Il commissario Falò 3: Una detective story incandescente
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Book preview
Il commissario Falò 3 - Stefano Falotico
Indice
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
XVIII
XIX
TITOLO | Il commissario Falò 3: Una detective story incandescente
AUTORE | Stefano Falotico
ISBN | 9791222731179
Prima edizione digitale: 2024
© Tutti i diritti riservati all'Autore.
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Il commissario Falò 3
Le futili o illuminanti rimembranze lisergiche
e le cangevoli memorie poetiche
d’un RoboCop à la Blade Runner
di
Stefano Falotico
Copyright © 2024 Stefano Falotico
Immagine di copertina by Nicola Roversi
Orbene, ivi giunto, a metà della lunatica e misterica mia vita non sempre gaudente e idilliaca, radiosa e abbacinante, rifletto pensieroso, al calar del tramonto, languidamente roseo, su tal mia esistenza sovente mortifera e funerea. Forse immensamente ancor florida e vivifica oppur evanescente in modo sulfureo. In verità, sol deprimente, malinconicamente? Chissà. Ma non voglio affatto intristirmi e di conseguenza deprimervi, bensì subitaneamente entrar nel vivo di tal libro investigativo e indagatorio, esistenziale in modo abissale e perentorio. Esplorante le zone apparentemente più imperscrutabili dei miei meandrici, mentali abissi e anfratti mnemonici, perfino a me ignoti e ritornatimi alla memoria in maniera imponderabilmente rivelatoria. Son contraddittorio? Forse, ma andiamo oltre e avanti, tornando financo indietro nel tempo, meditandovi potentemente fra lo squittire delle mie emozioni soppressemi e riemersemi estaticamente o forse sol magicamente e in forma melanconica resuscitate in gloria arcana delle più psicologicamente divinatorie.
Cosicché, tuffandomi mnemonicamente nella voragine fatiscente della mia umana miseria o forse mentalmente dislocandomi, estemporaneamente e fuori dal tempo, perfino quello mio dimenticato, elucubrato, chissà se appieno vissuto, nella reminiscente dimora del mio esistenzialismo perpetuo, avvinghiato placidamente dalla fatale brama vigorosa d’una rinascenza marmorea e coccolatovi morbidamente in modo miracoloso, forse soltanto avvinto ferinamente dalla morsa ferale dei miei ricordi più emotivamente riscoccati in forma tonitruante, toccanti o, di contraltare, lancinanti, rammemoro romanticamente quel che fui e che chissà mai se un giorno pienamente sarò di nuovo e davvero in modo inscalfibile, duramente eterno e imperituro.
Diramandovi e a voi donando ivi un’allegorica peripezia di natura personalmente introspettiva da privato investigatore financo riguardante il mio avvenire venturo o immediato. Forse sarà sol un’avventura avveniristica posizionata al centro di nevralgiche, rinascimentali e fulgide ricordanze scaturitemi da strambe combinazioni mentali mie meandriche, ripeto, emotivamente labirintiche, esplosive, roboanti, glaciali, calde o freddamente robotiche, forse carezzevolmente falotiche, paragonabili a quelle appartenenti a un gelido androide insensibile oppure troppo senziente, un’avventura corroborata di tante suggestioni bislacche, perfino psicologiche, ripiena, a sua volta e a mo’ di matrioska, d’altre peripezie intersecate, strambe e pindariche, forse sol umane in maniera turbinosamente risorgente delle più vertiginosamente apoteotiche e furenti. Oso dire incandescenti e conturbanti.
Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea
tornare ancor per uso a contemplarvi
sul paterno giardino scintillanti,
e ragionar con voi dalle finestre
di questo albergo ove abitai fanciullo,
e delle gioie mie vidi la fine.
Quante immagini un tempo, e quante fole
creommi nel pensier l’aspetto vostro
e delle luci a voi compagne! allora
che, tacito, seduto in verde zolla,
delle sere io solea passar gran parte
mirando il cielo, ed ascoltando il canto
della rana rimota alla campagna!
E la lucciola errava appo le siepi
e in su l’aiuole, susurrando al vento
i viali odorati, ed i cipressi
lá nella selva; e sotto al patrio tetto
sonavan voci alterne, e le tranquille
opre de’ servi. E che pensieri immensi,
che dolci sogni mi spirò la vista
di quel lontano mar, quei monti azzurri,
che di qua scopro, e che varcare un giorno
io mi pensava, arcani mondi, arcana
felicità fingendo al viver mio!
ignaro del mio fato, e quante volte
questa mia vita dolorosa e nuda
volentier con la morte avrei cangiato...
(Giacomo Leopardi, Canti – XXII, Le ricordanze)
1. L’inizio d’un viaggio mnemonico e falotico che, discendendo e inabissandosi nella mia personale memoria sin alle origini primordiali forse del paese natio dei miei genitori, da uomo rinato, cristologico e originario, forsanche originale, figlio d’un paesello rustico e analogo a Betlemme, riscoprirà i miei natali, non so se celestiali, forse bestiali e poco culturali
Mentre ivi sto vergando tal scritto, è la sera, assai tarda e torrida, con trenta gradi all’ombra, del dì 20 luglio del 2023, giorno oramai prossimo a concludersi col suo caduco sole ampiamente tramontato, in ogni senso declinante e ascendente alla giornata a venire, e son appena scoccate e rintoccate le ore 23 e 18 precise. Dunque, fra poco più di tre quarti d’ora scarsi, sì, poco abbondanti, e scusatemi se spesso v’apparirò ridondante, la mezzanotte scoccherà per l’appunto, non so se di plenilunio, appieno, totalmente svelandosi, anzi, diluendosi morbida col sole che, dapprima scurendosi nella cupa notte inoltrata del giorno imminente e già alle porte, sfilerà via fra le stelle brillanti sempre più luminose. Fulgenti or risaltano, lassù, tal luccicanti stelle che svaniranno nel tenue dischiudersi dell’alba col suo ombroso crepuscolo cangevole. Mentre io, avvolto or ora da tal insopportabile clima non piovoso, bensì semplicemente molto umido e fastidioso, immutabilmente, scuramente, no, sicuramente spero di tutto calore, no, cuore ancora atmosfericamente focoso, che, dissoltosi che sarà il manto stellato fulgido, m’aprirò radioso ai nuovi raggi squillanti e dardeggianti dell’imperterrito futuro del domani incerto ed esistenzialmente barcollante, no, ancora lucente e magnificente.
In tal serata scevra da ogni rinfrescante temporale, voglio, spazio-temporalmente, compiere un viaggio a ritroso nella tempesta emozionale e nel tempo mio ancestrale, inconsciamente, giocoforza naturalmente soppressomi e rimosso, al fin di risalire alle origini delle mie prime albe infantili.
Posizionandomi quindi subito dopo i primi respiri, no, più in là e collocandomi durante la mia acerba adolescenza inquieta, forse persino inquietante, ovverosia desidero or agir io mentalmente per rigettarmi, psicologicamente e in forma introspettiva, all’interno dei ricordi, oso dire di licenza poetica, più primigeni e natalizi, no, solamente, saltatimi alla mente, alla rinfusa o forse in maniera confusa o convulsa, di un certo frangente mio vitale, giustappunto, adolescenziale...
Infanzia, no, adolescenza lontana e, probabilmente, malgrado ogni mio possibile sforzo a riguardo, metaforicamente indagatorio, non addiverrò a nessuna reale, obiettiva rammemorazione oggettiva della mia esistenza vissuta a quei tempi apparsimi adesso indistinti e, così come d’altronde per tutti avviene, inevitabilmente da me in soggettiva solamente percepita e figurativamente vista, contemporaneamente, prestissimamente dimenticata ma non certamente sparita.
Poiché noi tutti, innegabilmente e umanamente in forma incontrovertibile e soggettiva, no, in tal caso oggettiva, vedemmo, vediamo e vedremo, percepiremo la vita, soprattutto la nostra, in maniera indivisibile dal nostro stesso averla vissuta anche quando non potemmo esserne consci completamente. Il nostro vissuto, crescendo negli anni, ovviamente dimentichiamo involontariamente, lentamente, poco scientemente oscuriamo, pian piano appanniamo e forse del tutto obliamo, financo cancelliamo o soltanto celiamo. Però esso esiste e va recuperato.
Tal passato, però, ripeto e aggiungo, scelleratamente e ignobilmente rimuoviamo malamente, ma non dobbiamo esserne macellati, no, far i malcelati. Ah, che dico mai? Comunque sia, il mio passato, seppur affievolito o apparentemente estinto, bramo invece che brillantemente respiri e riviva, alla coscienza mi parli e non più silentemente si taccia, bruciato dalla dimenticanza più nera e mortifera. Con fine indagine psicologica, perfino dolorosa, posso infatti ancor sentirlo