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Il rinascimento risorgimentale di un uomo funereo, spettrale e crepuscolare o languidamente NEO-romantic!
Il rinascimento risorgimentale di un uomo funereo, spettrale e crepuscolare o languidamente NEO-romantic!
Il rinascimento risorgimentale di un uomo funereo, spettrale e crepuscolare o languidamente NEO-romantic!
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Il rinascimento risorgimentale di un uomo funereo, spettrale e crepuscolare o languidamente NEO-romantic!

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Riflettendo sull'evanescenza mia ectoplasmatica e in merito alla vaghezza intangibile del tempo ferocemente sfuggitomi melanconicamente di mano, la mia anima, dapprima intirizzita e strozzatasi nel disincanto più arido e scevro d'amore adamantino e vividamente nitido, furentemente ruggisce or irosa e in forma vanitosamente lottatrice dopo tanto superfluo poltrire e idiotamente languire nell'opalescenza della tetraggine mia che fu dolosa, nera e lacrimosa. Dopo tante mie acrimonie e sciocche ipocondrie dolorose, dopo un interminabile travaglio emotivo dei più costernanti e morbosi, non più mi rattristo né nel silenzio misero, tantomeno, mi rintano e rannicchio. Sfoderando invece gli innati, pungenti e pugnaci artigli del mio cuore resuscitato, riertosi e issato in riacuitesi gioie coraggiose e radiose che smarrii nella pavidità della mia vita immalinconitasi in decadenti notti lugubri e fatiscenti, tristemente giammai festose ed euforiche.

Questo libro incarna e vivifica la metafisica, mesmerica, meandrica, onirica cristallizzazione pindarica, funambolica e labirintica d'una storia ricolma di rimembranze potenti la cui scaturigine è illuminatamente, illimitatamente misterica e soavemente ancestrale, è il resoconto veritiero, la radiografia profonda, iraconda e perfino invereconda, la corposa e rabbiosa cronistoria, al contempo romantica e purissima, della mia miracolosa rinascenza ingeneratasi in maniera sfolgorante e magica, ripartorendomi immantinente nel mondo al di là del tempo perso, d'ogni cupezza da me vissuta e, in modo lancinante, sofferta e sfogatasi nel pianto miserrimo. È il fervido, atroce, impietoso e avventuroso ricordo esistenziale del mio funereo patimento esiziale, rigeneratosi e mutato, spero perpetuamente, nell'ignifugo e inestinguibile fuoco ardente della beltà sempiterna, risplendente d'anima mia deflagrata in modo temerariamente lucente e giammai estintasi.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 24, 2022
ISBN9791220398848
Il rinascimento risorgimentale di un uomo funereo, spettrale e crepuscolare o languidamente NEO-romantic!

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    Il rinascimento risorgimentale di un uomo funereo, spettrale e crepuscolare o languidamente NEO-romantic! - Stefano Falotico

    1. Mi perdoni, padre, perché ho peccato

    Mi sento sfinito, nell’anima svilito, oserei dire lapidato da me stesso perché mi par d’aver la mia intera esistenza dilapidato e immensamente, scelleratamente scialacquato in modo disumano, irriguardoso del mio decoro, dunque nei riguardi di me stesso son stato screanzato, oserei dire maleducato.

    Sarò da questa colpa assolto e perdonato?

    Perdonatemi or, voi, se v’apparirò noioso e oltremodo ripetitivo e barboso.

    Peccai a più non posso, non fui diligente, trasgredendo le morali che credetti, con tutta probabilità, in modo tragicamente erroneo, d’essermi severamente imposto, con impietosa punizione al mio cuore inflittami in modo assurdamente ferino e potente, perpetrata al mio io trafitto da troppe precoci responsabilità datemi, sì, da me stesso pazzescamente assegnatemi, assediato come fui permanentemente da dubbi perniciosi dei più onerosi e afflittivi, al fine di scegliere e poter vagliare oculatamente la via maestra e quindi condurre una vita proba, esente da tutti i peccati di tal vile mondo infame e corruttore, oso dire esso stesso peccatore come io d’altronde lo fui e di ciò me ne spiaccio di tutto cuore. Ah, che dolore. Eppur oggi non ho rimpianti, sebbene patisca lacrimosamente il pietoso, forse solo oneroso, rimembrare il mio passato odioso, perfino ozioso e vilmente omertoso nei riguardi del mio cuore all’epoca mentitore, straziandomi nel morboso struggimento di chi, in questa vita da me stesso, penso, vigliaccamente tradita, fu in modo immane il primo colpevole dell’essersi auto-ingannato in maniera scandalosa.

    Ora, non so se, oltre ad auto-ingannarmi, pur m’angariai, di certo m’auto-ammantai, potrei dire, concedetemi tale licenza, non so se poetica o un po’ prosaica, di peccaminosità imperdonabile e non so dunque se le ferite del mio cuore, tempestato da mille e più sbagli e da funesti pensieri angosciosi, saranno mai rimarginate per intero e sanificate in modo puro con lieta armonia e fine amore. Io, emarginato addirittura da me stesso, respintomi nel mio specchio riflesso in cui ravvisai un ragazzo fratturato nel cuore mio, rapitosi chissà dove. Assai fesso, solamente depresso o nell’anima impaurito, demoralizzato e deflesso?

    Comunque, il mio cuore, non eclissatosi del tutto, è forse invece rinsavito e tornato intatto. Inoltre, mai come oggi, rincuoratosi e pulsante di lucentezza marmorea, pregno d’inesausto ardore inaudito, inestinguibile grida la sua perpetua dannazione, da anima, qual è, irrimediabilmente maudite. Forse però, in modo completo, non sono restaurato in maniera omogenea e armonica.

    Con estrema unzione, no, senz’alcuna presunzione, decisi stamane di non dolermi più del mio passato oramai accantonato, forse vissuto in maniera affannosa, afflittiva, penosa delle più costernanti e dolorose. Altresì, ho adesso deciso prontamente di redimermi a modo mio, recandomi in chiesa nelle prossime ore. Giacché a breve, no, da bravo, onestissimo peccatore, confesserò a qualcheduno, cioè a un prete di qualche parrocchia forse retta da un sacerdote di messe non del tutto pulitissime, oh, non voglio dire che siano semmai nere, orsù, non fraintendetemi e non pensate male, voi, che forse nascondete non pochi scheletri nell’armadio, celandoli dietro una facciata più sfasciata di quella della basilica di San Petronio, troneggiante a Piazza Maggiore, qui a Bologna... vedete?

    Mi sono perso, dicevo, ah, ho qui perso sol il filo di Arianna nel labirinto del Minotauro o il discorso mio farraginoso da irredimibile, recidivo peccatore, come poc’anzi dettovi, barboso e penoso, forse soltanto troppo pensoso?

    Ah, che strano uomo che sono, effettivamente, per niente caratterialmente poderoso, spesso troppo invece, nei riguardi della mia anima da me stesso ingiuriata, vilipesa e calpestata, ponderoso e in merito, ripeto, pensoso a più non posso su come raddrizzarla affinché, mai più lesa, risplenda sempiternamente armoniosa e baldanzosa.

    Avverto in me però, ciò è vero, dall’onta, anzi, onda spesso orrida, travolgente e sofferente dell’oscurità nefasta della mia vita passata, non so se nell’animo, diciamo, metaforicamente bypassata e nient’affatto dai miei ricordi cancellata, il bisogno urgente, l’impellenza turbinosamente atroce di riferirvi tutto senza pudori, perlomeno di confidare a qualcuno il dolore indigesto che dilania le viscere del cuore mio ancora incessantemente lacrimante i miei patimenti incessanti, prima di darmi da solo l’estrema unzione? Esternandogli la mia totale costernazione, per l’appunto confessandogli la mia vita da umile peccatore. Ah, quante ripetizioni... avvenute e avvicendatesi anche nella mia vita per l’appunto monotona. Inevitabilmente, debbo trovare un prete per sgravarmi da tutto ciò che opprimente m’angoscia infinitamente e duramente, confidandogli ciò che, per tempo immemorabile, anche alla mia anima tenni celato, sì, a sua volta oscurato vigliaccamente, liberandomi di tutto il mio scuro passato infausto.

    M’obnubilai e appannai, fui alla mercé peraltro dei giudizi facili e precipitosi della gente che attorno a me, durante quel mio periodo triste e funesto, gravitò in modo immondo e ovviamente indigesto.

    Mi chiusi nel silenzio più nero, a fatica parlai, soprattutto dentro il mio animo, rabbuiato e rattristato, per l’appunto, mi nascosi e, detta sinceramente, nitidamente non vi guardai a fondo, neppure obiettivamente. Avete qualcosa da obiettare, voi che pensate di essere sempre obiettivi?

    Non vi scrutai cioè con vera introspezione ma, ve lo ripeto, m’oscurai e nel buio più triste e atroce mi rapii, rattristantemente mi rattrappii. Quindi, vi chiedo venia se di tale colpa veniale fui, ribadisco, peccatore all’epoca insanabile.

    Ah, miserabile me, uomo poco pio o precocemente prodigo, no, prodigio? Ah, ma che dico?!

    Che Dio mi maledica! Se sopravvissi ai feritimi, peranco e peraltro vigenti, autoinflittimi patemi e stati d’animo rabbrividenti, non soltanto perpetratimi dalla malignità crudele della gente superficiale e cinica, fu grazie a un’innata, oserei dire portentosamente ancestrale, forza di volontà inesauribile, straordinaria e fenomenale. Resistendo con stoicismo altamente stimabile alle asperità della mia esistenza disastrata in virtù del mio essere un virtuoso dell’emotiva resilienza più positivamente sconsiderata, eh già, miei scellerati, eh già, povero me, misero stronzo che fui, sono ancora, mie povere merde che non siete altro.

    Il mio è un chiaro, preciso, nitidissimo atto d’accusa nettissimo, sì, un feroce j’accuse senza mezzi termini. È una requisitoria assai chiara.

    E io, come uomo, non son affatto esente dal peccato, ovviamente, né son un uomo terminato, infatti, che vi crediate o meno, la mia vita è appena ricominciata dopo essere stata, come dettovi, perfino da me stesso ripudiata e immondamente diseredata.

    Distrutta e destrutturata. In tutta onestà, a dirvi proprio precisamente la verità, senza nasconderla a me stesso e a voi, i quali spesso mi foste calunniatori e vi comportaste, conseguentemente, da nefandi malfattori miserrimi, mi disoccupai totalmente del voler approfonditamente indagare all’interno del mio inferno interiore, non esplorando coscienziosamente e introspettivamente, cioè con oculatezza cognitivamente fervida di schiettezza, gli anfratti spettrali della bruciante, addolorante voragine inusitata della mia anima invece da me riscoperta or in modo miracoloso, rischiaratasi ivi lucentemente in tali giorni lieti di mia risorta rinascenza euforica e sfolgorante delle più amabili e radiose.

    Fu grazie alla mia fantasia sterminata, per cui sopperii a ogni mia psicologica carenza e penuria affettiva, una fantasia che in me partorì a sua volta perfino fantasie malate, punitive nei riguardi del mio amor proprio auto-calpestato, che mi salvai e forse ricomposi e restaurai con gioia. Dopo essermi vilipeso da solo, infatti, credo d’essermi completamente, integralmente ripreso in toto. Io, da me stesso, fui soppresso. In quanto fui glacialmente depresso. Forse sol incompreso. E, prossimamente, anzi, con assoluta immediatezza necessaria e ineludibile, imprescindibile e inesorabile, come poc’anzi v’accennai, mi recherò da un confessore, sì, da un prete del cazzo, il quale si presume sia un detentore e fido, fedelissimo tramandatore della parola del Signore nostro pastore, di Cristo il redentore, il messia salvatore.

    Riversandogli addosso il mio furore da immane peccatore apparentemente insopprimibile, da strano uomo che caracollò, barcollò e nell’animo perì, mille pene patendo, contro Dio stesso inveendo e rinnegandolo furiosamente in quanto, irrimediabilmente, oggi son ateo convinto e assolutamente non me ne pento. Per niente.

    Oh Dio, tu, il re assoluto di questo caotico e aberrante mondo dissoluto e umiliante, concedimi una dolcissima grazia che mi possa giovare, ringiovanire perfino e rilluminare d’incanto sopraffino. Restaurandomi al mio stato mentale più vivamente giovane e gagliardo.

    Evocherò il diavolo che io stesso fui metaforicamente al fine che lui, cioè forse me stesso, si ricordi d’averti tradito, sì, mio Dio, in modo scellerato. Sono dunque ateo, credente e non agnostico?

    Fui un cornuto, questo sì, come Lucifero, l’angelo da te, Dio misericordioso che a tutti concedi perdono infinito, giustamente fottuto e all’inferno sbattuto così come Maddalena da tanti uomini fu a sangue scopata e impietosamente inculata da mille e più cazzi duri e assai impuri.

    Mi chinerò dinanzi al prete per farmi inculare da Dio che non mi perdonerà, ah ah.

    Poiché, rivedendo la mia vita, esplorandola a ritroso, in verità vi dico che non vi ravviso nulla di sbagliato. Anzi, paradossalmente, se paragonata a quella degli altri, addirittura risulta superiore di gran lunga, decisamente più elevata e ammirabile.

    Credo, effettivamente, riflettendo acutamente, che sia infatti la vita degli altri, non di certo la mia, ben più peccaminosa, soprattutto

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