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Patrimonio culturale e identità identity in Heritage the lands of Islam

La classificazione dell’architettura islamica in base a categoria e territorio di ricerca ha radici nel primo Settecento europeo. Le tradizioni architettoniche delle culture musulmane furono tra le prime a essere analizzate tra quelle non occidentali. Nella seconda metà del Settecento, i risultati di queste ricerche furono inclusi nella produzione europea contemporanea, fino ad arrivare a ciò che si potrebbe definire revival islamico o architettura neoislamica, i cui vocabolari cominciarono a essere esportati dall’Europa ai Paesi islamici nella seconda metà dell’Ottocento grazie ad architetti europei che progettavano in quei Paesi dove, ben presto, questo lessico iniziarò a essere adottato dai Paesi islamici come espressione di patrimonio culturale identitario locale.

La moschea di al-Rifa’i del Cairo (1869-1911), progettata in origine dall’architetto egiziano di formazione francese Hussein

Fahmy, ma completata dall’architetto ungherese Max Herz, ne costituisce un esempio eloquente. La sua architettura riprende accuratamente certi elementi della tradizione dell’Egitto dei Mamelucchi (che si sviluppa dalla metà del XIII agli inizi del XVI secolo), quando il Paese era il centro di un impero ricco e potente. L’uso dei vocabolari architettonici islamici si diffuse gradualmente e proseguì fino agli anni Quaranta del Novecento con l’affermazione degli astorici, per non dire antistorici, vocabolari del Modernismo, connotati da un accento sull’integrazione visiva delle tecnologie contemporanee.

A quel punto, patrimonio culturale e identità, così come venivano espressi in precedenza in monumenti come la Moschea di al-Rifa’i, presero strade diverse. Nei Paesi islamici il passato – in particolare a partire dai primi del Settecento – veniva associato ad arretratezza e sottosviluppo, e anche al dominio dell’Occidente. All’opposto, un presente collegato alla tecnologia avrebbe permesso loro di entrare nella comunità mondiale da pari a pari. L’architettura storicista venne così marginalizzata e prevalsero i vocabolari architettonici

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