Nell'era del Covid-19
In the age of Covid-19
Cities are getting greener with the advance of architectural biotechnologies. Political ecology is the alternative to the politics of identity and populism
Il Covid-19 è una catastrofe planetaria e un’enorme preoccupazione per tutti noi, ma la sua comparsa segna anche l'alba di una nuova era. Se gli effetti combinati degli attacchi dell'11 settembre 2001 e della crisi finanziaria mondiale del 2007 avevano già intaccato in modo irreparabile l'integrità del Neoliberismo, il Covid-19 – il volto più brutale del cambiamento climatico e del degrado ambientale – segna l'inizio di un regime completamente diverso.
La pandemia ha confermato i profondi effetti delle popolazioni non umane – dei virus, in questo caso – sulla progettazione e sul funzionamento delle città, oltre che l’enorme rilevanza delle risoluzioni scientifiche sull'architettura e l'urbanistica. Il distanziamento sociale, il confinamento, la fisica dei COV (composti organici volatili) trasportati dall'aria e altre biopolitiche crudeli suggeriscono ciò che sospettavamo da tempo, ossia che le 'culture' architettoniche e urbane sono un'irrilevante efflorescenza delle vere forze dell'evoluzione urbana e architettonica.
Sotto questa luce, l'era della post-verità con le sue conseguenze politiche, il populismo e le politiche identitarie potrebbero rappresentare l’ultimo rantolo del Postmodernismo. L’emergere del conflitto tra gli imperativi ecologici e la giustizia sociale, illustrato per esempio dalla lotta dei gilets jaunes contro le tasse ambientali per difendere il fondamentale diritto di guidare un mezzo con motore a combustione interna, è un vivido esempio di questi confronti. Rispetto ai futili tentativi da parte di alcuni architetti contemporanei di promuovere un revival disciplinare – basati principalmente su artificiose discussioni sullo stile e sul linguaggio – e alla pretesa demagogica dei costruttivisti
You’re reading a preview, subscribe to read more.
Start your free 30 days