Oltre il Regionalismo critico
Beyond critical regionalism
Fornire “una risposta al luogo in cui viviamo, ai nostri luoghi, alle nostre situazioni economiche e sociali” e “tradurre in modo contemporaneo le tradizioni e i materiali dei siti in cui operiamo, non attraverso forme alla moda o effetti speciali, ma con il silenzio, lo spazio, l’esperienza del vuoto”. Mauricio Rocha e Gabriela Carrillo esprimono un sentire che anche molti altri architetti hanno manifestato recentemente, in particolare nelle economie emergenti. Quasi un secolo dopo l’avvento del Modernismo e dello Stile internazionale, la rapida urbanizzazione, la globalizzazione e le sfide ambientali stanno costringendo molti di noi a fare il punto e a interrogarsi ancora una volta riguardo al posto dell’architettura nel mondo e nella società, e alla sua responsabilità nei confronti dell’ambiente.
Si può sostenere che il XX secolo abbia portato con sé straordinari miglioramenti grazie alla standardizzazione, alle tecniche di costruzione meno intensive e alla libera espressione di materiali come il cemento e l’acciaio, che hanno consentito di produrre nuove forme e organizzazioni spaziali. Ne è derivata una libertà inebriante, che ha permesso agli architetti di sperimentare senza impedimenti con forme e materiali. Questi segni del progresso non destavano ammirazione solo nei luoghi da cui provenivano, ma erano anche facili da esportare. E oggi, mentre le città di tutto il mondo
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