevano in due ciocche ai lati del viso!

    -Ma è… Thanos[2]!—mormorò.

    -Scusi signora? Ci conosciamo? Forse anche lei è di Corfù?

    Cosa poteva dirgli, e come spiegargli ora? No, non era di Corfù. Dal ‘38 al ‘78 erano passati quarant’anni ormai. Che poteva fare, domandare se era stato lui a chiederle di danzare, quarant’anni prima al ballo del Conservatorio? Sarebbe stato ridicolo! Lui non poteva certo ricordarsene. Poteva anche non essere lui! Ma quei ciuffi di capelli? E quei riccioli, ora non più tanto ribelli, e quegli occhi verdi che alla luce del sole sembravano azzurri, e quella pelle chiara e trasparente in alcuni punti leggermente segnata… Oh! Sì, era lui… il signor se potessi venire per poco, come lo chiamava tra sé. Riorganizzò i pensieri, e anche se le sue gambe quasi non la reggevano, assunse un’aria dignitosa.

    -Mi dica, quando qualcuno entra in casa, la polizia manda il commissario? Gli chiese con molta serietà.

    Lui, sorrise e disse, toccandosi il mento…

    -No, naturalmente. Ma poiché la signora è deceduta all’improvviso, è stata fatta un’autopsia… cioè, c’è qualcosa nella morte della signora Elli che… ma perché non ne parliamo nel mio ufficio, signora… qual è il suo nome?

    -Gilda Patrikios—rispose—sono la sorella di Elli.

    -Ah, certo, certo. Bene, signora Gilda ecco il mio biglietto da visita. Venga, se può, domani mattina in ufficio, per parlare un po’ di sua sorella. Forse potrà aiutarmi a risolvere alcuni miei dubbi. Tutti i dubbi, le disse gentilmente, alzando la mano, anche per quanto riguarda Thanos!

    Anche per Thanos—pensò lei… Dunque non era un musicista! Era un poliziotto, allora? Ma non è possibile! Allora non era come pensavo, non era il musicista che aveva scritto per me la nostra canzone? Il cavaliere dei suoi sogni, colui che in tutti quegli anni l’aveva invitata a danzare durante le serate al chiaro di luna, nell’appartamento di Pangrati, era dunque un poliziotto? Oh, che strana la vita! Dio sa come trovò la forza di andarsene.

    -Signora Gilda, posso farle una domanda?—chiese improvvisamente il Saraceno, tornando indietro. Suo marito è medico?

    -Si, signore è medico.

    -E sua sorella era un’infermiera, giusto?

    -Sì, era un’infermiera.

    -Si vedevano? Intendo dire, al lavoro.

    -È anche indiscreto—pensò in quel momento, aggrottando le sopracciglia e guardandolo senza rispondere.

    Lui capì e aggiunse:—Sa, tra parenti qualche volta succede…

    -Lo so signore… Elli era all’Erythros Stavros, mio marito all’Evanghelismos.

    -Ah, certo, certo. Bene signora Gilda, mi scusi, ci vediamo in ufficio. Arrivederci!

    Ora sì, che si sentiva soffocare! Che intendeva il poliziotto? E che c’entrava Petros con tutta quella storia? Elli era sempre stata di salute cagionevole, e per giunta aveva dieci anni più di lei. Petros non era un gran medico, ma sapeva riconoscere un infarto. La sua fantasia galoppava. Per tutta la strada, tornando a Pangrati, fece progetti. Voleva entrare in casa, afferrare Petros per la giacca, schiaffeggiarlo: Ora basta mio caro dottore, non voglio certo avere dei guai con la polizia per colpa tua! E fosse stato solo per questo… Era una vita che non perdeva occasione per offenderla ed umiliarla.

    Come quella volta che avevano invitato i suoi parenti, e lui aveva detto davanti al fratello avvocato, sua moglie e la suocera, che le donne cresciute senza i genitori non diventano delle buone madri. Ma senti! Il sangue le era salito al cervello. Era colpa sua, allora, che non avevano fatto figli? Quando l’aveva sposata, non lo sapeva che lei era stata adottata?

    Gli gettò in faccia il vino del bicchiere che teneva in mano.

    -Ecco, forse il vino rosso ti farà arrossire per quello che hai detto! Tutti gli altri avevano cercato di tranquillizzarla—Non parlava di te, Gilda. Sono cose che non si dimenticano… Quella volta voleva andarsene, ma dove? Piangeva, ricordava momenti come questo e dentro di lei cresceva il rimpianto per essere cresciuta da sola. Ma fosse stata solo quella volta… Quando avevano dipinto l’appartamento, alla sua proposta di dipingere l’ufficio color beige, l’aveva umiliata di nuovo, davanti agli operai.

    -Cara mia, gli studi medici vanno dipinti di azzurro, giallo o verde chiaro le aveva gridato forte, in presenza degli operai.

    Ma come si era permesso di parlarle così? Lui, che non conosceva nulla di quanto succedeva al di fuori delle mura dell’ospedale. Senza contare che riteneva che lei portasse sfortuna, e non esitava a dirglielo. Questo perché ogni volta che lui le parlava di un suo paziente, questi peggiorava o moriva. Sempre a incolparla per ogni cosa che andava storta.

    -Persino tua madre quando sei nata ti ha lasciato, proprio per questo, perché non ti meriti l’amore—le disse una volta.

    Ma come aveva potuto dirle una cosa del genere? Da dove nasceva tutto quel rancore nei suoi confronti? E tutto quello che aveva fatto per lui? Tutto il sostegno, le sue premure? Tutte le ore trascorse ad aspettare che tornasse? Ecco, le attese! Si ricordò di quella volta che l’aveva accompagnato ad una visita perché dopo dovevano andare a teatro. Aveva aspettato per due ore nel soggiorno! Credeva che stesse visitando, ma quale visita dura due ore? Non aveva resistito ed era andata nella stanza da letto, aveva aperto la porta e aveva visto il paziente ed il dottore che giocavano a scopa! Era rimasta di sasso.

    -Quando il dottore visita non deve essere disturbato, le aveva detto sfacciatamente.

    -Ma, ti prego, sto qui da due ore—Sono tua moglie, abbiamo un impegno…

    -Quando il dottore visita non c’è moglie che tenga—le aveva detto, chiudendole in faccia la porta.

    Con tutti questi ricordi, e ciò che era successo oggi, come minimo gli avrebbe dato almeno uno schiaffo, appena se lo fosse visto davanti. Per anni aveva cercato un qualche modo per vendicarsi, non fosse altro che per orgoglio femminile. Ma giorno dopo giorno, era passata una vita intera. Sarebbe passato così un altro giorno ancora. Senza dire nulla. Non solo. Ora non poteva, non aveva più nemmeno voglia di ascoltare il disco di Danae, ascoltare e cantare se potessi venire per poco e danzare con lui, il suo cavaliere, perché alla fine lui era venuto e l’aspettava in ufficio l’indomani—pensò la signora Gilda. L’ispettore ha chiesto di me ed io ci andrò. Chissà, il poliziotto avrebbe forse potuto portarle fortuna—si disse, e scoppiò a ridere esclamando Oh, povera me! come faceva sempre.

    * * *

    La signora Gilda si svegliò di prima mattina, indossò la vestaglia, bevve il caffè e si mise ad aspettare il signor Petros, con la tazza ancora in mano. Poco dopo, lui entrò in cucina di buon umore. Lei iniziò a parlare della casa degli oleandri.

    -Perché non andiamo a vivere là? Lui le disse all’improvviso, dopo il primo sorso di caffè. Si sarebbe alzata ad abbracciarlo, a baciarlo. Così avrebbe fatto una moglie. Ma lei ancora ribolliva dentro dal giorno prima. Tuttavia voleva cogliere l’occasione per cambiare vita. Voleva che le succedesse qualcosa di straordinario, che le risollevasse l’anima e mettesse in luce le sue qualità, non le sue passioni peggiori.

    -Andiamoci, se è per stare meglio—disse lei semplicemente.

    Volevo anche dirti—disse il signor Petros—che la defunta… Ho parlato con il signor Ghikas, l’avvocato e mi ha detto che Elli aveva un conto alla Banca Nazionale con un po’ di soldi… circa un milione e mezzo, anche questi sono nostri.

    Bravo, il mio dottore! Pensò la signora Gilda. Ciò che è tuo è tuo, e ciò che è mio è nostro.

    -Io esco—disse lei all’improvviso, mentre toglieva la tazza dal tavolo. Ho da fare, e dopo andrò a Vrilissia, per sistemare un po’ la casa—disse, soprattutto per evitare di continuare il discorso e correre il rischio di farsi sfuggire qualcosa.

    Andò in camera da letto, prese dall’armadio un bell’abito color beige in lana mohair, lo indossò e si pavoneggiò davanti allo specchio. Subito dopo però, rammentò che sua sorella era morta, e facendo una smorfia mise infine un abito di lana grigio, a quadretti e con il colletto bianco, con sopra una giacca nera.

    Alle dieci era nell’ufficio del Saraceno. Lui la spinse gentilmente verso di sé per aiutarla a sedersi, e poi si sistemò alla scrivania di fronte a lei. Mentre cercava nei cassetti il dossier, lei colse l’occasione per lanciargli delle occhiate furtive ed esaminarlo nei particolari. Le piaceva pensare che si ergesse tra loro una parete di vetro, una sorta di ‘‘specchio magico’’, che le permetteva di vedere chi fosse la persona a cui aveva pensato in tutti quegli anni, mentre lui non poteva sapere e nemmeno immaginare nulla di lei. Un poliziotto, ma guarda te!

    -Signora Patrikios—la interruppe lui…

    -Gilda, La prego.

    -Signora Gilda—disse lui, all’inizio sorridente e poi con aria seria—sua sorella, come le ho detto e come lei sa, è deceduta improvvisamente ed è stata trovata morta dal suo convivente. Così, in conformità alla legge, è stata ordinata l’autopsia. Il medico legale non ha potuto stabilire le cause del decesso, nemmeno in base agli esami tossicologici, quindi il referto è stato dato alla magistratura. Non essendo emerso nulla dagli esami, il caso è stato archiviato…

    -Ma non si è trattato di un infarto?—lo interruppe la signora Gilda.—Almeno così mi ha detto mio marito, che è medico.

    -Sì, un infarto—disse il Saraceno guardandola negli occhi—ma non è chiaro il motivo che l’avrebbe provocato. Questo non è tanto di mia competenza, disse alzandosi dalla sedia, ma il suo compagno con il quale ha convissuto per anni, è venuto da me dopo il funerale, sembrava preoccupato e dubbioso riguardo alla morte di sua sorella e così ho dovuto riaprire il caso.

    -Ma perché, ci sono

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