In giorni dove l’economia si vuole ormai teologia “e tutto confonde nella grevità che veste il creato e l’uomo di un utile inutile”, ha scritto un libro impossibile dove evoca la città dell’evangelista Giovanni.
L’ultima del tempo, in cui però il tempo e lo spazio si sovvertono in quell’Apocalisse che tanto sinistramente pare l’attuale, piagato dal virus e dalla sovversione di tutti i valori. Rovesciamento contrario a quello che Alvi insegue da sempre, illuminando chi ha avuto la pazienza di leggerlo e i fortunati che lo hanno incontrato, mentre innesta le piante da frutto nell’entroterra marchigiano, al mattino presto, dopo aver letto la Frankfurter Allgemeine Zeitung. Anconetano con uso di mondo, a suo agio nei rumorosi club della finanza d’oltreoceano come nel silenzio della preghiera sufi,