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I manifesti futuristi Dal 1919 alla fine del movimento
I manifesti futuristi Dal 1919 alla fine del movimento
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I manifesti futuristi Dal 1919 alla fine del movimento

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In quest'opera vengono raccolti i manifesti e altri testi artistici e politici scritti da vari esponenti del movimento fondato da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909 con la pubblicazione del manifesto fondativo sul giornale francese "Le Figaro".
Questo secondo volume riporta in ordine cronologico i testi futuristi a partire dal 1919, l'anno dell'abbandono di Papini del movimento, della nascita del movimento fascista alla cui fondazione lo stesso Marinetti prese parte a Milano a piazza San Sepolcro, seguendone poi in un modo o nell'altro, le vicende politiche ed istituzionali (l'antiaccademico Marinetti divenne ironicamente membro della fascista Accademia d'Italia) fino ad aderire alla Repubblica Sociale Italiana (RSI).
LanguageEnglish
Release dateDec 27, 2019
ISBN9788835351221
I manifesti futuristi Dal 1919 alla fine del movimento

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    I manifesti futuristi Dal 1919 alla fine del movimento - Mirko Riazzoli

    movimento

    Introduzione

    In quest'opera vengono raccolti i manifesti e altri testi artistici e politici scritti da vari esponenti del movimento fondato da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909 con la pubblicazione del manifesto fondativo sul giornale francese Le Figaro.

    Questo secondo volume riporta in ordine cronologico i testi futuristi a partire dal 1919, l'anno dell'abbandono di Papini del movimento, della nascita del movimento fascista alla cui fondazione lo stesso Marinetti prese parte a Milano a piazza San Sepolcro, seguendone poi in un modo o nell'altro, le vicende politiche ed istituzionali (l'antiaccademico Marinetti divenne ironicamente membro della fascista Accademia d'Italia) fino ad aderire alla Repubblica Sociale Italina (RSI).

    Primo manifesto politico futurista per le elezioni generali 1919

    Autore: Filippo Tommaso Marinetti.

    Data: 1919.

    «Elettori Futuristi!

    «Noi Futuristi, avendo per unico programma politico l'orgoglio, l'energia e l'espansione nazionale, denunciamo al paese l'incancellabile vergogna di una possibile vittoria clericale.

    «Noi Futuristi invochiamo da tutti i giovani ingegni d'Italia una lotta ad oltranza contro i candidati che patteggiano coi vecchi e coi preti.

    «Noi Futuristi vogliamo una rappresentanza nazionale che, sgombra di mummie, libera da ogni viltà pacifista, sia pronta a sventare qualsiasi agguato, a rispondere a qualsiasi oltraggio».

    F. T. Marinetti

    L'Ardito-Futurista

    Autore: Mario Carli.

    Data: pubblicato su Roma futurista il 31 ottobre 1919.

    A Mussolini

    L'Ardito-Futurista si proietta nell'avvenire come un acrobatico razzo illuminante, lasciandosi indietro, negli organizzati bivacchi, le moltitudini pesanti che solcheranno fatalmente la sua traccia di luce.

    Esso è l'estrema punta agilissima di ogni pattuglia esplorante, lo sperone irresistibile di ogni navigazione, la vedetta dell'albero di prua, il palombaro di ogni profondità, il minatore delle rocce più aspre, l'iniziato che si affaccia senza tremare alle porte dell'Ignoto.

    È balzato nel mondo 11 anni fà, quando il primo manifesto del Futurismo chiamava a raccolta gli adoratori dell'energia temeraria e del pericolo con le celebri parole: Noi vogliamo cantare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno.

    In cento serate violente i futuristi diedero ai pubblici d'Italia delle clamorose lezioni di cazzotto per difendere il genio novatore.

    Nel bagno rosso della guerra l'Ardito-Futurista si è moltiplicato e ingigantito, attraverso vittoriose esplorazioni a corpo-a-corpo che l'hanno nutrito di eroico midollo.

    La Morte l'ha adulato con lusinghe di carezze sfioranti, che non riuscirono a distenderlo nel suo letto di amatrice infeconda, ma lo arricchirono di profumatissimo acciaio.

    Oggi che i cannoni sono freddi e i pugnali s'arrugginiscono nei foderi e gli spiriti guizzano esasperati di enorme stanchezza, l'Ardito-Futurista è l'uomo che non conosce riposo, che non si stanca di marciare in testa, che non crede alla pace perpetua e sogghigna sdegnoso a tutte le viltà.

    Vertebra della vita italiana, esso è destinato da oggi a colorare della sua audacia rossissima gli eventi e le volontà che foggeranno il futuro d'Italia.

    Il prototipo dell'Ardito-Futurista ha pressapoco questi

    Caretteri fisici:

    1) Vivace testa geniale con forti capelli scomposti.

    2) Occhi ardenti fieri ed ingenui, che non ignorano l'ironia.

    3) Bocca sensuale ed energica, pronta a baciare con furore, a cantare con dolcezza e a comandare imperiosamente.

    4) Snellezza di muscoli asciutti, irradiati da fasci di nervi ultrasensibili.

    5) Cuore di dinamo, polmoni-pneumatici, fegato di leopardo.

    6) Gambe di scoiattolo, per arrampicarsi su tutte le cime e scavalcare tutti gli abissi.

    7) Eleganza sobria virile e sportiva, che permette di correre di lottare di svincolarsi di danzare e di arringare una folla.

    Composizione spirituale:

    1) Capacità sconfinata di amore e di odio, non repressa da imbecilli riserve filosofiche.

    2) Adorazione sana e gioconda della vita, manifestata nella tendenza a goderla con avidità e ad offrirla tutta in un attimo con generosità.

    3) Coraggio illimitato, che non conosce l'impossibile e non indietreggia davanti a nessun ostacolo, a nessun pudore, a nessuna imponenza tradizionale.

    4) Intelligenza intuitiva e liricamente pratica, che rifiuta il sofisma, sdegna la logica pedantesca e odia l'erudizione.

    5) Personalità inedita e sincera, per la quale non esiste nulla di convenzionale, di stereotipo e di snobistico.

    6) Tendenza a prodigarsi nel più difficile e nel più rischioso, con fantasia e bontà.

    L'Ardito-Futurista sarà l'elemento irresistibilmente vivificatore e propulsore di ogni Partito, di ogni Lega, di ogni Associazione politica o no.

    Ecco il suo

    Programma energetico:

    1) Esercitare quotidianamente il proprio corpo in tutte le forme di sport, soprattutto nel pugilato, nella scherma di pugnale, nel nuoto, nella corsa e nell'aviazione.

    2) Intervenire ogni giorno, ad ogni occasione e per qualunque pretesto nella vita collettiva, portando nelle manifestazioni e nelle decisioni delle masse il calore della sua giovinezza temeraria che non conosce prudenza e non si inchina davanti a nessuna Autorità che non sia la grande Italia di domani.

    3) Smontare , ripulire, lubrificare e modernizzare tutti i congegni della complessa macchina politico-burocratico-giuridica italiana, oppure trovandosi fuori uso, gettarli nel crogiuolo della rivoluzione, fondendo e costruendo un nuovo arnese più adatto al suo tempo.

    4) Combattere senza quartiere e senza mezzi termini le camorre organizzate, tutti i negatori della Patria, tutti i detrattori della santa guerra rivoluzionaria.

    5) Perseguitare spietatamente i neutrali, i vigliacchi e gli imboscati di tutte le lotte, cruente e non cruente.

    6) Snidare e ripartire le ricchezze di fonte equivoca, e quelle accumulate a spese dei combattenti durante la guerra.

    7) Appoggiare le agitazioni dei lavoratori, tendenti alla loro elevazione morale e materiale, ma impedire che facciano il gioco di un qualsiasi Partito politico.

    8) Opporsi a tutte le dittature e a tutte le egemonie (da quella delle Casseforti a quella delle Mani Callose), e non ammettere per l'Italia altra democrazia che quella dell'ingegno e della volontà costruttiva.

    Ed ecco il suo

    Programma lirico:

    1) Cercare il nuovo in tutti i pensieri, le immagini, i gesti, spogliandosi di ogni scoria del passato (tradizione, ruderomania, culturomania, conservatorismo).

    2) Non risolvere mai un problema di vita a base di mediocre buon senso (tipo Corriere della Sera e mentalità borghese), ma preferire le soluzioni impreviste, dense di coraggio morale e di sforzo intellettuale.

    3) Amare l'Ignoto, ed esplorarlo senza tregua. Non credere ai limiti posti dalla scienza.

    4) Inondare il mondo di fantasia, ridipingendolo ad ogni attimo col getto di un irresistibile idrante cerebrale.

    5) Imporre a pugni e a pugnalate la bellezza di un'immagine originale.

    6) Fare della propria poesia un elemento di vita, affascinando le folle davanti ad essa come ora sono affascinate davanti al denaro, alla bellezza e alla morte.

    7) Gettarsi nelle avventure più assurde con il solo obiettivo di costruire valori nuovi, anche se non vi è utilità immediata.

    8) Amare con frenesia la velocità e le donne belle. A preferenza, amare in velocità le donne belle. Ma, al momento opportuno, fuggire con velocità dalle donne belle.

    Conclusione:

    L'Ardito-Futurista è destinato a moltiplicarsi fulmineamente. Prevedo che prestissimo le più giovani energie della nostra razza si chiameranno così.

    Gli italiani hanno il dovere di ricercare questi uomini di primissimo ordine e di non lesinare applausi, fiori e denaro ai loro lucidi e possenti temperamenti fattivi.

    Sintesi dell'Ardito-Futusita:

    Scugnizzo vestito di sole, che s'arrampica sul palcoscenico del mondo, squarcia il velario del futuro, fa crollare a caramboli le scene di cartapesta, insolentisce gli aristocratici delle barcaccie, prende a pernacchii i palchi dorati, e torna a squarciare la notte con lo schianto dei suoi canti guerrieri.

    Mario Carli

    Il teatro aereo futurista

    Autore: Fedele Azari.

    Data: 11 aprile 1919.

    Il volo come espressione artistica di stati d'animo

    Voli dialogati. – Pantomime e danze aeree. Quadri futuristi aerei. – Parole in libertà aeree.

    L'aviatore italiano che ha vinto il nemico meglio armato sorprendendolo colle manovre più impreviste e sbalorditive ha creato uno stile di acrobazia aerea meraviglioso fantastico insuperabile.

    I francesi possono rivendicare il vanto di aver per primi studiato ed eseguito il looping, l'avvitamento e il tonneau. Gl'inglesi dimostrano il massimo sangue freddo e disprezzo del pericolo eseguendo sistematicamente tali acrobazie a bassissima quota. Ma l'aviatore italiano, sui Caproni, sugli Sva, sui Macchi e sui Sia, creati e costruiti da noi, è l'acrobata per eccellenza, il giocoliere dello spazio, clown del padiglione celeste, irrequieto bizzarro personalissimo.

    Noi aviatori futuristi, amiamo strapparci in alto a perpendicolo e tuffarci verticalmente nel vuoto; girare nell'ebbrezza dei virages, col corpo incollato al seggiolino dalla forza centrifuga, e abbandonarci al vortice delle spirali che si stringono attorno alle scale a chiocciola confitte negli abissi; capovolgerci due, tre, dieci volte nella crescente allegrezza dei loopings e strapiombare in viti turbinanti; risucchiarci scivolando di coda; cullarci in lunghe discese a foglia morta o stordirci con una concitata serie di tonneaux; insomma dondolare, rotolare, capovolgerci sugli invisibili trapezi dell'atmosfera, per formare coi nostri aeroplani una grande girandola aerea. Noi aviatori futuristi siamo oggi in grado di creare una nuova forma artistica, coll'espressione dei più complessi stati d'animo mediante il volo.

    Coi dondolamenti e gli scatti dei nostri aeroplani, colle più bizzarre evoluzioni e coi geroglifici più imprevisti, colle più allegre capriole eseguite secondo il ritmo da noi voluto, gridiamo dall'alto le nostre sensazioni e il nostro lirismo d'uomini volanti.

    La forma artistica che noi creiamo col volo è analoga alla danza, ma ad essa infinitamente superiore per lo sfondo grandioso, per il suo inarrivabile dinamismo e per le svariatissime possibilità a cui dà luogo, compiendosi le evoluzioni secondo le tre dimensioni dello spazio.

    Ho eseguito io stesso, nel 1918, molti voli espressivi e saggi di teatro aereo elementare sul campo di Busto Arsizio. Ho constatato come sia facile per gli spettatori seguire tutte le sfumature di stati d'animo dell'aviatore, data la identificazione assoluta tra il pilota e il suo apparecchio, che diventa come un prolungamento del corpo: le ossa, i tendini, i muscoli e i nervi si prolungano nei longheroni e nei fili metallici. Tutti hanno notato, inoltre, che mentre vi è poca differenza tra un dato chauffeur ed un altro chauffeur nel guidare un automobile, ve ne è moltissima tra un aviatore ed un altro aviatore nel modo di volare. Lo stesso aviatore non vola sempre allo stesso modo. Il volo, dunque, è sempre l'espressione precisa dello stato d'animo del pilota.

    II looping denota allegrezza, il tonneau impazienza o irritazione, mentre i passaggi d'ala alternati a destra e a sinistra ripetutamente indicano spensieratezza, e le lunghe discese a foglia morta danno un senso di nostalgia o di stanchezza. Gli arresti subitanei seguiti da avvitamenti più o meno prolungati, le impennate, le picchiate, i rovesciamenti, tutte le infinite varietà di manovre collegate e coordinate in una sapiente successione, danno allo spettatore l'immediata e chiara comprensione di quanto si vuol rappresentare o declamare coll'aeroplano.

    Se poi tali rappresentazioni o declamazioni sono fatte con due o più apparecchi, si possono svolgere interi dialoghi e azioni drammatiche. Chi ha assistito a combattimenti aerei ha potuto rilevare i vari atteggiamenti dei combattenti, intuirne le sensazioni e vagliarne il valore dai balzi e dalle mosse avvolgenti dell'assalitore dai divincolamenti dell'assalito, dalla loro tattica felina o apertamente aggressiva, impulsiva o guardinga. Questa non è che una fase della poliespressività dell'aeroplano. Noi andiamo oltre creando una meravigliosa arte aerea, con nuovi acrobatismi e componendo artisticamente quelli già usati senza fini artistici.

    Nei nostri voli dialogati, nelle nostre parole in libertà aeree, il sesso degli attori sarà messo in evidenza dal tipo dell'apparecchio, dalla voce del motore e dalla diversa linea di volo. Per esempio uno Sva, motore fisso 200 HP, che sale con continue maestose impennate è evidentemente maschile, mentre un Henriot, motore rotativo 110 HP, che voli con un dondolio ritmico da destra a sinistra, ha tutti i caratteri della femminilità. La voce del motore può essere regolata in pieno o ridotta, spezzata in spuntate nette ed imperiose, o modulata in scale d'alti e bassi, costituendo così un mezzo supplementare efficacissimo di espressione musicale e rumorista.

    In collaborazione coll'amico Russoio, geniale inventore degli intonarumori futuristi, abbiamo realizzato un tipo speciale di capote per aumentare la risonanza del motore, e un tipo di scappamento che regola la sonorità del motore senza modificarne la potenzialità.

    Ogni aeroplano sarà dipinto e firmato da un pittore futurista. I pittori futuristi Balla, Russoio, Funi, Depero, Dudreville, Baldessari, Rosai, Ferrazzi, Arnaldo Ginna, Primo Conti, Mario Sironi, ecc. hanno già trovato fantasiose decorazioni per aeroplani. Una parte speciale avrà pure il lancio espressivo di polveri colorate e profumanti, coriandoli, razzi, paracadute, fantocci, palloncini variopinti, ecc.

    Abbiamo l'adesione del glorioso futurista pilota aviatore Giacomo Macchi della Squadriglia San Marco, del grande acrobata De Briganti, di Mario d'Urso, lo strabiliante virtuoso del volo rovesciato, del pilota costruttore Bergonzi e del pilota aviatore Guido Keller.

    Non appena sarà ripristinata la libertà dell'aria, noi aviatori futuristi realizzeremo nel cielo di Milano rappresentazioni diurne e notturne di teatro aereo, con voli dialogati, pantomime, danze e grandi poemi paroliberi aerei, composti dai poeti futuristi Marinetti, Buzzi, Corra, Settimelli, Cangiullo, Folgore, ecc. Sugli innumerevoli spettatori sdraiati, aeroplani dipinti danzeranno di giorno in ambienti colorati aerei formati con fumi diffusi da loro stessi, e di notte comporranno mobili costellazioni e danze fantastiche, investiti dalle luci dei proiettori elettrici.

    1.) Il Teatro aereo futurista, avendo per essenza, oltre alla genialità artistica, l'eroismo, sarà una meravigliosa scuola popolare di eroismo.

    2.) Il Teatro aereo sarà il primo teatro veramente democratico, poiché (salvo le tribune a pagamento riservate a coloro che vorranno ammirare da vicino gli aviatori e le colorazioni futuriste degli aeroplani) sarà offerto gratuitamente a milioni di spettatori. Così finalmente anche il poverissimo avrà il suo teatro.

    3.) Il Teatro aereo, coll'ampiezza dei suoi spettacoli, il concorso delle folle e coll'emulazione dei suoi attori volanti, fra i quali emergeranno dei Zacconi, Duse, Caruso, Tamagno dell'aria, stimolerà decisivamente l'aviazione commerciale e industriale.

    4.) Il Teatro aereo sarà così il vero teatro degno della grande democrazia futurista che propugnamo, assolutamente libera, virile, energetica e pratica.

    F. Azari

    pilota aviatore futurista

    MILANO, 11 Aprile 1919

    Unicità della creazione panplastica (Sistemazione teorica delle arti visive, diffluenti e plastiche)

    Autore: Anton Giulio Bragaglia.

    Data: 1919.

    Con il presente saggio diamo inizio ad una serie di scritti che costituiranno in complesso una personale teoria delle arti visive e plastiche che l'autore mette come complemento alla sua produzione artistica e che, sinteticamente, chiama TEORIE PANPLASTICHE – Valutazione e Creazione INTEGRALE ORCHESTICA NELLE ARTI Visive, Fluide e Plastiche.

    Diamo il sommario di questa opera, che noi andremo pubblicando, volta per volta.

    1° SISTEMAZIONE TEORICA DELLE ARTI VISIVE. Unicità della creazione pamplastica. Cenni di Patoestetica visiva. Esotismo e nazionalità nell'arte.

    2° Teoria orchestica pamplastica e Arti visive diffluenti dell'Azione (sottogruppo coreografico).

    3° Creazione in astratto. Teoria di produzione:

    1. Premessa psico-logico-estetica.

    2. Policromia pura astratta (nuova arte bidimensionale).

    3. Plasmazioni pure in astratto e applicazioni.

    4° Rappresentazione del concreto. Teoria di produzione:

    1. Premessa.

    2. Coefficienti nella esecuzione.

    3. Composizione.

    Prossimamente lo stesso Autore pubblicherà le seguenti opere: PATOESTETICA e MALATTIE DELL'ARTE MODERNA.

    CON ALTRI OCCHI, Studi sulle Estetiche e sulle Arti esotiche. Esotismo nostrano.

    ORCHESTRAZIONE INTEGRALE DEI VALORI NELLE ARTI PLASTICHE:

    1. Forma – Volume – Espressione.

    2. Luminosità – Chiaroscuro – Colore.

    3. Estetica dello Spazio e composizione.

    I.

    Vogliamo esporre i nostri convincimenti artistici sul complesso delle arti plastiche, augurandoci di non annebbiare ancora oltre la mente dei pazienti amatori, ingarbugliati certamente, e quindi ostili ad ogni parola moderna, per l'inqualificabile mercantilismo di tanti falsi movimenti recenti e contemporanei, nel campo della rappresentazione figurativa; e stanchi d'attendere – da quando? – una forte soluzione dei vasti problemi delle altre mirabili arti plastiche.

    Entriamo rapidamente, con questi sommari e preliminari cenni, nel vivo delle questioni teoriche che sovrastano ad ogni savia produzione.

    Il nostro pensiero – libero da ogni pretesa di Sistema Estetico, – è inquadrato dalla netta distinzione dei grandi gruppi delle arti esclusivamente visive. Abbiamo contrapposto le arti plastiche che si estrinsecano elaborando la materia sensuale, alle arti vive diffluenti dell'Azione, che pure sentiamo legate assolutamente alla sensibilità pamplastica.

    Fra le arti plastiche, la opposizione delle rappresentazioni figurative reali ed irreali del concreto, intimamente trasformato – alle arti che creano in astratto coi valori della plasticità, ci ha condotto alla esaltazione di manifestazioni puriste di queste ultime.

    Alle arti fluide dell'azione – mimetiche ed orchestiche – naturaliste e antinaturaliste, – abbiamo tolto la pretesa supremazia su tutte le arti plastiche, a traverso la magia del gesto, per affermarne viceversa la originalità e precedenza su le arti acustiche, che dal ritmo plastico organico hanno desunto il ritmo sonoro; dalla euritmia spaziale dinamica hanno avuto la misura del tempo.

    Conseguentemente abbiamo rilevato, per le arti plastiche concrete, una maggiore indipendenza dell'espressione – supremo scopo dell'arte – dalla mimica animale, affermata nella pittura d'ambiente (paesistico-artificiale); benché conosciamo l'importanza enorme dell'influsso indiretto che il mimetismo e l'orchestrazione organatrice hanno in tutte le erti.

    Ai soli coefficienti (fattori, elementi, qualità o valori) del sensualismo visivo e plastico, è dovuta ogni efficacia emozionale sinestesica e simpsichica. L'anima umana si può valorizzare con le sole proprietà obiettivo-oggettive della materia del senso dominante.

    Differenzieremo con assillo, in appresso l'arte precipuamente visiva e plastica, dall'arte acustica e tale dimostrando come letterarietà e musicalità debbano essere assolutamente estranee dal campo plastico; mentre tutte d'altra parte collaborano fuse nelle arte composite (teatro).

    I visivi in letteratura ed in musica mancano della specifica materialità plastica, mentre l'attore ed il coreografo sono prima creatori di forma e di gesto, e accessoriamente, nello spettacolo plurisensoriale, musicali o letterari.

    Per essere pittori, compresi dalla complessità pamplastica della figurazione pittorica abbiamo ciclicamente saggiato le maggiori manifestazioni plastiche: vincendo la naturale riluttanza, abbiamo saputo avere il gusto delle teorie come viva necessità della produttività cosciente. Al falso primitivismo – Impossibile sinceramente nella nostra civiltà – abbiamo con gran cuore contrapposto la formazione snervante d'autodidatta moderno, sorretti dalla fede di riuscire, dalla sicurezza di affermare validamente le energie innate, favorite dalla meditazione'e dal lavoro.

    Non potendo limitare la pittura a raffigurare primitivamente, per diversi scopi, l'ambiente naturale e gli organismi animali e vegetali che in esso senza attività inventive vivessero, – considerando la vita sociale (anche inferiore) degli esseri, che visibilmente ha prodotto, con le molteplici lavorazioni della materia, l'ambiente artificiale ossia ogni forma non partorita dalla Natura, ci siamo affissati al fenomeno prodigioso della creazione umana, senza trascurare, per l'intima comprensione, le manifestazioni creatrici animalesche.

    Nella pittura si assommano, per la gustazione trasformatrice della esteriorità, le facoltà totali dell'anima umana. A coloro che nella raffigurazione non hanno veduto – orbi della mente – la potenza della creazione dei valori, dovuti alla crogiuolazione elaboratrice con che l'uomo si aggiunge, anzi si sostituisce al vero, a coloro che in tutto vedono l'imitazione, avversi – per timor di Dio – ad ogni sano antinaturalismo, opponiamo la storica dimostrazione che ne ha dato il Genio d'ogni epoca, barbara o fulgida, sotto il vario suggello nazionale.

    Nella valorizzazione degli inorganici per la composizione paesista, nella trasposizione dalla totalità sensoriale nel campo visivo, mediante la creazione compositiva; nella trascendenza graduale da cui sono sorte le irrealtà ed allegorie plastiche di altri mondi naturali ed artificiali e di vegetazioni ed esseri straordinari o di incredibili fenomeni; nella invenzione mimica e orchestica riprodotta a traverso la figurazione, – vedremo quanto vasta sia l'orma dell'antinaturalismo, che pure vive nella Natura. Le formule e le parole sono per ora a noi nemiche.

    Tuttavia in pittura vedremo, meglio che altrove, affermazioni del forte naturalismo gustatore, sentimentalmente o cerebralmente, della natura, in concreto, – accanto o alternatamente a manifestazioni d'ispirazione interiore.

    Il gruppo di arti che maggiormente è dovuto alla esplicazione di facoltà creatrici, è costituito dalle varie architetture e da quelle produzioni che fra tutte le lavorazioni della materia, maggiormente sono libere, ovvero sono solamente alleate agli [...] estetici, utilitari scientifici economici, in una parola pratici.

    I valori della sensualità pamplastica sono fondamentalmente cioè psico-fisiologicamente identici; ma la grande divisione tra il gruppo figurativo ed il gruppo per eccellenza creatore delle arti d'astrazione, consiste nella concretezza del primo, cui si oppone la astrattezza generalizzatrice o compositrice di nuove organizzazioni estetiche, del secondo. Vedremo partitamente, per comodità sistematica, le Teoriche di Produzione per i due gruppi, che cosi completano la geniale assaporazione della materialità dello spazio.

    Le verità estetiche a noi note, sono intimamente accomunate in tutta la visività, fluida e plastica.

    Dalla Filosofia delle Forme artefatte, esistenti nell'ambiente sociale, limitate al dominio estetico, sono risalito alle origini psicologiche e logiche della Creazione artistica pura, escludendo, almeno in teoria, i fattori pratici utilitari delle manifestazioni applicate. Dalla ricostituita Teoria di produzione, ho sentito l'imposizione di purificarne le attuazioni nel loro concetto altissimo di assoluta creazione autonoma: ogni applicazione presuppone la produzione per sé stessa, invincolata da pretesti e limitazioni extra-estetiche.

    Per lo stesso scopo di redenzione ho affrontato la produzione, non soltanto ornamentatrice e sensuale di un'arte astratta bidimensionale – cioè coi mezzi pittorici pigmentari o d'applicazione plurimateriale, o in rilievo –; ed ho preferito plasmazioni architettoniche che permettessero una più libera espansione nello spazio.

    Dalla Filosofia della Forma in Natura – che nelle scienze ha suscitato le molteplici teorie dell'evoluzionismo creatore, del metamorfismo essenziale delle organizzazioni fisiche –; e dalla valutazione di tutti i coefficienti della sensualità visiva, ponendo nei giusti termini il risuonamento mimetico quale fattore della coscienza umana, potei assurgere dalla considerazione della espressione inorganica, universale alla netta valutazione della preponderanza dell'espressione metapsichica come valore proprio alla materia del senso.

    Come nel canto la parola aggiunge una forza comunicativa particolare, al di sotto delle maggiori possibilità del suono vocale musicalmente armonizzato e composto per corrispondere intuitivamente con gli ascoltatori. – egualmente nella figurazione la eloquenza del gesto e della fisionomia permettono alla composizione di esseri l'esterioramento di tanta parte della loro superiorità psichica e di relazione, mentre i grandi concetti, la emozionalità generale, si affidano prepotentemente al giuoco più vasto della composizione dei valori concreti ed elementari, dell'organizzazione realista modificata, in varia guisa dalla personalità dell'artefice.

    Canto e figurazione hanno quindi un rapporto comune con la musica e la creazione, e non è detto che il giudizio di molti contro la parola cantata e contro il gesto figurato non abbia un fondamento oscuro di aspirazione ai puri valori concreti o astratti, esteriori o interiori. In questo senso il canto e la pittura sono arti composite: al primo si aggiunge la poesia, la seconda contiene le arti del gesto, poiché anche il pittore, anche lo scultore, crea – fissandole – le attitudini e la gestizione e la mimica del volto, sintetizzando, per la necessità della sua arte, il divenire lo sviluppo il flusso creatore dinamico proprio delle arti fluide dell'Azione, che la veggenza interna gli rappresenta cinematograficamente.

    Dal confronto dei tre gruppi di arti direttamente visive, risultano le interferenze reciproche, culminanti nella pittura. (Ciò che è visibile è commemorato nella scienza della pittura: Leonardo).

    Nella pittura si ha occasione di e-sercitare le facoltà mimiche e in sommo grado le facoltà di creazione non solamente concreta, ma in astratto come architettura, costume, inscenatura ecc.; specialmente nelle allegorie e nelle fantasmagorie irreali. Oltre che quale creazione elementare ed inorganica naturalista, e composizione antinaturalista soggettiva traspositrice della interezza psichica, mediante la trasformazione della esteriorità fisica, – nella rappresentazione figurativa rientrano elaborazioni di forme artificiali costituenti l'ambien-tazione sociale. Ciò in seguito esamineremo dimostrando l'importanza enorme della formazione di una coscienza pamplastica; e vedremo come grande parte delle malintese ricerche dì astrazione in pittura, derivano dalla assoluta impreparazione teorica dei troppo primitivi e selvaggi novatori; quando sono in buona fede.

    Secondo noi il carattere concreto, logico e realizzabile della pittura, non deve degenerare in impotenti ricerche, viziate nell'origine teoricamente, se non moralmente. Ci è parsa perciò necessaria la presente sistemazione che attribuisce alle varie arti visive, campi ben differenziati, pur riconoscendone le interferenze: tale è la nobile tradizione.

    La ricerca di bellezza ne è chiaramente illuminata, scindendone gli aspetti e gli elementi, propri alle diverse forme d'arte. La bellezza della materia, la vitalità di organismi animali, vegetali, di fenomeni del cielo del mare e terrestri, e i riferimenti diretti alla emotività universale, – sono fatti estetici non generalizzabili oltre i limiti della multelateralità del concreto reale e irreale. La pittura sensuale imaginaria trascende per diversi gradi dal vero scegliendo non solo i valori estetici, ma principalmente gli elementi organizzati fisicamente , ad imitazione della realtà, alla quale in qualche modo deve conformarsi, ispirandovisi.

    La pittura ornamentale obbedisce a stilizzazioni, a fregi, ad esigenze di libera composizione spaziale e cromatica, che tuttavia non hanno l'assoluta astrattezza delle magnifiche manifestazioni della creazione in astratto coi mezzi bidimensionali della pittura, dalle quali noi decisamente la abbiamo divisa.

    La pittura espressionista (quale rappresentazione dello spirito, delle invisibili potenze dell'anima e dell'occulto sovrannaturale e cosmico) in tutte le sue tendenze e attuazioni, d'intenzione lirica e drammatica, se è basata sulla esteriorità reale esistente, nel trasformarla deve conserrarne anzi avvivarne il carattere, senza compromessi sterili con la beltà accademica, quando la bellezza sia estranea al soggetto plastico trattato,

    Fuori della figurazione, il bello plastico si identifica con la creazione compositiva di valori astratti, costituenti nuovi organismi estetici su di una superficie e nello spazio; e la espressione, non più legata agli organismi ed alle loro mimiche, si rivela liberamente quale fattore della futilità sensoriale visiva, come un puro coefficiente estetico.

    La espressione come elemento di bellezza, predomina in concreto nel paesaggio, e ciò dimostra la unicità dei due aggruppamenti d'arti plastiche.

    La sconfinatezza della fusibilità delle arti che creano astrattamente, e la complessità della rappresentazione in concreto, assicurano il perenne trionfo alle differenti manifestazioni, vive per scopi diversi.

    (1) Vedi la mia «Patoestetica» e «Malattie dell'Arte Moderna»

    ALBERTO BRAGAGLIA.

    Alfabeto a sorpresa

    Autore: Filippo Tommaso Marinetti.

    Data: 1919.

    Francesco Cangiullo, correndo nelle immense libertà e possibilità parolibere, ha creato l'Alfabeto a sorpresa, fusione della massima culminante divinazione verbale-letteraria e della massima culminante divinazione pittorica.

    L'Alfabeto a sorpresa è una creazione assolutamente originale e spontanea. Non è applicazione d'una teoria; ma ne traggo una importantissima che aprirà nuovi varchi all'ingegno e una nuova linea di navigazione nel nostro oceano parolibero.

    1°) L'Alfabeto contiene oggi tutte le significazioni, tutti i simboli, tutti rapporti spirituali, tutte le sensibilità artistiche e tutte le ideologie che molti secoli di pensiero umano vi hanno condensato. Noi proviamo guardando un A, un B, una M, confuse sensazioni plastiche musicali erotiche sentimentali prodotte da tutto ciò che il pensiero umano espresso ha deposto su quelle lettere.

    2°) L'Alfabeto contiene oggi per ognuno suggestioni e simboli specialissimi prodotti dalla nostra personale sensibilità artistica e dalla nostra personale ideologia che si sono fuse con ogni lettera influenzandola o deformandola. La lettera B può essere sensuale molle carnale per me, forte scoppiante aggressiva per un altro. La lettera M può essere architettonica conservatrice tradizionale per me, rivoluzionaria per un altro.

    3°) L'Alfabeto contiene oggi per ognuno mille altre impronte e deformazioni prodotte dalla nostra vita vissuta, poiché ogni lettera ricorda specialmente un nome di persona città mare lago fiume, un fatto unico ecc.

    4°) L'Alfabeto contiene oggi per ognuno un valore calligrafico personale, espressione grafica dei nervi, impronta dei muscoli della mano.

    Le lettere dell'alfabeto cariche o deformate così:

    a) da significazioni e stratificazioni artistiche ideologiche universali

    b) da significazioni artistiche ideologiche personali

    c) dalla propria vita vissuta

    d) dalla propria mano

    fanno poi uno sforzo di nuova deformazione per diventare materiali d'architettura o personaggi di dramma futurista.

    Si preparano a sopportare il peso di nuovi simboli per raggiungere nella creazione finale il massimo prestigio il massimo splendore e la massima potenza di suggestione.

    Le distanze che separano la primitiva nudità vergine della lettera dal suo primo stato universale, dal suo secondo stato personale, dal suo terzo stato ancor più personale, dal suo quarto stato più personale e più tipico ancora, costituiscono l'anima dinamica evolutiva della lettera e la sua vita drammatica.

    Esempio: nella tavola Golfo di Napoli di Francesco Cangiullo e Pasqualino, la lettera f, che mi ricorda i fiori le foglie una femmina una folla e una follia, diventa una vela che si gonfia a poco a poco di vento lento sul golfo serico estatico. Poi mi soffia nel viso, ffffff, s'allunga come un flauto triste in una serratura d'inverno, arruffa i fiori i tuoi capelli, e trema come un fiato di donna in amore...

    Così, senza volerlo, colla forza del genio, Francesco Cangiullo e Pasqualino hanno creato un nuovo Golfo di Napoli per divertirvi, cari futuristi che sparate contro il lurido passatista!

    Dal fronte 22 ottobre 1918.

    F. T. Marinetti.

    Grande Esposizione Nazionale Futurista, catalogo della mostra, giugno 1919

    L'azionariato Sociale

    Autore: Filippo Tommaso Marinetti.

    Data: 1919.

    I salari sono fissati ad una certa altezza che dipende dalla domanda di lavoro e dalla produttività del lavoro.

    II capitale riceve un compenso che è e tende ad essere uguale al saggio dell'interesse corrente più una certa quota di rischio variabile.

    Se – per esempio – c'è un impiego sicuro (come la rendita in tempi normali) al 5 % nessuno vorrà impiegare il suo risparmio in una impresa industriale che non renda per lo meno il 5 % più una quota per il rischio.

    Cosi, se in una industria si ricava il 7,50 % e nondimeno un'azione di 100 lire di questa industria vale sul mercato 100 lire e non di più, non diciamo che la capitalizzazione è al 7,50 % perchè la conoscenza della industria porta a valutare a 2,50 % i rischi che comporta.

    La ditta Pirelli, per esempio, avendo accumulato in un triennio una riserva di 6 milioni (dopo aver distribuito l'utile normale agli azionisti) divide la riserva in 3 milioni agli azionisti (come aumento gratuito di capitale) e 3 milioni al personale.

    Ecco una dimostrazione pratica che non ci può essere vera partecipazione operaia ai profitti delle industrie senza intaccare la quota di rischio che forzatamente deve sostenere, incoraggiare, difendere gli azionisti e la industria stessa.

    Infatti Pirelli non la chiama partecipazione agli utili, ma regalo o premio agli operai fatto con una parte delle eccedenze sull'utile normale.

    Noi futuristi crediamo che bisogni imporre al più presto l'azionariato sociale cioè: la partecipazione degli operai alle imprese. Questa concezione geniale e pratica che è andata formandosi attraverso una serie di tentativi in America, in Francia e in Inghilterra, ha incontrato delle ostilità feroci che si giungerà però a superare vittoriosamente.

    Filippo Carli, segretario generale della Camera di Commercio di Brescia, illustra, spiega e propugna con precisione lucida nella Rivista dell 'Industrie illustrate italiane l'azionariato sociale.

    Filippo Carli dice:

    Il regime della fabbrica, diffusosi nell'Europa occidentale dopo la rivoluzione industriale inglese, spezzò definitivamente i rapporti di proprietà fra l'operaio e lo strumento di lavoro. Dopo di allora sorse ripetutamente, nei vari paesi, l'idea di ricostituire l'associazione fra il capitale ed il lavoro, poiché si sentiva più o meno oscuramente che in questa era la chiave dell'armonia fra le parti cooperanti alla produzione. Bisogna riconoscere però che il movimento fu affatto inadeguato allo scopo: molti tentativi fallirono, altri si trascinarono più o meno stentatamente, parecchi furono causa di profonde disillusioni. Tuttavia è da chiedersi se quegli esperimenti si compiessero con quella larghezza di vedute che sarebbe stata necessaria, e con quella sincerità che è condizione indispensabile del loro successo.

    Fin dal 1825 si ebbero in Inghilterra i primi tentativi di partecipazionismo operaio, e da quell'anno fino al 1910 si fecero 221 di tali esperimenti, dei quali solo 70 erano in esistenza nel 1910, secondo i rilievi fatti dall'Ufficio inglese del Lavoro; e, in fondo, gli operai inglesi considerano attualmente questo procedimento con indifferenza. In Francia già negli anni quaranta, il movimento connesso alla età d'oro della borghesia, fece sorgere in alcuni spiriti illuminati l'idea della partecipazione ai profitti. Il primo tentativo concreto fu quello di Jean Leclaire nel 1842, il finale incontrò ogni sorta di difficoltà. Tuttavia l'idea fece strada, e nel 1879 per la prima volta fu proposto un disegno di legge al Parlamento francese da Laroche-Joubert, nell'intento di «pousser au système coopératif, c'est-a-dire à l'association de Intelligence du capital et du travail, par la participation imposée aux adjudica-teurs...». Il concetto era che lo Stato imponesse la partecipazione agli aggiudicatari dei

    lavori pubblici, per dare esso stesso l'esempio e per dimostrare l'utilità ai liberi imprenditori. L'idea fu ripresa nel 1895 dal Guillemet, persuaso com'era «qu'il n'y a rien de plus difficile à faire entendre aux gens que leur propre intérêt» e che quindi bisognava che lo Stato desse l'esempio. Dopo altri progetti, il Godard, nel 1909, si pose da un punto di vista più ampio, chiedendo la creazione di actions de jouissance du travail nell'intento di imporre alle società anonime l'ammortamento del loro capitale e di rendere il capitale iniziale e il lavoro comproprietari dell'attivo sociale liberato rispetto al primo mediante il rimborso delle azioni. Era questa la via maestra del nuovo partecipazionismo, la quale doveva condurre alla legge del 26 aprile 1917 sulle società anonime a partecipazione operaia. I principi fondamentali di questa legge, che si può considerare come il passo più decisivo fatto dalla legislazione moderna in tale campo, sono i seguenti:

    1° Gli operai avranno diritto ad una parte dei benefici realizzati dall'impresa a cui sono adibiti.

    2° Essi partecipano alla sua gestione, saranno rappresentati alle Assemblee generali, avranno il loro posto nel Consiglio di Amministrazione.

    3° Essi avranno un diritto di credito eventuale sull'effettivo della società.

    Dice l'art. 1 della legge: Le azioni della società si compongono: a) di azioni o parte di azioni di capitale; b) di azioni dette azioni di lavoro. Le azioni di lavoro sono la proprietà collettiva del personale salariato (operai ed impiegati dei due sessi) costituito in società commerciale cooperativa di mano d'opera in conformità dell'art. 68 della legge 24 luglio 1867, modificata dalla legge 1° agosto 1893. Questa società di mano d'opera comprenderà obbligatoriamente od esclusivamente, tutti i salariati adibiti all'impresa da almeno un anno ed aventi più di 21 anni di età...». E per tal modo il lavoro, del pari del capitale, costituisce un diritto che dà origine ad un azione, l'azione di lavoro. Questo geniale concetto dell'azione di lavoro, viene a sovvertire completamente la nozione corrente del salario, ed a elevare il salariato al livello di un collaboratore del capitalista. Esso contiene in sè potenzialmente una profonda trasformazione economico-sociale, trasformazione alla quale noi pure dobbiamo

    mirare. Certo, non mancano le obbiezioni di carattere dottrinale contro il principio informatore di tale legge, come non mancheranno le difficoltà della sua pratica applicazione: ma è fuor di dubbio che essa contiene una formola fondamentale di equilibrio sociale.

    La grande idea è lanciata, un'idea che ha la potenza di un profondo rivolgimento legale nei rapporti fra le classi:l'azionariato sociale . C'è qui veramente la chiave dell'armonia tra capitale e lavoro nel dopo guerra: c'è tutto l'avvenire. Se le classi dirigenti hanno qualche incertezza, qualche ondeggiamento nell'applicazione di questo principio, sono perdute. E notisi che la legge francese non rappresenta se non un primo passo sulla via che deve condurre alla piena attuazione del principio: essa non sancisce che una facoltà, mentre si deve venire all'obbligatorietà; e probabilmente essa è destinata a combinarsi con alcuni principi propugnati dal Briand fino dal 1910. Secondo il progetto Briand, il 33 % dei benefici sarebbe riservato agli operai; il 33 % al Capitalo ed al Consiglio di Amministrazione, in cui gli operai sono rappresentati in proporzione di almeno un quarto dei membri; l'altro 33 % sarebbe distribuito, quanto al 17 % sotto forma di premi a compensare gli operai di èdile, e quanto al

    16 % al direttore tecnico, ingegneri, consigliere delegato, sotto forma di supplemento dei loro stipendi. È probabile dunque che notevoli passi innanzi si debbano fare; ma la via è questa, ed ogni deviazione sarebbe rovinosa: giacché non si può non riconoscere la legittimità storico-sociale e demografico-economica del fondamento su cui posa il nuovo principio. L 'impresa non è più, nella nostra società, una funzione privata: è una funzione pubblica nei suoi presupposti, nel suo svolgimento, nelle sue conseguenze. Viceversa l'imprenditore nell'atto in cui assolda mille, duemila, diecimila operai, per una determinata forma di produzione, tende ad accaparrare nel proprio individuale interesse una parte delle forze nazionali la nazione gli cede una parte del proprio organismo affinchè egli ne disponga come crederà più opportuno: e da allora la vita e l'avvenire di questa parte della nazione, dipendono dal suo arbitrio e dalla sua capacità. A questo punto è legittimo che sorga il diritto della collettività

    nazionale a limitare quello dell'individuo: rappresentata da quei mille o duemila o diecimila operai che furono assunti dall'individuo imprenditore – il quale, notisi bene, deve allo stesso ambiente sociale una gran parte della sua capacità tecnica e della sua potenzialità economica – la collettività nazionale insorge ed afferma il suo diritto a partecipare all'impresa. Spunta l'azione sociale. Un radicale rivolgimento è avvenuto nei principi del salario, poiché questo riesce così composte di due quote: una quota con la quale all'operaio è assicurata la semplice esistenza e che pertanto si potrebbe chiamare biologica, ed una quota con la quale e per la quale l'operaio partecipa in modo cosciente ai benefici della gestione sociale.

    Umberto Notari, direttore delle Industrie illustrate italiane, da me interrogato sull'opposizione che la sua campagna in favore dell'azionariato sociale ha incontrato nell'ambiente industriale, mi disse:

    «Uno dei principali oppositori, Pirelli, non ha trovato, in fondo, che queste due obbiezioni:

    1) Accogliere nel consiglio di amministrazione degli operai vuol dire accogliere dei possibili propalatori o trafugatori di sistemi, di metodi speciali, di formule segrete e di brevetti preziosi, dato che gli operai possono domani abbandonare l'azienda od officina per recarsi in un'altra.

    2) Le maestranze sarebbero sempre più o meno malcontente degli operai che le rappresenterebbero nel consiglio di d'amministrazione.

    In realtà mi disse Notari, «negli industriali si manifesta una irriducibile repugnanza ad avere al fianco l'operaio servitore o schiavo di ieri».

    Vecchia concezione medievale del padrone capitalista chiuso coi suoi amici azionisti nel ricco ed elegante studio che guarda attraverso gli eleganti pizzi delle sue tendine il fiume nero degli operai che scorre nelle vaste arterie della sua immensa fabbrica fra il rosseggiare degli alti forni e le cataste di coke.

    Ma l'ostilità – soggiungeva Notari – viene anche dagli operai, i quali non comprendono assolutamente l'ascensione morale che l'azionariato offre loro e sono d'altra parte sobillati dai capi e agitatori contro l'azionariato stesso che tende a distruggere ogni loro ragione d'essere, poiché addormenta la lotta di classe».

    Notari conveniva con me che in fondo si tratta di ostacoli di un valore molto relativo.

    F.T.MARINETTI.

    Manifesto dell'Architettura Futurista

    Autore: Vincenzo Fani.

    Data: 19 agosto 1919 (non pubblicato).

    1. Fino ad oggi, l'architettura non ha espresso con le proprie linee che la stabilità, l'immobilità, la quiete e l'inerzia della morte. La chiesa (luogo di contemplazione e di preghiera) la casa (dimora del sonno) e il monumento funebre riassumono in sé tutta la storia dell'architettura passatista.

    Nell'avvenire non vi saranno più case, né chiese, né cimiteri. I muratori cesseranno di scavare fondamenta. I becchini cesseranno di scavare sepolcri. Il regno dell'architettura statica sta per tramontare. Noi inaugureremo l'era dell'architettura dinamica. Le Dreadnought, le locomotive, le Aeronavi, le dinamo, i torni meccanici, le rotative tipografiche, e i motori ad olio pesante sono i primi esemplari della nuova fauna architettonica, ai quali ci ispireremo per tracciare le linee delle nostre «abitazioni in velocità». Gli uomini del futuro disdegneranno di abitare in case radicate al suolo. Le loro abitazioni, munite di formidabili motori, correranno, navigheranno, voleranno, sostituendosi a tutti gli attuali mezzi di locomozione. Il nomadismo meccanico diventerà la regola del vivere sociale. Le città cesseranno di stare raccolte attorno ai loro edifici pubblici, sotto la vigilanza di fortezze – cani da guardia, come armenti di pecore attorno al proprio pastore.

    Liberate dai loro reticolati di strade e di piazze, le case si leveranno nel cielo come stormi di passeri, riversandosi nelle campagne. Spinte da una irresistibile forza centrifuga le grandi città fluide si espanderanno all'infinito incorporando in sé le minori. In tutto il mondo non vi saranno che tre o quattro enormi metropoli vaganti, in continua guerra fra loro. La terra non sarà infine che una sola città, alleata con Venere e Mercurio contro gli abitanti di Marte.

    2. In attesa che i progressi della scienza meccanica ci permettano di realizzare l'ideale della casa volante, noi dovremo contentarci di una architettura di transizione. La casa futuristica sarà: a) indipendente; b)

    mobile; c) smontabile; d) meccanica; e) esilarante.

    Gli agglomeramenti stabili di case sono condannati a dissolversi. I nostri picconi sventreranno le filze interminabili di palazzacci e di casupole rognose, addossate le une alle altre come grattarsi vicendevolmente la propria rogna. Spariranno così anche i cortili, pozzi di sudiciume e di miseria, dove fraternizzano da secoli i panni sporchi degli uomini, gli escrementi dei gatti, le chiacchiere delle comari.

    Ogni casa deve avere attorno a sé uno spazio sufficiente respirare, vivere ed espandersi. Le nuove case saranno libere spostarsi in tutte le direzioni, scorrendo sulle gigantesche rotaie che solcheranno il suolo delle città future. Le ville signorili, saliranno o scenderanno lungo le pendici delle montagne, a seconda della stagione o della temperatura. Le case di salute gireranno su perni attorno a se stesse, voltando al sole sempre la medesima faccia, come enormi girasoli. Le città di frontiera saranno costruite

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