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Incontri proibiti con il visconte: I Grandi Romanzi Storici
Incontri proibiti con il visconte: I Grandi Romanzi Storici
Incontri proibiti con il visconte: I Grandi Romanzi Storici
Ebook342 pages4 hoursLe canaglie di Oxford

Incontri proibiti con il visconte: I Grandi Romanzi Storici

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Le canaglie di Oxford 1


Londra, 1831.
Dopo aver sofferto molto per la perdita dell'adorato marito, l'intelligente e arguta Lady Margaret Roberts ha giurato di non abbandonarsi mai più ad alcuna passione, che non sia quella per la politica.
Questo, almeno, sino a quando non incontra Giles Hadley, brillante avversario in Parlamento, promotore di un'innovativa legge che potrebbe cambiare il volto della nazione. L'attrazione per lui e l'immediata confidenza che si instaura tra loro la spingono a fargli una proposta scandalosa che sorprende la stessa Maggie: condividere con lei degli incontri mattutini di fuoco, per puro piacere.
Ma la relazione illecita ed effimera che credeva di volere si trasforma presto in qualcosa di ancora più proibito: la tentazione di aprire un'altra volta il cuore all'amore.
LanguageItaliano
PublisherHarperCollins Italia
Release dateFeb 20, 2017
ISBN9788858962824
Incontri proibiti con il visconte: I Grandi Romanzi Storici
Author

Julia Justiss

Nata nei pressi di Annapolis, nel Maryland, è un'affermata autrice di romanzi ambientati nell'epoca della Reggenza inglese. Nel 1998 ha ricevuto uno dei più prestigiosi premi letterari conferiti dalla RWA (Romance Writers of America).

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    Incontri proibiti con il visconte - Julia Justiss

    Prologo

    Londra, fine aprile 1831

    «E così il tuo fratellastro prende moglie.»

    Nell'udire il commento del suo migliore amico, Giles Hadley, Visconte Lyndlington e membro del Parlamento per la circoscrizione di Danford, sollevò lo sguardo dai documenti che stava esaminando nella saletta privata del Quill and Gavel, un locale nei pressi di Westminster. «George?» domandò. Non era sicuro di aver capito bene.

    David Tanner Smith, deputato eletto a Hazelwick, gli rivolse un sorriso paziente. «Sì, George. Hai per caso degli altri fratellastri?»

    Soffocando la prima risposta che d'istinto avrebbe dato – non gli importava un fico secco che il suo odioso fratellastro si sposasse né con chi – chiese invece: «Che cosa ti fa pensare che George stia per farsi incastrare?».

    «Lo sto leggendo sul Morning Post. Lady M., figlia del Marchese di W., di recente è stata vista spesso in compagnia del figlio minore del Conte di T., l'onorevole G.H. La dama possiede un ragguardevole patrimonio e ottime conoscenze, il gentiluomo ambisce a un alto incarico, anche se non erediterà il titolo. Che si tratti di un matrimonio combinato nel paradiso della politica?

    «Lady Margaret, figlia del Marchese di Witlow – se interpreto correttamente le iniziali usate per discrezione dal giornale – ha senza dubbio tutte le carte in regola per essere la moglie ideale di chiunque abbia intenzione di regnare sui Tory» ammise Giles. «Non mi stupisce che George sia interessato a lei.»

    «Hai perfettamente ragione. La moglie del marchese non gode di buona salute e così è Lady Margaret che da anni fa gli onori di casa per il padre, fin da quando ha perduto il marito, Lord Roberts. Un tragico incidente in carrozza, poco dopo le nozze.»

    Giles si frugò nella memoria. «Cinque o sei anni fa, se non sbaglio.»

    «Sì. Inoltre, suo fratello non si interessa di politica. Di conseguenza, l'uomo che sposerà Lady Margaret non solo si assicurerà una moglie con una vasta esperienza politica, ma erediterà anche il potere e l'influenza che il marchese avrebbe probabilmente voluto trasmettere al suo unico figlio maschio.»

    «È un vero peccato che Lady Margaret appoggi il partito sbagliato» osservò Giles. «Non che io sia minimamente interessato al matrimonio, naturalmente.»

    «Sarebbe ancor più deplorevole, se dobbiamo credere alle voci che circolano sul fascino e sull'intelligenza di Lady Margaret, che una simile donna, seppure del partito sbagliato, si buttasse via con George.»

    In quel momento la porta venne spalancata e due uomini entrarono. Puntando il dito verso la pila di fogli sul tavolo, il primo, Christopher Lattimar, rappresentante del Derbyshire, esclamò: «Puoi dimenticarti quelle relazioni, Giles! Le Camere stanno per essere sciolte».

    «Dici sul serio, Christopher?» intervenne David. Poi, spostò lo sguardo sull'ultimo arrivato, Benedict Tawny, eletto a Launton, e chiese: «Sei proprio sicuro, Ben?».

    «Una volta tanto Christopher non sta scherzando» replicò Ben, con l'eccitazione che gli illuminava il bel viso. «Grey si è stufato dei continui rinvii dei Tory. Vuole sottoporre la questione al popolo. E questo significa nuove elezioni!»

    «Una notizia grandiosa!» si entusiasmò Giles. «Se il Primo Ministro aggirerà i Tory, la nostra proposta di legge riformista, il Reform Bill, passerà sicuramente! Rappresentanza equa per ogni distretto, un solo voto per ciascun proprietario di terreni, la fine della supremazia dei latifondisti... tutto quello che sogniamo fin dai tempi di Oxford!»

    «La fine dei borghi putridi, sicuramente» rifletté David. «Il resto dubito che lo otterremo... almeno per il momento. Anche se non capisco per quale motivo, in qualità di futuro conte, il resto sia tanto importante per te, Giles. O per chiunque di voi, in realtà. Dopotutto, qui dentro soltanto io non discendo dalla nobiltà terriera.»

    «Sei figlio di un fattore e questo ti collega comunque alla terra» dichiarò Chris sorridendo.

    «Quella era l'occupazione del mio defunto padre, non la mia» replicò David. «È già molto se io distinguo una rapa da una barbabietola.»

    «Sia che riusciamo a far approvare le riforme tutte insieme sia un poco alla volta, oggi è una giornata storica... che richiede un brindisi!» esultò Ben. Andando ad aprire la porta, chiamò: «Mr. Ransen, un giro di birra per tutti, per favore».

    «L'avreste mai detto, quando stavamo seduti in quella squallida taverna di Oxford a ridisegnare il futuro del paese, che saremmo arrivati a vedere questo giorno?» domandò David, scuotendo la testa con grande meraviglia. «Le nostre idee non erano molto popolari allora.»

    «E neppure noi, se non presso le prostitute che lavoravano alla taverna. Che gruppo male assortito!» rise Christopher. «Io, ufficialmente figlio di un barone, anche se in realtà mia madre mi ha concepito con uno dei suoi amanti, come quel maligno del mio padre legale amava ricordarmi. Giles, erede di un conte, ma bandito da suo padre, il quale ha una predilezione per il suo fratellastro che gli sta attaccato come un cane e quasi ansima per la voglia di prendere il suo posto.»

    «Lo stesso fratellastro che si è preso la briga di spiegare ai nostri compagni di corso che, se il titolo di conte dovesse mai andare a lui, non perdonerà né dimenticherà chiunque si sia mostrato mio amico» aggiunse Giles, soffocando quell'amarezza che indugiava sempre appena sotto la superficie.

    «E poi c'ero io, figlio illegittimo di una modesta istitutrice» disse Ben. «Neanche mio padre si stancava mai di ricordarmelo.»

    «Tutti comunque nati da padri aristocratici» osservò David, «a differenza del sottoscritto, un autentico popolano. So di essere egoista, ma sono felice che voi tre non siate mai andati d'accordo coi vostri pari. Altrimenti Oxford sarebbe stato un posto molto solitario per me.»

    «Non avresti mai sofferto la solitudine» replicò Christopher. «Sei troppo intelligente. Conoscevi le risposte a ogni domanda, indipendentemente dall'argomento o dal professore. Chi altri avrebbe potuto aiutare tutti noi a prepararci così bene per gli esami?»

    Prima che David potesse rispondere, il proprietario del locale arrivò con le birre. I quattro amici presero i boccali e li levarono in alto.

    «A Giles, nostro irrequieto capofila. A David, nostra guida filosofica. Al nostro agitatore di folle, Ben. E alla realizzazione dei nostri sogni» brindò Christopher. «Alle Canaglie

    «Alle Canaglie!» ripeterono gli altri, facendo tintinnare i boccali.

    Mentre Ben e Christopher bevevano, David si rivolse a Giles. «Nuove elezioni richiedono nuove strategie. Farai una campagna elettorale?»

    «Andrò a visitare la mia circoscrizione» rispose questi, «ma il mio seggio è sicuro. Probabilmente cercherò di raccogliere voti in qualcuno dei borghi che sono ancora in bilico. Forse riusciremo ad assicurarcene altri, togliendoli ai proprietari terrieri.» Sorrise. «Magari ne porteremo via qualcuno proprio al padre della tanto decantata Lady Margaret.»

    David rise. «Ho sentito dire che i suoi seggi sono molto sicuri. Ma vale comunque la pena di provarci.»

    Giles svuotò il boccale. «È quello che farò.»

    1

    Il mese successivo, seduta su un calesse scoperto davanti al palco della campagna elettorale, nella cittadina di Chellingham, Lady Margaret Roberts sorrideva alla folla. «Domani andrete tutti a votare, non è vero? Io vi sarò molto grata se darete il voto a mio cugino, Mr. Armsburn! Vi assicuro che farà tutto il possibile per rappresentare i vostri interessi in Parlamento.»

    «Se promette di rimandarvi qui ogni volta che avrà bisogno di un voto, sul mio può contare di sicuro!» scherzò uno degli uomini che si trovavano accanto alla carrozza.

    «Anche sul mio, in cambio di un così bel sorriso» gridò un altro che gli stava accanto.

    «Vi ringrazio, signori» replicò Lady Margaret, inviando a ciascuno dei due un bacio sulla punta delle dita. Il ruggito di approvazione della folla le strappò una risata e un altro bacio soffiato.

    Ah, amava tutto questo! L'eccitazione della folla, l'aspettativa crescente, il giorno delle elezioni, il momento del conteggio dei voti, sapendo che il vincitore avrebbe occupato un posto in Parlamento contribuendo a forgiare il destino della nazione. Il pensiero che, nel suo piccolo, anche lei aveva un ruolo nel creare la storia le suscitava un'esaltazione che non l'abbandonava mai.

    Dopo il terribile dolore per la perdita di suo marito Robbie, aiutare il padre facendo per lui gli onori di casa e fungendo da assistente politica era diventato il più grande piacere della sua vita, l'unica occupazione in grado di distoglierla dal suo lutto.

    L'amore della sua vita non c'era più, ma restava un importante lavoro da fare. O almeno, così ripeteva a se stessa, nella solitudine del suo letto vuoto.

    Riscuotendosi da quei pensieri, alzò lo sguardo e incontrò due occhi così belli che le venne istintivo trattenere il respiro. Quegli occhi di un blu intenso – due lapislazzuli che scintillavano al chiarore lunare, pensò in modo incoerente – la incantarono, attraendola con tanta forza che Margaret ebbe l'impressione di essere trascinata anche fisicamente verso lo sconosciuto.

    Poi, comprese che in effetti la distanza tra di loro si stava accorciando. Il proprietario di quei magnifici lapislazzuli si faceva strada attraverso la folla, diretto verso la carrozza su cui era seduta. Quando Margaret se ne rese conto, il suo cuore accelerò di colpo e i nervi vennero percorsi da un fremito di aspettativa.

    Quegli occhi affascinanti, notò mentre lui si avvicinava lentamente, erano collocati su un viso forte, magro, con un naso importante, un mento deciso e un'ampia fronte sulla quale ricadevano folti capelli così neri da avere dei riflessi bluastri. Il gentiluomo era tanto alto che le sue larghe spalle, fasciate in una giacca verde bosco, restavano ben visibili anche nella calca che lo circondava.

    Quando le fu sufficientemente vicino da permetterle di scorgere le sue labbra piene, l'uomo le rivolse un sorriso intimo, che le causò un brivido sensuale sulla pelle.

    Com'era possibile che riuscisse a farla sentire nuda nonostante fosse vestita da capo a piedi?

    Poi, finalmente, giunse davanti a lei e, senza smettere di sorridere, le porse la mano.

    «Come potevo non desiderare di stringere la mano a una dama tanto incantevole?» disse. La sua voce profonda le vibrò nelle orecchie come una carezza. E sebbene, di regola, evitasse i contatti fisici quando era in mezzo a così tanta gente, Lady Margaret si ritrovò a tendergli a sua volta la mano.

    La stretta dello sconosciuto era forte e sicura, come lei già sapeva che sarebbe stata. Ondate di sensazioni le risalirono lungo il braccio quando le strinse le dita e per un istante lei smise di respirare. Se fosse stata incline alle scene melodrammatiche, sarebbe probabilmente svenuta.

    Con un profondo respiro, Margaret scosse il capo e cercò di ritrovare l'abituale compostezza. «Mi auguro che sarete altrettanto gentile da accordare il vostro voto a Mr. Armsburn» replicò, sollevata di essere riuscita a mantenere un tono di voce molto più calmo di quanto lei, invece, si sentisse.

    Il sorriso dell'uomo si attenuò. «Detesto deludere una dama, purtroppo sono qui per appoggiare Mr. Reynolds.»

    «Mr. Reynolds, il radicale? Oh, santo cielo!» esclamò lei, assai più delusa del lecito. «Temo, allora, che le nostre simpatie politiche non vadano nella stessa direzione, Mr...»

    Prima che l'uomo potesse rispondere, un nutrito gruppo di persone sciamò fuori dalla taverna di fronte. «Birra libera, uomini liberi, voto libero!» intonarono, riversandosi nella piazza. Da un angolo venne avanti un altro capannello di uomini con al braccio la fascia verde che contrassegnava i simpatizzanti di suo cugino. «Tory per la giustizia!» gridavano, andando ad affrontare i sostenitori del voto libero. Alcune persone indietreggiarono, finendo addosso al cavallo attaccato al calesse di Margaret che si impennò. Allarmata, lei tenne forte le redini, ma l'animale era troppo impaurito per ubbidire al morso.

    Il gentiluomo si affrettò a prendere la briglia, convincendo il nervoso animale a rimettere le quattro zampe a terra. «È meglio allontanarsi, non si sa mai che la situazione degeneri» le consigliò. Usando senza risparmio il bastone da passeggio per farsi largo tra la folla, condusse cavallo e calesse fino a una strada laterale.

    «In Farmer's Lane c'è una locanda tranquilla» disse a Margaret dopo che ebbero svoltato l'angolo. «Vi accompagno là, dove sarete al sicuro, e poi vedrò di rintracciare vostro cugino.»

    Lei aprì la bocca per assicurargli che se la sarebbe cavata benissimo da sola, ma l'improvviso sollevarsi della folla, le grida e il rumore dei tafferugli che ancora giungevano dalla piazza la agitavano più di quanto desiderasse ammettere. «Ve ne sono molto grata» disse quindi.

    In pochi minuti giunsero alla locanda, il gentiluomo affidò cavallo e calesse a uno stalliere e, porgendole il braccio, l'accompagnò dentro. «Un salottino privato per Lady Margaret, e portate anche del formaggio e della birra» ordinò all'oste che era subito corso ad accoglierli.

    «Immediatamente, sir, milady!» Il proprietario si affrettò a farli accomodare in una stanza distante dalla sala comune.

    Quando furono lontani dagli sguardi dei curiosi, il gentiluomo si inchinò. «Siete Lady Margaret, non è vero?»

    «Sì, ma non credo che ci abbiano mai presentati. Sono certa che mi ricorderei di voi.» Nessuna donna al di sotto dei novant'anni, con una buona vista e capace di apprezzare gli uomini, avrebbe mai potuto dimenticarne uno simile, dopo averlo anche solo incrociato.

    «Non siamo stati presentati ufficialmente... una mancanza alla quale sono lieto di ovviare. Ma la circoscrizione di Chellingham è da molto tempo nelle mani del Marchese di Witlow, dunque chi potrebbe mai essere la deliziosa dama che è venuta a sollecitare i voti per il candidato del marchese se non sua figlia, la famosa Lady Margaret?»

    «Buon Dio! Mi fate sentire famigerata.»

    L'uomo scosse il capo. «Siete ammirata e rispettata, perfino dagli avversari. Non credo che i disordini nella piazza sfoceranno in violenza vera e propria, ma con birra libera e le elezioni imminenti meglio essere prudenti. Promettetemi che resterete qui finché vostro cugino non potrà venire a prendervi. Anche se non posso fare a meno di pensare che un uomo tanto fortunato da avere una così bella promotrice dovrebbe prendersene maggior cura.»

    «Come posso ringraziarvi per la vostra premura, soprattutto nei confronti della sostenitrice di un avversario?» replicò Lady Margaret. «Mi permettete di offrirvi almeno un boccale di birra? Odio ammetterlo, ma mi sentirei meglio se avessi un po' di compagnia fin quando i miei nervi si saranno calmati.»

    Aveva un po' calcato la mano sul suo stato d'animo, ma in quel momento Margaret non si fece scrupolo di appellarsi al senso cavalleresco del gentiluomo, per poter godere ancora un poco della sua compagnia.

    E per scoprire qualcosa di più sull'uomo più affascinante che le fosse capitato di incontrare da molto, molto tempo.

    Lui sorrise e in quel modo i suoi occhi di lapislazzuli si illuminarono, facendole correre nuovi brividi sulla pelle. «Non vi lascerei mai mentre siete ancora turbata.»

    Oh, che mascalzone! Lei ricacciò indietro una risata, con una mezza voglia di rimproverarlo. Quello sguardo penetrante le diceva che lui sapeva esattamente quali sensi le aveva sconvolto e che non gli dispiaceva affatto.

    Con quel corpo forte, gli occhi luminosi e il sorriso seducente, era probabile che facesse lo stesso effetto a molte signore, le suggerì il suo istinto di autoconservazione. Sarebbe stato più prudente congedarlo prima che le venisse troppa voglia di unirsi a quella schiera.

    In quell'ambito, Margaret ne aveva avuto abbastanza e non voleva aggiungere il proprio nome a nessun altro elenco.

    Eppure, nonostante tutto il suo buonsenso, non voleva lasciarlo andare.

    Il locandiere portò i rinfreschi su un vassoio, offrendole la scusa perfetta per trattenere il gentiluomo. «Posso farvi portare dal locandiere un boccale della sua eccellente birra fatta in casa? Mr. Carlson, non è vero?» Margaret si rivolse all'oste. «Mio cugino, Mr. Armsburn, mi ha detto che la vostra birra è la migliore di Chellingham. Ne ha bevute svariate pinte approfittando delle campagne elettorali.»

    «Proprio così, Lady Margaret, e ogni volta paga un giro di birra ai clienti che sono nella sala» replicò Carlson. «Sono felice di offrire un boccale ai suoi sostenitori.» E con un rapido inchino uscì in fretta dalla stanza.

    «Non potete rifiutare un gesto così generoso» disse Lady Margaret al suo compagno.

    «Anche se lo faccio sotto mentite spoglie?»

    «Non c'è bisogno che turbiamo Mr. Carlson dicendoglielo. Sono molti anni che vota per i Tory.»

    «Non c'è da stupirsi che l'elettorato sia incantato da voi, conoscete per nome perfino i locandieri locali.»

    Margaret inarcò un sopracciglio. «Certo che li conosco. Non si possono rappresentare nel modo migliore gli interessi della circoscrizione se non si conosce la gente che ci vive e le loro necessità. Ma voi siete in vantaggio. Sapete chi sono io, ma non mi avete ancora detto il vostro nome. So soltanto che siete tanto malaccorto da sostenere un radicale.»

    Lui rise – l'effetto che Margaret aveva sperato di ottenere – e le fece un inchino esagerato. «Giles Hadley, signora. Per servirvi.»

    Il lieve accento di sfida nella sua voce la lasciò perplessa per qualche istante prima che riconoscesse il nome. «Giles Hadley!» sussultò. «Il capo delle Canaglie, il famigerato Visconte Lyndlington, anche se non usate il vostro titolo, vero? Devo aspettarmi odore di zolfo?»

    Lui rise di nuovo. «Le voci su di noi sono decisamente esagerate! Dubito che frequentassimo le taverne e fraternizzassimo con le gentili signorine che ci lavoravano più degli altri studenti. Proteggevamo, soltanto, una classe umile e ci confrontavamo con gli avventori, anziché trattarli con condiscendenza.»

    «Quindi, perché si diceva che foste destinati all'inferno?»

    Giles Hadley si strinse nelle spalle. «Uno dei professori, un uomo di chiesa, aveva sentito dire che, se mai fossimo arrivati al potere, avremmo eliminato i seggi del clero dalla Camera dei Lord. Il sacrilegio di voler sovvertire l'ordine costituito, unito alle nostre dissolute abitudini, lo indusse ad accusarci tutti di essere servi del demonio. Quanto al mio titolo di visconte, preferisco essere conosciuto per quello che io faccio.»

    «E avete fatto molto, da quel che so! Ho sentito tanto parlare di voi.»

    «Se è stato il mio fratellastro George a farlo, non mi stupisce che mi immaginaste con le ali e la coda biforcuta» fu il secco commento di Giles.

    Lei scosse il capo. «Quasi tutte le informazioni provengono da mio padre e dai suoi collaboratori, i quali vedono in voi la stella nascente dei Whig. Mio padre, che non ha la lode facile, si è spesso rammaricato che Lord Newville vi abbia reclutato per la causa della Riforma prima che lui potesse convincervi a unirvi ai Tory. Sono onorata di fare la conoscenza di un uomo tanto stimato da mio padre!»

    E lo era sul serio; era tanto in soggezione di trovarsi davanti l'uomo che perfino i suoi avversari indicavano come un probabile futuro Primo Ministro, che per un istante Margaret dimenticò il richiamo fisico.

    Ma solo per un istante. Con il respiro successivo, la sconvolgente scoperta della sua identità venne di nuovo cancellata dalla consapevolezza del suo innegabile carisma.

    Che razza di combinazione!, pensò confusamente. Quell'intenso fascino virile incarnato in un uomo che aveva intrapreso la professione che lei ammirava più di ogni altra. E nonostante quello che Giles Hadley aveva detto, c'era in lui un che di deliziosamente perverso.

    Tuttavia, invece di essere compiaciuto della palese ammirazione di lei, come sarebbe avvenuto per la maggior parte degli uomini, sembrava in un certo qual modo a disagio. Un'inaspettata dimostrazione di modestia che aumentava ulteriormente il suo fascino.

    Represse a stento un sospiro, paralizzata da quegli occhi che parevano leggerle nel profondo dell'anima.

    «Vi ringrazio per i complimenti, per quanto sia certo di non meritarli» disse lui dopo un istante, come se solo allora si fosse accorto che avevano trascorso gli ultimi attimi a fissarsi in silenzio. «E perdonatemi se ho parlato con poco rispetto di George. A giudicare dall'articolo che ho letto di recente sul Morning Post, suppongo di dovervi fare le congratulazioni.»

    «Congratulazioni?» gli fece eco lei. Quando finalmente colse il significato delle sue parole, un lampo di irritazione le attraversò gli occhi. «Assolutamente no! È vero che incontro abbastanza spesso Mr. Hadley, in quanto membro dell'organizzazione di mio padre, ma non c'è alcun accordo tra di noi. Ah, i giornali!» Scosse la testa con irritazione. «I pettegolezzi mi perseguitano fin da quando ho smesso il lutto.»

    «Dunque non state per concedere la vostra mano a George?» Lei scosse il capo e Giles sorrise di nuovo, quel sorriso luminoso che le metteva le farfalle nello stomaco e le faceva arricciare le dita dei piedi nei mezzi stivaletti. «Vi confesso che sono felice di sentirlo.»

    Nessuna donna destinataria di quel sorriso avrebbe mai degnato di uno sguardo il suo fratellastro. Stordita, Margaret disse d'impulso: «George Hadley non sta cercando una moglie, ma qualcuno in grado di riflettere la sua gloria, e come specchio io non valgo granché».

    Subito dopo che quelle parole sincere, ma tremendamente indiscrete, le furono uscite dalle labbra, Margaret si rese conto di quanto Giles Hadley l'avesse sconvolta. Capitava molto di rado che lei esprimesse dei commenti poco lusinghieri sui propri conoscenti, e di sicuro mai con un estraneo.

    Rossa e mortificata, aggiunse: «Vi prego di scusarmi! Sono stata molto scortese e non avrei mai dovuto fare una simile affermazione».

    «Anche se è vero?»

    «Che sia vero o meno è irrilevante» ribatté lei, agitata. «Di solito non sono così tagliente. O per lo meno, è raro che esprima ad alta voce le mie critiche» si corresse, sincera.

    «Allora, sono ancora più lusingato dalla vostra onestà. E, se posso dirlo, sollevato. Di solito le donne sono affascinate da George.»

    «Dite davvero?» Margaret aggrottò la fronte, ripensando alle tipiche conversazioni con l'uomo in questione. «Forse le donne che lui desidera affascinare. Quando parla con me, Mr. Hadley tiene sempre lo sguardo rivolto verso mio padre, come se fosse più interessato alla sua approvazione che alla mia.» Fece una smorfia beffarda. «Mi fa sentire come se fossi un pollo da primo premio che lui sta cercando di assicurarsi per metterlo nel suo pollaio. Ma ecco un'altra cosa che non avrei dovuto dire.»

    Hadley scoppiò a ridere. «È ancora più sciocco di quel che pensassi. Ecco, stavolta sono io che avrei dovuto tenere la bocca chiusa! Ma tra di noi non corre buon sangue, come immagino sappiate già.»

    «Sì, lo so. È triste quando c'è della discordia in una famiglia.»

    Discordia era un eufemismo. Lo scandalo era stato notevole, lei lo sapeva, pur ignorandone i particolari. E non fu sorpresa quando Giles Hadley non tentò di illuminarla a riguardo.

    Prima che potesse passare a un argomento di conversazione meno pericoloso, l'aiutante di suo cugino, John Proctor, entrò a precipizio nella saletta. «Lady Margaret, state bene?» esclamò. «Io e Armsburn vi abbiamo cercato dappertutto! Quando ho sentito dei disordini che c'erano stati in piazza e non sono riuscito a trovarvi...» L'uomo emise un respiro tremulo. «Sapevo che Michael avrebbe chiesto la mia testa perché vi avevo lasciata da sola, se foste stata ferita o anche solo spaventata. Vi supplico di perdonarmi.»

    «Non c'è niente da perdonare» replicò lei. Se non quell'arrivo intempestivo, che comportava la fine del piacevole interludio con l'affascinante gentiluomo. «Mr. Hadley si è preso buona cura di me.»

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