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Anonima Agricola, Borgo La Mistica, La Magdeleine, Frontignano Art Walks, La Scala Agire nel paesaggio, come il paesaggio / Acting in the landscape, like the landscape

econdo i più recenti studi sul cervello, nella formazione cognitiva e percettiva dell'essere umano il paesaggio sarebbe l'ultima cosa a essere riconosciuta e messa a fuoco con chiarezza. Se un volto a breve distanza può essere percepito da un neonato fin dalle prime settimane di vita, e una figura semplice come un disegno o un interno domestico nei primi mesi, per arrivare a comprendere pienamente un paesaggio occorrerebbe aspettare addirittura diversi anni di vita. Così come avviene per la vista dei bambini, anche per le società complesse la definizione di paesaggio arriva con il tempo e con una certa consapevolezza di sé. Affinché una società possa essere considerata ‘paesaggistica’ deve interessarsi alla rappresentazione del suo paesaggio attraverso diversi media. Tuttavia, nella seconda metà del Novecento, piano piano, la nozione ha iniziato a prendere corpo nella nostra cultura in modo sempre più strutturato e i paesaggi si sono moltiplicati, accendendo – proprio attraverso le rappresentazioni di scrittori, fotografi, registi e, non ultimi, anche di architetti – luoghi invisibili fino ad allora, come le aree industriali, le periferie urbane e la campagna produttiva. Una volta che il paesaggio è ‘visto’, allora può iniziare a conformare la realtà: può, per esempio, promuoverne lo sviluppo, oppure viceversa stabilizzarne la figura, opponendosi in un certo senso alla sua evoluzione. Se inquadrato da un'immagine selezionata, il paesaggio si riduce a icona, mentre fuori dalla cornice della cartolina, i territori continuano a subire trasformazioni, anche molto violente. Così, nascosta per decenni dietro alla propria rappresentazione, la campagna italiana si è trasformata in silenzio, assorbendo i cambiamenti socioeconomici, culturali ed ecologici, lasciando che fosse soltanto la città a parlarne. Oggi, guardando ai territori rurali e periurbani cresciuti ai margini dell' (dal libro di Vincenzo Trione, Bompiani 2014) scopriamo un nuovo contesto che, come un ritratto di Dorian Gray ritrovato in soffitta, ci restituisce un'immagine accelerata di ciò che abbiamo rimosso. Per contro, la città è, da sempre,, nel senso della costruzione di nuove figure, sia come , ovvero come dispositivo in grado di incorporare nuovi e negoziare le istanze sociali, economiche e ambientali emergenti. I progetti raccolti in queste pagine non sono che alcuni esempi di questo approccio, che riesce a condensare in interventi di piccola scala, sostenibili sia dal punto di vista volumetrico sia economico, una grande intensità di pensiero e di azione, in grado di promuovere nuovi processi e nuove relazioni a una scala translocale. Non a caso si tratta di progetti rivolti al paesaggio e, spesso, alla trasformazione di una preesistenza, che tendono a considerare come contesto di riferimento un ampio spettro di elementi del mondo reale, da figure molto specifiche della tradizione locale, a dati riguardanti le condizioni fisiche e ambientali, fino a note tecniche dei materiali o della normativa. Inoltre, consapevoli di inserirsi come elemento ulteriore all'interno di una catena di processi già largamente attivi, i progettisti prestano particolare attenzione all'analisi – quasi etnografica – dei comportamentali che li attraversano, non solo quelli degli esseri umani, ma spesso anche quelli delle altre specie, vegetali e animali, che li abitano.

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