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Geoffrey Bawa Architettura e serendipità / Architecture and serendipity

Sono trascorsi 24 anni dal catastrofico infarto di cui fu vittima Geoffrey Bawa e 19 dalla sua morte, nel 2003. Tuttavia, le sue idee continuano ad avere risonanza nello Sri Lanka e in tutta l’Asia. Bawa nacque in una famiglia di etnia mista nel 1919, in quella che era all’epoca la colonia della corona britannica di Ceylon. Suo padre, avvocato di successo, era parte inglese e parte singalese musulmano, mentre sua madre era una Burgher olandese, di origini tedesche e singalesi. Crebbe tra i viali alberati di Colombo negli ultimi anni dell’Impero britannico e studiò letteratura inglese a Cambridge e giurisprudenza nella Londra del tempo di guerra. Dopo anni di viaggi, laureato in legge e dilettante senza meta, ritornò alla natia Ceylon nel 1948, proprio quando l’isola celebrava la sua indipendenza. Fu allora, dopo una serie di accadimenti casuali, in una sorta di serendipità ,che si volse alla carriera di architetto. Negli ultimi quattro decenni del XX secolo divenne il più fecondo e significativo progettista dello Sri Lanka indipendente, dando vita a possenti prototipi di nuove categorie di edifici, tra cui case d’abitazione, uffici, fabbriche, scuole e complessi turistici. Subito dopo il suo ritorno, acquistò Lunuganga, una piantagione di gomma abbandonata situata su un promontorio di una laguna costiera, e cominciò a creare una versione tropicale del giardino all’inglese. Il progetto del giardino lo appassionò, ma rivelò la sua carenza di nozioni tecniche tanto che, nel 1965, Bawa si iscrisse all’Architectural Association (AA) di Londra. Dopo avere convinto l’allora direttore Michael Pattrick a fargli adottare un curriculum triennale tagliato sulle sue esigenze, trascorse l’ultimo anno a Roma e scrisse una tesi sull’architetto barocco tedesco Balthasar Neumann. Dopo la laurea nel 1957, a 38 anni, ritornò a Colombodecorati, ed eliminavano i tetti a spioventi. Bawa, però, capì presto che il Modernismo Tropicale, trascurando la cultura e il contesto, non avrebbe potuto adeguarsi al caldo umido di Ceylon. Ispirandosi all’opera pionieristica della compatriota Minnette de Silva, iniziò a sperimentare l’uso di forme tradizionali (verande, cortili e tetti aggettanti) e materiali tradizionali (piastrelle di terracotta, pietra e legno). Nei primi anni Sessanta, si volse al Modernismo Regionale che sarebbe diventato il suo tratto distintivo. Questa svolta si può osservare nella Casa Ena de Silva (1960-1962) con la sua gerarchia di corti concepita alla maniera delle case nobiliari di Kandy, e nella cappella di Bandarawela (1961-1964), realizzata con materiali reperiti nelle vicinanze. Bawa affrontò la ricerca di una nuova e autentica architettura che analizzasse i bisogni e le potenzialità del presente facendo tesoro del passato. Sosteneva che per trovare ispirazione si dovesse prendere in considerazione l’intera storia: “Dal Vignola al Bauhaus”. Era un’architettura del luogo che rispondeva al sito e interrogava la cultura. Cercò d’instaurare un dialogo tra edificio e paesaggio, accostando gli edifici in modo da creare degli spazi esterni. La sua formazione legale lo rendeva scettico nei riguardi della vuota teoria. Per lui, “un edificio era un edificio era un edificio” e l’architettura non si poteva “leggere sui libri”, andava vissuta. Era consapevole del fatto che gli effetti della cattiva architettura si avvertissero più acutamente: i cattivi edifici potevano creare la miseria. La sua era un’architettura del piacere: traeva sommo godimento dal realizzare edifici e ancora più dalla consapevolezza che questi davano gioia a chi li viveva. A inizio carriera, costruì case per la nuova borghesia che stava affermandosi a Colombo, affrontando il problema di come creare condizioni di benessere e costruire in modo sostenibile sui lotti sempre più ristretti di una città tropicale, ma la sua lunga carriera si chiuse in una sorprendente serendipità. Nel 1963, realizzò un bungalow per il direttore di una remota piantagione di noci di cocco a Chilaw. Rifiutando il sito piatto che gli era stato proposto, lo convinse a optare per uno sperone di grandi massi affioranti dal terreno, allestendo, lì per lì, un modello a scala reale con pali e corde. La casa era circondata da un’alta muro di detriti per tenere lontani gli animali e il suo spazio principale era costituito da un grande tetto a ombrello tra due massi. L’abitazione era ridotta agli elementi fondamentali: tetto e suolo. Trentacinque anni dopo, ideò una residenza per le vacanze sulle colline rosse che sovrastano la baia di Weligama, sulla costa meridionale dello Sri Lanka. Ancora una volta, era una “casa a tetto” di eleganza e semplicità miesiane. Bawa continuò costruendo una serie di suggestivi alberghi in risposta alla fiorente industria turistica. Contrapponendosi alla terra di nessuno delle catene internazionali, i suoi hotel offrivano un’esperienza viva. Il Bentota Beach Hotel (1969) fu concepito come un monastero, con le camere raggruppate intorno a una corte centrale, fondendo l’idea di La Tourette di Le Corbusier con la memoria dei palazzi del Kerala. Lì vicino, l’economico Serendib Hotel (1970) fu un esercizio sul tema della tradizionale residenza turistica, con l’uso di una gamma locale di materiali e di forme. Il suo progetto per la nuova sede del parlamento nazionale a Kotte (1979-1982) riecheggiava i monasteri di Anuradhapura grazie alla creazione di un gruppo asimmetrico di padiglioni coperti su un’isola in mezzo a un lago artificiale, mentre il suo piano regolatore per la sede dell’università di Ruhunu (1980-1988) era concepito come una scacchiera di semplici edifici e corti con giardino che si estendeva su due colline, rispettando la topografia, la vegetazione e la veduta. Per tutta la carriera, Bawa continuò a modificare il suo giardino di Lunuganga, usandolo, insieme alla sua casa di Colombo, come un laboratorio di esperimenti architettonici, aggiungendo continue sorprese. Alla sua morte, rimase un lavoro in corso, ma era ormai riconosciuto come uno dei più importanti giardini asiatici del XX secolo. La casa di città fu elaborata negli anni Sessanta a partire da una schiera di casette, con la costituzione di un complesso labirinto di passaggi, verande e corti sovrastate da un palazzo di quattro piani alla Le Corbusier. A fine anni Ottanta, sfiancato dai grandi progetti del decennio precedente, chiuse il suo studio e aprì un piccolo laboratorio nella sua casa di Colombo, con un gruppetto di giovani assistenti. Nei tre anni seguenti, realizzò progetti fantasiosi destinati a tutta l’Asia che, pur realizzati, furono ampiamente pubblicati. Tra questi, quello di una serra a piramide nell’orto botanico di Singapore (1988). A 70 anni, e con la salute declinante, intraprese una serie di progetti profondamente originali, tra cui l’austero Kandalama Hotel (1991-1994) arrampicato su un crinale sopra una vecchia diga, con le facciate e i tetti coperti di vegetazione; e il rustico Lighthouse Hotel (1995-1997), sulla costa rocciosa a nord di Galle. La sua opera ebbe ampio riconoscimento: nel 2001 ricevette il Lifetime’s Achievement Award dall’Aga Khan, nel 2002 fu pubblicata un’esauriente monografia2 e, nel 2004, il Deutsches Architekturmuseum di Francoforte allestì un’importante retrospettiva. Queste iniziative contribuirono a consolidarne la reputazione sulla scena mondiale come esponente di primo piano di un’architettura regionalista moderna fondata sul luogo. Nei decenni dopo la sua morte, molti suoi edifici sono stati demoliti o alterati fino a diventare irriconoscibili. Per triste ironia, nonostante si renda omaggio al suo nome, le sue architetture sono spesso ignorate e trascurate anche da chi si professa suo ammiratore.

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