Others’ houses
For the writer, more than luxury hotels, modest pensions have always been surrogate houses. Like the small hotel in the Vicenza hills, where, on the occasion of a local literary festival, he began occupying Room 8 for years, in stays of one week at a time
Stanza numero otto
Per molti anni la casa, quella in cui sono cresciuto, è stata per me il posto in cui più mi sentivo esposto ai pericoli. Non saprei dire quanto ne fossi consapevole allora, ma è un fatto che difficilmente mi toglievo le scarpe, pronto alla fuga. Se una tensione fosse degenerata, in un attimo sarei stato fuori di casa. Per questa ragione, gli alberghi sono stati a lungo il luogo in cui più mi sentivo al sicuro. Il fatto che ci fosse un filtro in ingresso, qualcuno che sorvegliava le chiavi, che smistava le telefonate, era sufficiente per farmi dormire tranquillo. Sapevo che oltrepassata la , infilate le scale, entravo in un’ambasciata di pace. Per questo, più che gli hotel di lusso ho sempre amato le pensioni modeste o i piccoli alberghi di provincia. L’architettura semplificata degli edifici – più spesso firmati dai geometri che dagli architetti – e persino l’arredamento di un anonimo un po’ casalingo, di recupero, mi sono di grande conforto. Non si può vivere senza casa, ne va della salute di anima e corpo. Le pensioni e i piccoli alberghi ne sono sempre stati,