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Il Potere Spirituale dell'Energia Femminile: Le divinità femminili nell'antica filosofia indiana
Il Potere Spirituale dell'Energia Femminile: Le divinità femminili nell'antica filosofia indiana
Il Potere Spirituale dell'Energia Femminile: Le divinità femminili nell'antica filosofia indiana
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Il Potere Spirituale dell'Energia Femminile: Le divinità femminili nell'antica filosofia indiana

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Il libro "Il Potere Spirituale dell'Energia Femminile" di Devdutt Pattanaik, autore indiano noto per il suo lavoro nella mitologia e nell'interpretazione di antiche scritture indiane, storie, simboli e rituali, è un viaggio alla scoperta delle divinità femminili nell'antica filosofia indiana.
Lakshmi massaggia i piedi di Vishnu. Rappresenta la dominazione del maschio? Kali sta sul petto di Shiva. Rappresenta il dominio della donna? Shiva è per metà donna. È l'uguaglianza di genere? Perché allora Shakti non è mai metà uomo?
Prese alla lettera, le storie, i simboli e i rituali della mitologia indiana hanno molto da dire sulle relazioni tra i generi. Viste come simboli, esse rivelano molte cose sull'umanità e la natura. Qual è la lettura più corretta? Chi lo sa?
Questo libro ti svela i segreti dei nostri antenati, i segreti nascosti dietro storie, simboli e rituali. Il testo è accompagnato da numerosissime immagini e fotografie in bianco e nero, che rendono più agevole la lettura e facilitano la comprensione.
LanguageItaliano
PublisherOm Edizioni
Release dateOct 6, 2020
ISBN9788892720794
Il Potere Spirituale dell'Energia Femminile: Le divinità femminili nell'antica filosofia indiana

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    Il Potere Spirituale dell'Energia Femminile - Devdutt Pattanaik

    Ringraziamenti

    Nota dell’Autore sulla Realtà e la Rappresentazione

    Lakshmi massaggia i piedi di Vishnu. Rappresenta la dominazione del maschio? Kali sta sul petto di Shiva. Rappresenta il dominio della donna? Shiva è per metà donna. È l’uguaglianza di genere? Perché allora Shakti non è mai metà uomo?

    Prese alla lettera, le storie, i simboli e i rituali della mitologia indiana hanno molto da dire sulle relazioni tra i generi. Viste come simboli, esse rivelano molte cose sull’umanità e la natura. Qual è la lettura più corretta? Chi lo sa?

    Nei miti infiniti si nasconde una verità eterna

    Chi conosce tutto?

    Varuna ha mille occhi

    Indra ne ha cento

    Tu ed io, solo due.

    A proposito di maiuscole

    Le maiuscole si trovano nella lingua inglese scritta ma non nella scrittura indiana, per questo dobbiamo chiarire la differenza tra shakti e Shakti, maya e Maya, devi e Devi, dea e Dea, perché potremmo creare confusione.

    Shakti è un nome proprio, il nome della Dea, ma è anche un nome comune, shakti, che significa potere. Allo stesso modo, maya significa illusione mentre Maya è un altro nome della Dea. La parola devi, minuscola, si riferisce a ogni dea, mentre Devi, con la maiuscola, si riferisce alla Dea suprema. Spesso Mahadevi viene usato come nome proprio invece di Devi. Shiva può essere Mahadeva, che vuol dire maha-deva, più grande di tutti i deva, come pure Shakti è Mahadevi, che vuol dire maha-devi, più grande di tutti le devi.

    Senza la maiuscola, devi/dea si può riferire a forme limitate di divinità femminili, mentre se si usa la maiuscola ci si riferisce all’idea senza limitazioni di Dea/Devi. Ganga è devi, dea di un fiume mentre Gauri è Devi, Dea che comprende tutta la natura soggiogata.

    Bisogna sempre considerare il contesto. Kali è la dea nei primi Purana, dove è una della collettività divina femminile, in seguito è la Dea che comprende la natura non dominata. Saraswati vista da sola è Dea ma se è vista insieme a Durga, che è Devi, diventa figlia e quindi, dea.

    1. Il segreto di Gaia

    L’ansia maschile è superata

    Mitologia greca: Gaia, la madre-terra

    Gaia è la dea madre della mitologia greca. Il suo compagno, Urano, il cielo stellato, le stava aggrappato così intimamente da non lasciarle spazio. Il solo modo in cui Crono, suo figlio, poteva lasciare il grembo materno era quello di castrare suo padre. Dalle gocce di sangue nacque Afrodite, dea dell’amore, e le Erinni, le dee della punizione, che proteggevano fieramente la madre. Allora Crono si proclamò re e, con orrore di Gaia, mangiò i suoi figli per evitare che prendessero il sopravvento su di lui come lui lo aveva preso su suo padre. Gaia salvò uno dei figli, Zeus, dalla brutalità di Crono, lo crebbe in segreto e, alla fine Zeus attaccò e uccise Crono. In trionfo, Zeus si dichiarò padre degli dei degli uomini e si stabilì sul Monte Olimpo, la cui vetta raggiungeva il cielo. Gaia rimane la madre terra, rispettata ma lontana.

    L’idea di una primitiva dea femminile, prima adorata, poi bruscamente allontanata da una linea di divinità maschile è un tema importante nelle mitologie di tutto il mondo.

    Le tribù Inuit (eschimesi) della regione artica raccontano la storia di una certa Sedna, che infelice per il suo matrimonio con un gabbiano, supplica il padre di riportarla a casa nella sua barca. Ma, mentre sono in viaggio, vengono attaccati da uno stormo di gabbiani. Per salvare se stesso, il padre di Sedna la getta fuori bordo e quando lei cerca di risalire sulla barca, lui le taglia le dita. Lei tenta di nuovo di risalire e lui le taglia le braccia e lei affonda nell’oceano e le sue membra mutilate si trasformano in pesci, foche, balene e tutti gli altri mammiferi marini. Quelli che vogliono cacciare i suoi figli per procurarsi cibo debbono placarla attraverso gli sciamani che le sussurrano parole di consolazione.

    La tradizione tantrica indiana parla del primo essere, Adya, che prese la forma di uccello e depose tre uova non fertilizzate dalle quali nacquero Brahma, Vishnu e Shiva. Adya allora cercò di unirsi con i tre dei maschi. Brahma rifiutò in quanto vedeva Adya come sua madre, Adya allora lo maledisse dicendo che non ci sarebbero stati templi in suo onore. Adya trovava Vishnu troppo astuto e accorto, quindi si rivolse all’austero Shiva che, messo sull’avviso da Vishnu, accettò di essere suo amante se lei gli avesse donato il suo terzo occhio. Lei glielo diede e lui lanciò verso di lei una freccia di fuoco che la bruciò e la ridusse in cenere. Dalle ceneri nacquero tre dee, Saraswati, Lakshmi e Gauri che divennero le mogli di Brahma, Vishnu e Shiva. Dalle stesse ceneri nacquero le grama-devi, le dee di ogni insediamento umano.

    Mitologia egiziana, Nut, la madre-cielo

    La mitologia egiziana conosce un tempo prima dei generi. Poi ci fu Atum, il ‘Grande Lui-Lei’ che generò il dio dell’aria Shu e la dea della rugiada, Tefnut, che separarono Geb, dio della terra, da Nut, dea del cielo che generò Iside ed Osiride, la prima regina e il primo re della storia umana. Ma Seth uccise Osiride e si proclamò re, finché Iside generò Horus che contestò il suo insediamento.

    In tutte queste storie di tutto il mondo, gli dei maschili competono per il premio femminile. Questo si ritrova nella natura dove ogni utero è prezioso ma non ogni sperma. È per questo che i maschi debbono competere per le femmine. In molte specie di uccelli le femmine scelgono il maschio con le piume più colorate, la più bella voce o il più bel canto o la capacità di costruire il nido più confortevole. In molte specie animali, come il tricheco o il leone, il maschio alfa si prende tutte le femmine, così ci sono sempre maschi ‘rimanenti’ che non ottengono nessuna femmina. Questa selezione dei soli maschi migliori crea ansia tra i maschi meno validi e si trasforma nella paura di non essere adeguati anche nella specie umana. Per gestire questa paura di non essere all’altezza si sono venuti a creare strutture sociali come il matrimonio o i diritti ereditari, spesso a scapito del genere femminile.

    Venere dell’età della pietra, Europa

    Montone sacro, Mesopotamia

    Man mano che la società umana ha imparato ad addomesticare gli animali e le piante, a commerciare, a costruire città, abbiamo visto un graduale aumento delle leggi, un peggioramento nello status delle donne e un rifiuto dell’adorazione della Dea a favore del Dio.

    Dopo migliaia di anni come cacciatori, gli umani impararono ad addomesticare e allevare gli animali. Queste comunità pastorali tenevano in gran conto tutte le vacche ma si resero conto che non avevano bisogno di tutti i tori per mantenerne costante il numero. Molti tori potevano essere castrati e fatti diventare bestie da soma che tiravano carri o aravano i campi.

    Questo concetto si può applicare anche alla società degli umani? Non tutti gli uomini erano necessari per la riproduzione. Questo è confermato anche dalla storia di Narikavacha, il cui nome significa ‘quello che usa le donne come scudo’, che si trova negli Hindu Purana. Quando Parashuram massacrò tutti gli uomini Kshatriya, uno solo sopravvisse perché si nascose nei quartieri delle donne. Da questo ‘astuto codardo’ nacquero tutti i futuri clan Kshatriya.

    Che le tribù hanno bisogno di donne e non di uomini per la loro sopravvivenza è evidenziato da tutta l’arte dell’età della pietra, dove vediamo un’ossessione per le forme femminili rotonde di donne ingioiellate con i loro genitali esposti, mentre gli uomini sono rappresentati da un fallo o adorati in forma di toro alfa, montone o ariete.

    Sigillo indiano che mostra l’adorazione della dea

    Dipinto che mostra un auto-sacrificio

    Dipinto di Hinglaj Mata del Belucistan

    Per questo stesso motivo, nell’Età del Bronzo, troviamo immagini di gruppi di donne adorate al fianco di un solo uomo.

    Simili pensieri danno vita ai templi delle Yogini trovati attraverso l’India, con un solo uomo, Bhairava, e la pratica di Kanya Puja, che mostra l’adorazione di un gruppo di fanciulle accompagnate da un unico ragazzo nel nord dell’India durante vasant navaratri, il festival di primavera della Dea. Alcuni antropologi argomentano che la raas-leela (danza) di Krishna potrebbe avere le sue radici nelle antiche tribù matriarcali dove le donne tenevano in considerazione nel villaggio un solo uomo.

    Per poter avere la possibilità di accoppiarsi gli uomini dovevano combattere o sottomettersi alla scelta della donna. Questo spiega l’origine delle cerimonie ‘swayam-vara’ descritte nei Purana, destinate a scegliere l’uomo migliore per la donna.

    In queste culture dominate dal femminile, l’uomo non poteva rifiutare la donna: nel Mahabharata, quando Arjuna rifiuta le sue avances, Urvashi lo minaccia di farlo diventare un eunuco. Ogni uomo che avesse preso una donna con la forza sarebbe stato ucciso: nella mitologia greca, Artemide trasforma Atteone, l’uomo che aveva tentato di rapirla, in un cervo che sarà fatto a pezzi dai suoi stessi cani. Chiunque attacchi un uomo scelto da una donna sarà messo a morte dagli altri maschi; nella mitologia greca, tutti i signori greci giurano di proteggere l’uomo scelto da Elena come suo marito. Ma c’erano sempre uomini capaci di uccidere i rivali e prendere il loro posto come amanti: la mitologia greca racconta la storia di Adone, il giovane amante di Afrodite, dea dell’amore, che fu ucciso dal più virile e geloso Marte, dio della guerra. Questi racconti rimandano ad una società matriarcale, pre-patriarcale.

    Diana di Efeso

    Diana of Ephesus

    Mitologia greca: Adone e Afrodite

    Per essere sicuri che i maschi dominanti non avessero l’esclusiva e diritti eterni sulle donne, emerse il rituale dell’uccisione dei maschi prescelti ad intervalli regolari. Il prescelto andava dalla donna durante la stagione della semina e veniva sacrificato a quella del raccolto. La donna non aveva nessuna voce in capitolo su questo. Poteva scegliere il suo amante, ma la sua scelta era fatale. Il trionfo del maschio dominante era infatti anche il marchio della sua morte. Così, nella mitologia sumera, troviamo Innana che piange il suo amato Dumuzi, che torna da lei ogni primavera ma scompare in inverno. Nel Rig Veda, c’è un inno dove il marito di Urvashi, Pururava, langue per lei mentre lo lascia per il regno di Gandharva, la musica della natura.

    Il solo modo di sopravvivere all’essere uccisi al termine del periodo dell’essere re e consorte della Dea era quello di castrarsi. Così nell’Asia Minore, i preti di Cibele, chiamati Galli, si castravano ritualmente per emulare Attis, il figlio, amante della dea. Alcuni antropologhi ritrovano simili tracce nella pratica dei preti che si vestono come donne e portano vasi durante l’adorazione di molte grama-devi, le dee dei villaggi indiani.

    Possiamo chiederci se le teste maschili intorno al collo di Kali sono le teste degli uomini uccisi dopo aver dato un figlio alla dea della tribù: un indicatore del prezzo pagato allo sguardo sessuale maschile. Nel Vaishno-devi, la Dea è una vergine che uccide il Bhairava perché le si avvicina sessualmente, ma poi, dopo averlo decapitato, chiede ai suoi devoti di adorare

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