Ripartire dalla madre Terra/ Starting again from Mother Earth
With efficient pragmatism, these women artist-activists use their work to invoke a new balance between humans and nature, driving change that starts from daily life
“C’è un mondo vecchio, fondato sullo sfruttamento della natura madre, sul disordine della natura umana, sulla certezza che di sacro non vi sia nulla. Io rispondo che tutto è divino e intoccabile e più sacri di ogni cosa sono le sorgenti, le nubi, i boschi e i loro piccoli abitanti. E l’uomo non può trasformare questo splendore in scatolame e merce, ma deve vivere ed essere felice con altri sistemi, d’intelligenza e di pace, accanto a queste forze celesti”. Intellettuale eretica e magnifica, sempre tenuta ai margini del sistema letterario, Anna Maria Ortese (1914-1998) scriveva queste parole ancora perfette in Corpo Celeste nel 1980, quando il cambiamento climatico non era certo un’emergenza e le preoccupazioni ambientali erano ancora di pochi. Tra questa minoranza, artisti come Agnes Denes, nata in Ungheria nel 1931, cresciuta in Svezia e naturalizzata americana. Dopo la performance del 1968 Rice/Tree/Burial, considerata uno dei primi interventi site specific di natura ecologista, nel 1982 realizza il suo capolavoro, Wheatfield. A Confrontation, con un’azione che si fa immagine indimenticabile per denunciare lo sfruttamento intensivo della terra e invoca nuovi equilibri tra uomo e natura. Un terreno di due acri a sud di Manhattan risparmiato dall’avanzata immobiliare (che poi diventerà la prestigiosa aerea residenziale di Battery Park) viene trasformato dal lavoro dell’artista e di alcuni volontari in un campo di grano, che verrà coltivato fino alla mietitura, con le Torri gemelle sullo sfondo e Wall Street a due isolati. Ci restano fotografie surreali di quello che sembra un miraggio che ha preso magicamente corpo tra i grattacieli, e il sottinteso invito a uno sfruttamento meno predace dell’ambiente, in cui riverbera il precetto “vivere non significa consumare” che la Ortese
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