Cultura
Culture
The return of the environment
Il decreto del 3 novembre 2020 torna a imporre, su tutto il territorio nazionale, la chiusura (temporanea) degli spazi della cultura. Si tratta dell’ennesimo atto, durante l’emergenza Covid-19, che ribadisce una distinzione tra spazio interno ed esterno: problematico il primo, salvifico (o almeno più sicuro) il secondo.
Nulla di nuovo all’orizzonte rispetto a quanto avvenne nelle epidemie raccontate dalla storia, durante le quali l’isolamento in campagna era l’alternativa alla condivisione dello spazio in città. Così, il grande interno dei musei – come quello delle case, delle metropolitane, dei treni o degli aerei – vissuto ‘naturalmente’ fino a un anno fa, ora è minato dalla sua stessa condizione spaziale: da luogo di conservazione e fruizione ottimale, il ‘dentro’ è diventato inaccessibile e dunque sistema di reclusione e di esclusione. Segnali di un ritorno all’ambiente in ambito artistico c’erano già stati prima che la pandemia fosse una realtà condizionante: basta pensare ai monumentali interventi di William Kentridge a Roma e di Christo sul Lago d’Iseo. Nel 2016 l’artista sudafricano disegna, sottraendo parti del nero smog ancorato alle mura del Tevere, un’imponente processione intitolata 1005 settembre 2016); nello stesso anno, una folla di visitatori – grazie a di Christo – “cammina sulle acque”. I due lavori ambientali, certo unici e definiti da un singolo autore, mettevano in luce
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