A prima vista, sarebbe un po’ come chiedere a una nota cantina vinicola situata tra le colline del Chianti di progettare un mondo per persone astemie. Improponibile e contrario alla mission aziendale. Eppure, se trasferiamo il paradosso in una industry come quella dell'auto, vediamo come in questi ultimi anni tanti tra i grandi gruppi dell'automotive mondiale si stanno cimentando in una sfida intellettuale, prima ancora che industriale, ricca di fascino: come immaginare città non più auto-centriche, come quelle che il mondo ha ereditato dalla cultura novecentesca, e nelle quali il concetto di mobilità vada oltre i paradigmi consolidati. Si tratta di una grande sfida dal punto di vista della progettazione, urbanistica e tecnologica, della città e del concetto di città sostenibile, in primis per le persone che la abitano. E si tratta a maggior ragione di una sfida stupefacente se ad applicarsi a questo rompicapo sono aziende che fino a oggi, e attraverso una lunga storia di successo industriale, hanno fatto business producendo auto e scommettendo sul fatto che ogni essere umano avesse nel box o sotto casa un mezzo personale dotato di 4 ruote e tubo di scappamento. Tra le diverse iniziative in campo, le due più avanzate vengono dal Far East.
Una risposta visionaria, ma basata su dati ed elementi concreti di fattibilità, è il modello di smart city che Hyundai Motor Group ha presentato lo