La sposa sassone (eLit)
()
About this ebook
Wessex Weddings 1
Wessex, 1066
Dopo aver occupato il Wessex, i cavalieri normanni si accingono a conquistare il cuore delle dame del regno sassone.
Lady Cecily non avrebbe mai pensato, dopo quattro anni trascorsi in un convento, di avere il coraggio di affrontare di nuovo la violenza del mondo esterno. Eppure, quando apprende che il feudo appartenuto per generazioni alla sua famiglia è stato assegnato dal re a un cavaliere normanno, non esita a tornare a casa per proteggere i fittavoli da eventuali soprusi. Inaspettatamente, però, scopre che il nuovo castellano, Sir Adam Wymark, è un uomo di incredibile fascino e di animo giusto. Così, pur essendo di discendenza sassone, la giovane e inesperta Cecily si offre di diventare sua moglie pur di salvare Fulford Hall. Colpito da tanta pudica audacia, Sir Adam accetta, anche perché, essendo un uomo d'arme, non ha alcuna esperienza nella gestione di un feudo. Ma ben presto qualcosa nel comportamento della sua futura sposa lo induce a sospettare
Carol Townend
La passione per il Medioevo ha portato l'autrice a studiare storia all'università di Londra e poi a prediligere quel periodo per l'ambientazione dei suoi romanzi d'amore. Vive con il marito e la figlia vicino a Kew Gardens.
Other titles in La sposa sassone (eLit) Series (5)
La sposa sassone (eLit) Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa rosa bretone (eLit) Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsPassione normanna (eLit) Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa dama inglese (eLit) Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsIl conte bandito (eLit) Rating: 0 out of 5 stars0 ratings
Read more from Carol Townend
I segreti della principessa: I Grandi Romanzi Storici Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsTra le braccia di un barbaro: I Grandi Romanzi Storici Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsSchiavo d'amore: I Grandi Romanzi Storici Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsI segreti di Costantinopoli: Tra le braccia di un barbaro | Schiavo d'amore | I segreti della principessa Rating: 0 out of 5 stars0 ratings
Related to La sposa sassone (eLit)
Titles in the series (5)
La sposa sassone (eLit) Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa rosa bretone (eLit) Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsPassione normanna (eLit) Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa dama inglese (eLit) Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsIl conte bandito (eLit) Rating: 0 out of 5 stars0 ratings
Related ebooks
La Donna in Fiamme: Trilogia del Tesoro delle Highlands Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsSposa di mezzanotte: eLit Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa Sognatrice: Trilogia del Tesoro delle Highlands Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsUn'adorabile bugiarda Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsFiore selvaggio Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsIl Lupo: The Wolfe Pack Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsL'Incantatrice: Trilogia del Tesoro delle Highlands Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsIl doppio volto di Helena Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsL'isola di vetro: I magnifici lord De Lara Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsIl guerriero e la rosa: I Grandi Romanzi Storici Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsUn lord per la gitana: Harmony History Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa strega del castello di Gilford: un thriller di Patricia Vanhelsing Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsL eredità ambita: Harmony History Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsIl vento sulla brughiera (eLit): eLit Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsFolgorato Dalla Mia Monella Natalizia Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsTempesta nelle Highlands Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsIl mistero del bosco Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsClausola di matrimonio Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsRapsodia E Ribellione Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsIl conte e la piccola ladra Rating: 4 out of 5 stars4/5Una Poetessa e un Erede: Più Forte della Spada, #2 Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsIl marchese cerca moglie: Harmony History Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsTentazione proibita: Desideri pericolosi, #2 Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsPiu' forte del tempo: I Romanzi Storici Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsUna stagione per l'amore Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsCome conquistare il cuore di un Highlander: Il manuale della lady, #1 Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsDama in maschera Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLeggenda Scozzese: Guardiani della Pietra, #1 Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa Scomparsa di Lady Edith (Le Intrepide Debuttanti, Libro 1) Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsI Puritani di Scozia, vol. 3 Rating: 0 out of 5 stars0 ratings
Reviews for La sposa sassone (eLit)
0 ratings0 reviews
Book preview
La sposa sassone (eLit) - Carol Townend
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Novice Bride
Harlequin Historical
© 2007 Carol Townend
Traduzione di Anna Polo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises ULC.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-305-5061-2
Frontespizio. «La sposa sassone» di Townend Carol1
La novizia stava pregando nella cappella del convento di St. Anne quando fuori cominciarono le urla. Era quasi mezzogiorno e Cecily, che nella sua vita precedente si chiamava Lady Cecily Fulford, era in ritiro. La figura minuta avvolta in una consunta tunica grigia aveva giurato di non parlare con nessuno fino a quando, il mattino seguente, le suore avrebbero fatto colazione: le restavano dunque almeno diciotto ore di silenzio ed era decisa per una volta a mantenere il suo voto.
Le lampade a muro diffondevano una luce soffusa e sopra l’altare il pallido sole di novembre filtrava dalle strette finestre prive di imposte. Cecily tentò di ignorare il gelo che proveniva dal pavimento di pietra e chinò sul rosario, la testa coperta dal velo. «Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è...»
Qualcuno bussò forte alla porta di quercia della cappella, facendola girare di scatto. I colpi continuarono sempre più forte, seguiti da una voce acuta e affannosa.
«Cecily, sei là? Devo parlare con lei. È...»
La voce si interruppe di colpo, ma le preghiere della novizia vennero rapidamente dimenticate. Non apparteneva a nessuna delle suore, eppure le pareva stranamente familiare. Tese l’orecchio, nella speranza di sentire qualcos’altro.
Due voci femminili presero a litigare: una apparteneva a Suor Judith, la guardiana del convento, e l’altra aveva un tono sempre più stridulo, quasi isterico.
Divisa tra l’ansia e la curiosità, Cecily balzò in piedi. Possibile che le cattive notizie non fossero ancora finite? Doveva sopportarne altre, dopo la morte del padre e del fratello nella battaglia di Hastings?
Era quasi arrivata alla porta, quando questa si aprì, facendo entrare una folata di aria fredda che fece tremolare la fiamma delle lampade. Sua sorella, Lady Emma Fulford, spinse da parte la suora e fece irruzione nella cappella.
Di un anno più grande di Cecily, a diciassette anni Emma era un’autentica visione, con una magnifica veste rosa e un mantello di velluto di un rosso violaceo. Lasciò cadere sul pavimento di pietra un frustino e un paio di morbidi guanti di capretto e si gettò su Cecily.
«Dobbiamo parlare! Dobbiamo!» proruppe.
Stretta in un abbraccio impetuoso, Cecily si liberò delle sete, del velluto e del profumo di rose per studiare il viso della sorella. Le bastò una semplice occhiata per rinunciare all’istante al voto del silenzio. «Ma certo, Emma» la rassicurò.
La sorella tirò sul naso e indicò con la testa la suora guardiana. «Secondo quella lì sei in ritiro e nessuno deve disturbarti» sbottò sprezzante.
«È vero» confermò Cecily.
Emma aveva pianto e non solo negli ultimi minuti: il suo incarnato perfetto era cosparso di chiazze rosse e gli occhi erano gonfi e segnati da occhiaie violacee. Anche se nei quattro anni passati nel convento la sorella maggiore era diventata un’estranea, Cecily non aveva dimenticato la sua bellezza; perciò ora quella fanciulla pallida e sconvolta le gelava il sangue.
Suor Judith chiuse con un tonfo secco la porta della cappella e rimase sulla soglia a braccia conserte, lanciando a Cecily uno sguardo colmo di disapprovazione: ancora una volta la novizia non era riuscita a mantenere le sue promesse.
Cecily prese tra le sue la mano della sorella: le dita di Emma erano gelate. «È successo qualcos’altro, vero? Qualcosa di terribile.»
Gli occhi di Emma si riempirono di lacrime. «Oh, Cecily, la mamma...» singhiozzò.
«Che cosa le è successo?» Cecily non dovette aspettare la risposta: l’espressione della sorella era fin troppo eloquente.
La madre era morta.
Le due fanciulle si aggrapparono l’una all’altra.
«Non la mamma...» gemette Cecily. «Non può essere morta anche lei...»
Emma annuì, il viso rigato di lacrime.
«Qua... quando è accaduto?»
«Tre giorni fa.»
«Come? È... è stato il bambino?» Ne era praticamente sicura: la madre, Lady Philippa Fulford, aveva trentasette anni ed era al settimo mese di gravidanza al momento della battaglia di Hastings. Essendo di origine normanna, lo scontro tra gli invasori provenienti dalla sua terra e i sassoni di Re Aroldo aveva di certo costituito per lei una dura prova. Probabilmente Philippa aveva cercato di reprimere le sue emozioni, ma Cecily sapeva che la morte del marito sassone e del figlio primogenito sarebbe stata insopportabile per lei.
Molte donne morivano di parto e all’età della madre, già colpita da quella terribile notizia...
Emma si asciugò le lacrime con il dorso della mano e assentì. «Sì. Le doglie sono cominciate troppo presto e sono durate a lungo e poi... Oh, Cecily, c’era tanto sangue! Non siamo riusciti a fermarlo. Forse tu avresti potuto fare qualcosa: Suor Mathilda ti ha insegnato le arti della guarigione, mentre io non so niente di queste cose.»
Cecily scosse la testa. Anche se aveva imparato tutto ciò che l’anziana suora le aveva insegnato, sapeva bene che non sempre si poteva salvare un ferito o un ammalato. «Emma, ascoltami: la mamma non è morta per colpa tua. Quando una donna comincia a perdere sangue, è quasi impossibile salvarla. Inoltre, forse la mamma aveva perso la voglia di vivere, dopo che nostro padre e Cenwulf sono stati uccisi.»
Emma tirò su ancora col naso e strinse forte le mani della sorella. «Stavamo per mandarti a chiamare. Wilf era già a cavallo... ma quando ci siamo resi conto del pericolo era troppo tardi.»
«Non è stata colpa tua» ripeté Cecily.
«Nessuno mi ha mai insegnato niente di queste cose! Oh, Cecily, avresti dovuto vederla, dopo che è arrivato il messaggero da Hastings. Non riusciva a mangiare o a dormire e vagava come un fantasma. Era come se, con la morte di nostro padre, in lei si fosse spenta una luce. Lui non era un uomo facile e la mamma non era tipo da mostrare apertamente le sue emozioni.»
«Mostrare i propri sentimenti è volgare e indegno di una vera signora» citò Cecily in un sussurro.
«Sì, lo diceva sempre, ma lo amava. Se qualcuno ne avesse dubitato...» Emma lanciò alla sorella uno sguardo penetrante, memore dei frequenti scontri tra lei e il padre, Thane Edgar. «...quest’ultimo mese si sarebbe di certo convinto. E Cenwulf... ricordo quanto lo adoravi.»
«Posso immaginare il dolore della mamma.»
«Sì. E non solo per la loro morte» confermò Emma.
«Soffriva anche perché gli invasori venivano dalla sua terra, vero?»
Emma strinse ancora una volta la mano della sorella. «Sapevo che avresti capito.»
«Lady Emma...» intervenne Suor Judith, ricordando alle due fanciulle che non erano sole nella cappella.
Toccava a lei concedere o negare agli estranei il permesso di entrare nel convento: il loro non era un ordine di clausura e in genere il permesso veniva accordato, ma mai quando una suora o una novizia erano in ritiro. Con le mani strette intorno al cordone che le cingeva la vita e la croce d’argento che occhieggiava sul petto, la suora fissava Emma con severità, ma anche con simpatia, e Cecily capì che il racconto delle loro disgrazie l’aveva commossa.
«Lady Emma, visto che avete interrotto il ritiro di vostra sorella, posso suggerirvi di continuare questa conversazione nella portineria? Tra poco suonerà l’Angelus e il resto della comunità avrà bisogno di questa cappella.»
«Certo, Suor Judith. Scusateci» disse Cecily in fretta.
Si chinò per recuperare il frustino e i guanti di Emma, poi la prese per mano e la condusse fuori.
In cortile soffiava un vento gelido e a ogni respiro lievi nuvolette di vapore si formavano davanti alle loro bocche. Emma si strinse il mantello di velluto sulle spalle.
Cecily non toccava una stoffa così bella da quando era entrata in convento e in ogni caso non portava alcun mantello; rabbrividì e trascinò la sorella attraverso il cortile. La portineria era una piccola costruzione di legno con il tetto di canne, addossata alla palizzata che delimitava il convento. L’edificio adiacente, adibito a foresteria, era un po’ più grande e accogliente; fu là che Cecily condusse la sorella.
Anche con la porta aperta la stanza era immersa nell’ombra, giacché le pareti di legno lasciavano passare poca luce attraverso le fessure tra un’asse e l’altra. Visto che non erano attesi ospiti il fuoco era spento e nel focolare c’era solo un mucchio di cenere ormai fredda. Novembre segnava l’inizio dei mesi bui, ma Cecily non voleva suscitare le ire di Madre Aethelflaeda accendendo una preziosa candela. Se avesse aggiunto il peccato di sprecare una candela quando era ancora giorno a quello del ritiro interrotto, avrebbe dovuto fare penitenza fino a Natale.
Cecily posò sul tavolo il frustino e i guanti di Emma e il rosario e aprì le imposte, lasciando entrare una folata di aria fredda. Emma prese a camminare avanti e indietro e Cecily non poté fare a meno di notare che l’orlo della bella veste rosa era schizzato di fango, il velo di seta era di traverso e il cerchietto che lo tratteneva si era deformato.
«Hai cavalcato in fretta per portarmi questa brutta notizia» osservò. Stava cominciando a riprendersi dal terribile colpo che la sorella le aveva inferto e aveva molte domande da farle. «Come mai non sei venuta subito, se la mamma è morta tre giorni fa? C’è dell’altro, vero?»
Emma si fermò di colpo. «Sì. Il bambino è sopravvissuto. È un maschio.»
«Ma... è un miracolo!» proruppe Cecily. «Una nuova vita, dopo tanta morte!» Poi ricordò che il bimbo era nato prima del tempo. «Non riuscirà a sopravvivere» concluse con tristezza.
«L’ho pensato anch’io: è così piccolo. Così mi sono presa la libertà di farlo battezzare Philip, nel caso in cui...» Emma non riuscì a proseguire, ma non ce n’era bisogno: avendo vissuto in un convento per quattro anni, Cecily conosceva bene le vedute della Chiesa al riguardo. Se il bimbo doveva morire, meglio che morisse una volta battezzato, altrimenti avrebbe vagato in eterno come un’anima in pena.
«Philip» ripeté. «Alla mamma sarebbe piaciuto.»
«Sì. Non è un nome sassone» sottolineò Emma. «Se sopravvive, ho pensato che avrà più possibilità portando un nome normanno.»
«Hai fatto bene» approvò Cecily. «Meglio sottolineare il lignaggio della mamma, piuttosto che quello di nostro padre.» Se l’Inghilterra fosse diventata normanna, il figlio di un signore sassone non avrebbe avuto vita facile, mentre quello di una dama normanna...
Emma si avvicinò e Cecily notò il profumo di rose così insolito in novembre, la morbida stoffa del vestito, le mani bianche e le unghie curate della sorella. Tutto il fango d’Inghilterra non poteva oscurare le vesti preziose e l’alta condizione sociale di Emma Fulford.
Imbarazzata, passò le mani sul tessuto ruvido della sua tunica e cercò invano di lisciarla e di nascondere il buco in corrispondenza del ginocchio, dove aveva strappato la stoffa lavorando nel giardino delle erbe medicinali. In effetti la tunica era così consunta che ormai era inutile tentare di rammendarla.
«Sarei subito venuta ad avvertirti, Cecily, se non avessi dovuto occuparmi del nostro nuovo fratellino» si giustificò Emma.
«Hai fatto bene a pensare prima di tutto a Philip. Pensi che ce la farà?»
«Lo spero. L’ho lasciato con Gudrun; ha avuto una bambina da pochi mesi e può fare da balia anche a lui.» Emma riprese a camminare irrequieta. «All’inizio non si attaccava al seno, ma Gudrun ha insistito e alla fine Philip ha cominciato a succhiare. Sì, penso che potrebbe sopravvivere» concluse con un debole sorriso.
«Oh, finalmente una bella notizia!»
Emma si girò, prese il frustino e lo batté contro il fianco. Dava le spalle alla sorella e guardava attraverso la porta aperta il fumo che usciva dalla cucina. «In effetti, non sono venuta a parlarti solo della mamma e di Philip» confessò.
«No? Che cosa c’è ancora?» Cecily fece per avvicinarsi, ma la sorella la bloccò con un gesto imperioso della mano.
«Sono venuta per dirti addio.»
Cecily aggrottò la fronte, convinta di aver capito male. «Che cosa?»
«Vado a nord» riprese Emma in fretta. «Dopo la morte della mamma sono arrivati altri messaggeri dal Duca Guglielmo.»
«Normanni? A Fulford Hall?»
Un secco cenno del capo. «Ormai saranno già installati in casa nostra.»
Cecily le sfiorò il braccio per indurla a girarsi, ma Emma si irrigidì e continuò a guardare la porta. «Quando c’è una carogna, i corvi arrivano in fretta» commentò amara. «Almeno sono efficienti; non hanno perso tempo a impossessarsi delle nostre terre. Il duca sa che nostro padre e Cenwulf sono morti a Hastings: mi ha inviato un messaggio piuttosto contorto, sostenendo che Re Aroldo ha infranto un giuramento nei suoi confronti e informandomi che, come figlia maggiore di Thane Edgar, sono diventata la sua pupilla e dovrò sposare uno dei suoi cavalieri. E costui non è nemmeno un vero normanno, come la mamma, ma un bretone senza una goccia di sangue nobile nelle vene!»
Emma si girò di scatto: gli occhi erano accesi di una luce dura e selvaggia e il frustino sbatteva con ira contro la coscia. «Non posso farlo, Cecily. E non voglio!» proruppe.
Cecily prese le mani della sorella tra le sue. «L’hai conosciuto?»
Emma trasse un profondo respiro. «Il bretone? No. Secondo il messaggero del Duca Guglielmo arriverà tra poco, così sono partita appena possibile. Non posso sposarlo, quindi non venirmi a parlare di dovere!» esclamò, per prevenire un’eventuale obiezione della sorella.
«Chi sono io per parlare di dovere, quando ho rimandato per tanti anni il mio impegno con il Signore?» mormorò Cecily con gentilezza.
L’espressione di Emma si addolcì. «Lo so: non hai mai voluto farti suora. Hai solo obbedito a nostro padre. Mi è sempre sembrato ingiusto potermi sposare solo perché sono nata prima di te, mentre tu venivi sacrificata alla Chiesa e costretta a una vita di contemplazione per cui non hai alcuna vocazione.»
«Sappiamo benissimo che era tutta questione di denaro: la Chiesa ha accettato per me una dote inferiore a quella che un nobile o un cavaliere avrebbero richiesto. Non potevamo fare tutte e due un buon matrimonio: nostro padre non poteva permetterselo» le ricordò Cecily.
Emma si illuminò. «Nostro padre non c’è più e la Chiesa ha già avuto la tua dote. Cosa ti impedisce di lasciare il convento?»
«Emma!»
«Non sei adatta a fare la suora. Nostro padre ti ha promessa alla Chiesa, ma tu che promesse hai fatto?»
«Ho giurato di fare la sua volontà.»
«E hai mantenuto il tuo impegno, restando chiusa qui dentro per quattro anni.» Emma diede uno strattone alla tunica ruvida. «Questa veste non ti dona e scommetto che pizzica da morire.»
«È vero, ma la mortificazione della carne incoraggia l’umiltà e...»
«Non dire assurdità! E guarda le tue mani! Ruvide, callose e arrossate come quelle di una contadina!» si scandalizzò Emma.
Cecily sollevò il mento con aria di sfida. «Lavoro molto nel giardino delle erbe: mi piace ed è utile.»
«Mani da contadina» ripeté Emma, sprezzante. «Ascoltami» riprese abbassando la voce, «ora puoi lasciare questo posto.»
«E dove dovrei andare?» sbuffò Cecily, esasperata. «A Fulford, dal tuo cavaliere bretone? Sii realista, Emma; che destino può avere una novizia priva di dote? Inoltre so che stai solo cercando di metterti a posto la coscienza.»
Emma si irrigidì. «Cosa vuoi dire?»
«Che ti piaccia o no, hai dei doveri verso Fulford. Come hai detto tu stessa, sei la figlia maggiore, quella destinata a sposarsi e la gente di Fulford ha bisogno di te. Chi altri parlerà in suo nome? E cosa mi dici del nostro fratellino? Immagino che il Duca Guglielmo ignori la sua esistenza, ma come reagirà il suo cavaliere, scoprendo che Fulford ha un erede maschio? No, Emma, il tuo dovere è chiaro e non puoi evitarlo: devi tornare a casa e aspettare il marito che il Duca Guglielmo ha scelto per te.»
Emma era pallidissima, la bocca ridotta a una linea sottile. «No.»
«Sì!»
«No!»
Cecily scosse la testa, turbata da quell’ostinazione: sua sorella era più interessata a evitare il matrimonio con un uomo del duca che a proteggere il fratellino appena nato. «Ti prego, pensa alla nostra gente e a Philip» la implorò. «Che possibilità avrà, quando la sua identità verrà scoperta? Una di noi dovrebbe stargli vicino, per proteggerlo ed evitare che gli accada qualcosa di male.»
Gli occhi di Emma erano del tutto privi di calore. «Risparmia il fiato per le preghiere» tagliò corto sprezzante. «Non mi sottometterò a un bretone di umili origini, le cui mani potrebbero essere sporche del sangue degli uomini della nostra famiglia. Non cambierei idea neanche se tutti i santi del paradiso mi pregassero insieme a te.»
«Neanche per il bene di Philip?» Cecily sospirò sgomenta. «Devi sposare quel cavaliere» insisté. «Se scappi, come minimo condanni Philip a passare per il figlio di Gudrun. E se le cose dovessero andare male...» Cecily lasciò che il silenzio si prolungasse, ma capì presto che le sue parole non sortivano un grande effetto sulla sorella. Abbassò lo sguardo sul mucchietto di cenere e spostò un ceppo annerito con lo stivale. «Pensa ai nostri genitori, Emma. La mamma sarebbe contenta, sapendo che suo figlio dovrà vivere come un servo? Inoltre, dove credi di scappare?» All’improvviso le venne in mente una nuova possibilità. «Hai un innamorato, vero? Qualcuno che...»
«Non essere ridicola» la interruppe Emma. «Dato che sei così ansiosa di proteggere nostro fratello, torna a Fulford e sposa il cavaliere del duca. In fondo anche tu sei sua sorella.»
Cecily rimase a bocca aperta: non poteva credere che Emma le avesse appena suggerito di lasciare il convento per sposare l’uomo a lei destinato. Eppure, se doveva essere sincera, alla sorpresa si mescolava una sottile eccitazione.
Che aspetto aveva il cavaliere bretone?
«No, no» mormorò, con le guance in fiamme. «Io non... io non potrei mai.»
Emma inarcò un sopracciglio e le rivolse un sorrisetto compiaciuto come se intuisse che in fondo l’idea di lasciare quella vita di privazioni e preghiere la tentava.
«Non posso» ripeté Cecily. «Non so niente degli uomini e dei loro modi. Da quando avevo dodici anni ho goduto solo della compagnia delle donne.» Mosse la mano in un gesto ampio, come ad abbracciare tutto il convento, e abbozzò un sorriso mesto. «So tutto delle preghiere, dei canti, del giardinaggio, delle cure agli ammalati e delle penitenze per i miei peccati, ma la vita al di fuori di queste mura per me è un mistero assoluto.»
Emma scrollò le spalle. «Non puoi essere del tutto ignorante: di sicuro ricordi qualcosa della vita a Fulford, prima di venire qui. Hai visto gli stalloni montare le giumente e...»
Con le guance in fiamme, Cecily si morse le labbra e scosse la testa. «Questo... cavaliere che il Duca Guglielmo ha scelto per te ha un nome?»
Emma aggrottò la fronte. «Sì, ma l’ho dimenticato. No, aspetta, Si chiama Wymark, mi pare. Sir Adam Wymark. Te lo lascio volentieri, Cecily. Io proprio non lo voglio.»
2
Appena furono usciti dalla foresta, Sir Adam Wymark tirò le redini di Fiamma, il suo cavallo da guerra sauro. Erano vicini al convento di St. Anne, dedusse scorgendo la croce in cima alla torre dell’unico edificio di pietra dei dintorni. Da qualche parte si sentì cantare un gallo.
Adam si gettò il mantello azzurro oltre la spalla e fece cenno di fermarsi alla dozzina di uomini a cavallo che lo seguivano. Fiamma sbuffò e i finimenti tintinnarono. «Direi che ci siamo» disse Adam al suo amico Sir Richard Asculf.
Richard annuì e i due uomini si guardarono intorno attenti, per valutare la possibilità di un attacco. Erano armati, ma come odiati invasori non potevano mai abbassare la guardia, anche quando non si vedeva in giro nessuno.
Nel gruppo solo Richard e Adam, i due cavalieri, indossavano una cotta di maglia sotto il mantello; per tutti gli altri un capo del genere era troppo costoso. Se Adam fosse stato un ricco signore, lo avrebbe fornito alle sue truppe, ma non poteva permetterselo. Aveva comunque cercato di equipaggiare al meglio i suoi uomini: ognuno di loro portava sotto il mantello una tunica di cuoio imbottita ed era dotato di un elmo conico fornito di paranaso, di una buona spada e di un lungo scudo a forma di foglia.
Il convento era circondato da una palizzata di legno e sorgeva in un’ansa del fiume, in quel periodo gonfio e torbido. Poco lontano si scorgeva un piccolo villaggio di umili casette di legno. Adam si chiese se fosse sorto prima il convento o il villaggio e alla fine optò per il convento: con ogni probabilità era pieno di fanciulle e donne nobili rinchiuse là dalle famiglie. Il villaggio era spuntato in un secondo tempo, per fornire servi alle suore.
Da quel che poteva vedere, il tetto delle misere abitazioni era fatto di tegole di legno; tra le case dei polli ossuti becchettavano nel fango e un maiale grugniva in un recinto. Un cane uscì da una casetta, li vide e si mise ad abbaiare. A parte gli animali, quel luogo sembrava deserto, ma Adam non si lasciò ingannare: gli abitanti li stavano certo osservando di nascosto. Al loro posto avrebbe fatto lo stesso.
Aveva smesso di piovere circa mezz’ora prima, mentre attraversavano la foresta; il cielo era coperto e il vento freddo mordeva le guance e le labbra.
Erano queste le uniche parti del suo viso esposte agli elementi: i capelli scuri erano coperti dall’elmo e il paranaso nascondeva i lineamenti. Sotto la cotta di maglia portava il gambeson, una giubba imbottita, e una camicia di lino. Guanti e stivali erano di pelle e le brache di lana erano sostenute da lacci incrociati azzurri. Quel giorno, con grande disapprovazione di Richard, Adam aveva scelto una cotta di maglia corta che lasciava le gambe indifese, mentre Richard, da bravo normanno, era diffidente e non aveva voluto rinunciare all’usbergo.
La strada fangosa era attraversata da solchi profondi, come un campo appena arato.
«C’è stato parecchio movimento da queste parti» osservò Adam. Aggrottò la fronte e
