Solo mia
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È quello che succede a Cassandra, costretta a trasferirsi col padre nella residenza estiva di un amico di famiglia, dopo aver perso la casa, le sue certezze e tutto quello a cui teneva di più.
Senza quasi rendersene conto viene presto catturata dal fascino del ricco padrone di casa, Samuel Chase, molto più grande di lei, nonostante la ragione le imponga di stargli alla larga e le suggerisca di avvicinarsi al figlio adottivo di lui, Alec, sempre pieno di attenzioni.
Un triangolo che non avrebbe mai voluto minaccia di sconvolgere la sua vita, ma Cassandra, per quanto ci provi, non riesce a sottrarsi a quel legame pericoloso che in poco tempo diventa il suo tormento, un chiodo fisso, sempre più vittima di un sentimento che la divora, consumandola dall'interno.
Samuel è brutale, possessivo e determinato ad averla, mentre Alec riesce a coinvolgerla con la sua dolcezza.
La scelta sembra impossibile, eppure Cassandra decide di rischiare.
Perché si sa, il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.
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Solo mia - Doranna Conti
Solo Mia
Doranna Conti
2016 © Doranna Conti
Solo mia
Doranna Conti
Proprietà letteraria e artistica riservata.
Tutti i diritti sono riservati. Vietata la riproduzione.
Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice o sono usati in maniera fittizia. Qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone, reali, viventi o defunte è puramente casuale.
Cover by Mary Graphic’s, immagine regolarmente acquistata dal sito di immagini digitali 123 RF
Diritto d'autore: sergeyp / 123RF Archivio Fotografico
Lui era sbagliato,
sbagliato nell’accezione peggiore del termine.
Così sbagliato da sembrare giusto.
Cit.
Prologo
Samuel
Oggi, dopo molto tempo, ho capito una cosa importante.
Il confine tra la vita e la morte è una linea sottile eppure tangibile, non un concetto astratto da prendere alla leggera, illudendosi di poter stare al di sopra di tutto.
Non siamo noi a dettare le regole, ma un essere superiore che, a volte, si diverte a mischiare le nostre carte senza guardare in faccia nessuno.
Ancora devo metabolizzare il vortice di emozioni che mi si è acceso dentro, vecchi fotogrammi di quella che sembra una pellicola trasmessa a rallentatore su un piccolo schermo messo lì apposta per scandire ogni sbaglio della mia vita. Gorghi infiniti che mi trascinano giù, verso un passato che preferirei dimenticare.
Ho messo da parte i rancori e sono venuto fin qui, anche se controvoglia, per dare l'ultimo saluto a un'amica d'infanzia. Ammetto che all'inizio l'ho fatto solo per assecondare mia figlia Jenny, che mi ha dato il tormento fin quando non le ho detto di sì. Ora, però, capisco che aveva ragione.
Da quando sono i figli a sapere sempre tutto?
Non venire per timore di essere un ospite indesiderato sarebbe stato un errore imperdonabile, uno dei tanti, di cui alla fine mi sarei probabilmente pentito.
Papà, saluto Cassie e andiamo.
La voce sommessa di Jenny mi strappa ai ricordi.
Solo che l'ho persa di vista...
Aggiunge, allontanandosi per andare a cercarla.
Mi avvicino al tavolo del rinfresco e mi verso da bere, un modo come un altro per ingannare l'attesa.
Cerco di tenermi alla larga da Richard, un tempo mio migliore amico e ora invece poco più di un estraneo, per colpa di una fatalità che ha diviso le nostre strade.
La morte improvvisa della moglie deve averlo logorato dentro. Angela per lui era tutto. Soffre così tanto che oggi, nonostante il nostro vecchio litigio, ha accolto la mia presenza in casa sua senza dare di matto, anzi.
Ha ricambiato saldamente la mia stretta di mano ringraziandomi di essere venuto al funerale della donna per la quale la nostra amicizia si è incrinata fino a non essere più la stessa.
La gelosia, a volte, rovina la vita delle persone, rendendole deboli e incapaci di vedere la semplice realtà delle cose.
Ed è questo quello che ci è successo.
Cammino col bicchiere in mano, ne bevo lentamente il contenuto e vago per le stanze vuote, senza avere una meta precisa.
La verità è che non vedo l'ora di andarmene per smettere di respirare quest'aria pesante che sa di cenere e morte.
Poi, a un tratto, un rumore attutito proveniente da poco lontano cattura la mia attenzione. Sembrano note, dolci e malinconiche come la giornata che sto vivendo.
Apro lentamente la porta alla mia destra che conduce a un salotto privato, quello dove un tempo ci riunivamo spesso per ascoltare Angela suonare il suo strumento preferito.
Ed è lì che la vedo.
Cassandra, sua figlia, seduta al pianoforte. Le mani appoggiate sui tasti, tremanti e incerte, le spalle curve e il capo chino, distrutta per quella perdita così tremenda.
A un tratto un singhiozzo più forte degli altri le scuote le spalle, ed è talmente straziante non poter fermare la sua pena che vorrei non averla sorpresa qui a piangere sommessa, inerme e sola, per la morte di sua madre.
Sto per uscire dalla stanza in silenzio quando lei di colpo gira il capo e nota la mia presenza.
Anche se sconvolto dal dolore il suo viso somiglia a quello di un angelo biondo, seducente e irreale. I capelli chiari e gli occhi azzurri splendono in mezzo a tutto quel nero che la ricopre da capo a piedi, facendola sembrare ancora più fragile e indifesa.
E tuttavia bellissima.
Mosso da un filo invisibile mi avvicino alla sua figura e la avvolgo in un abbraccio stretto che vorrebbe essere solo di conforto.
Lei, dapprima stupita del mio insolito gesto, dopo appena un secondo sospira e si lascia andare tra le mie braccia, esausta, simile a un fuscello spezzato dal vento in cerca di un rifugio qualunque.
Il suo delicato profumo mi investe in modo inatteso saturando tutta l'aria intorno, fino a scatenare una reazione inaccettabile sotto la cintura.
Mi irrigidisco all’istante, disgustato da me stesso. Fisso i suoi occhi umidi, grandi e sinceri, mentre prego che non avverta il mio repentino cambiamento. Questa voglia oscura che sfida ogni logica fino a sopraffarmi.
Maledizione, cosa mi prende? Ha appena vent'anni ed è solo una bambina. Una bambina disperata da confortare come farei con mia figlia, non una donna da desiderare.
Non lei, non qui, non in questo momento.
Eppure...
Mi allontano di scatto da quel corpo morbido e Cassie, ignara di tutto, inizia a guardarmi con espressione interrogativa senza immaginare di avere davanti un mostro.
Il labbro inferiore le trema leggermente e io non ce la faccio. Devo andarmene.
Prima di cambiare idea e stringerla di nuovo tra le braccia.
Non dico una parola e mi giro di scatto verso la porta, diviso tra il senso di colpa e la voglia improvvisa di prendermi a schiaffi.
Alla fine, forse, avrei fatto meglio a fare di testa mia.
Non sarei dovuto venire in questa casa rischiando di rovinare tutto. Perché è questo quello che faccio.
Deludo sempre le persone che amo.
1
Un anno dopo
Cassandra
La voce di mio padre rimbomba tra le pareti spoglie della stanza vuota andando a infrangere il triste silenzio del mio cervello.
E anche tutti i miei sogni.
Bassa, profonda, ogni sillaba pronunciata con lenta disperazione sembra una goccia di veleno capace di lasciare solchi profondi nel petto senza nemmeno sfiorarmi.
Perdonami, è solo colpa mia se abbiamo perso tutto.
Abbassa a terra lo sguardo mentre lo dice, mortificato e stanco.
Di colpo la rabbia accumulata per quello che è successo negli ultimi giorni mi abbandona, lasciando il posto a una sommessa desolazione.
Ormai è fatta... inutile ripeterlo. Pensa solo a stare meglio.
Mormoro, senza riuscire ad avvicinarmi per abbracciarlo.
La verità è che ha ragione. Abbiamo perso quasi tutto e il responsabile di questa rovina è soltanto lui.
Eppure non riesco a odiarlo.
La morte improvvisa della mamma, lo scorso anno, lo ha reso un uomo diverso, talmente tanto che a volte faccio fatica a riconoscerlo.
Senza comprendere che il dolore apparteneva a entrambi non ha esitato a chiudersi nel suo guscio, isolandosi da me e dal resto del mondo.
E poi ha cominciato a bere.
Non sapevo che la società fosse a un passo dal fallimento fino alla settimana scorsa, quando i creditori hanno bussato alla nostra porta per portare via tutti i mobili e i quadri di valore dalla nostra villa.
In quel preciso istante la terra è franata sotto i miei piedi mentre vedevo sparire i ricordi d'infanzia, pezzo dopo prezioso pezzo, senza poter fare nulla per impedirlo.
Il pianoforte a coda, strumento preferito della mamma, adesso giace in chissà quale deposito insieme a tutto il resto delle cose a cui tengo, inghiottite dalla polvere.
Trattengo le lacrime e muovo un passo verso mio padre, un altro e un altro ancora fino a raggiungere la solita poltrona dov’è seduto riverso su se stesso, per poi inginocchiarmi al suo fianco.
Prendo la sua mano tra la mie e lui, stranamente, la stringe forte senza allontanarmi.
Nei suoi occhi la sofferenza è palese, tanto grande da congelarmi il cuore.
Papà...
Cassie, puoi perdonarmi?
Certo papà, ti perdonerei tutto. Ti voglio bene.
Queste sono le parole che vorrei dire, ma quando muovo le labbra sento la lingua talmente secca da non riuscire a emettere alcun suono.
Ingoio la tristezza e tento di apparire forte, quel tanto che basta per essergli di conforto in modo da ricucire lo strappo profondo sospeso tra noi.
So di averti delusa.
Basta, non dirlo. Sono certa che le cose si aggiusteranno.
Mento, senza crederci io stessa.
Sarà difficile. Gli investitori ormai sono quasi tutti spariti. Dopo l'articolo della settimana scorsa non si fidano più di quello che faccio. E non posso certo dargli torto.
Torneranno, vedrai. Dobbiamo solo rimboccarci le maniche e...
No, è finita. Per questo ho preso una decisione, anche se so che non ti piacerà.
Quelle parole mi fanno venire la pelle d'oca.
Cos'altro c'è ancora che devo sapere?
Ho chiamato Sam Chase. Ho chiesto il suo aiuto e per un po' di tempo andremo a stare da lui.
Sei impazzito? È parecchio che non lo frequenti... anche con pochi mobili questa rimane pur sempre la nostra casa.
Protesto, scattando in piedi come una molla.
Vedo il suo viso sbiancare di colpo prima di avere il coraggio di ribattere.
Ho venduto la villa per pagare tutti i debiti... dobbiamo andarcene entro domenica.
Mormora, con un tremito nella voce.
L'ha detto davvero?
Vorrei urlargli contro che si sbaglia, che non è possibile, che questa è casa nostra da sempre e nessuno potrà mai portarcela via.
Qui è dove sono nata e cresciuta, circondata dal suo affetto e dall'amore di mia madre. Ogni angolo parla di lei e mi dà l'illusione di poterla rivedere da un momento all'altro. Così tanto che se guardo la porta riesco a immaginarla entrare nella stanza, giusto in tempo per rimproverare mio padre e avvisarlo di non dire sciocchezze.
Sento gli occhi inondarsi di lacrime e finalmente do libero sfogo ai singhiozzi a lungo trattenuti, seppellendo il viso nel petto dell'uomo che, senza volerlo, è causa della mia tristezza.
Piango pensando a mia madre che almeno non sarà qui ad assistere a tutto questo.
Piango pensando all’amore che non avrò più.
Piango fino a sentirmi svuotata, senza forze e impotente di fronte a una situazione più grande di me, tanto da sfuggire al mio debole controllo.
E so che da domani niente sarà più lo stesso.
2
La villa estiva dei Chase si erge tra le verdi colline degli Hamptons, maestosa e imponente.
Sebbene la conosca come le mie tasche una brutta sensazione mi attanaglia lo stomaco fino a serrarmi il petto mentre varco l'enorme cancello in ferro battuto e, poco dopo, il mio sguardo si ferma sull'austero stemma di famiglia impresso sopra a caratteri dorati.
Quanto tempo è passato dall'ultima volta che sono stata qui?
Sembra trascorso un secolo, eppure in realtà si tratta solo di pochi anni. Precisamente da quando ho smesso di seguire mio padre durante le vacanze estive, ormai troppo cresciuta per stargli dietro.
In passato venivamo spesso a trascorrere del tempo in questo paradiso, poi le cose sono cambiate.
Io e Jenny, la loro adorata figlia, abbiamo iniziato a organizzare viaggi in Europa con gli amici piuttosto che restare in compagnia dei rispettivi genitori.
Pensarci adesso scatena altro disagio.
La nostra amicizia, un tempo assidua, ultimamente ha avuto una serie di alti e bassi e non le parlo da quando ho abbandonato l'università, dopo la morte della mamma.
Mi sono chiusa in me stessa, allontanandomi dai soliti amici per iniziare a lavorare come modella e dedicarmi alla fotografia, che in fondo è la mia vera passione.
Avrà perdonato il mio mutismo? Sarà qui ad accogliermi insieme a suo padre e suo fratello oppure farà finta di niente, comportandosi come se non esistessi?
Ho seri dubbi in proposito e questa incertezza non fa altro che accrescere il mio nervosismo.
Lancio una breve occhiata a mio padre, ora impegnato a parcheggiare l'auto sotto l'apposita pensilina.
Il volto stanco appare più sereno rispetto ai giorni scorsi, duri per entrambi e vederlo mi rincuora un po', tanto che provo a rilassarmi anch'io.
Stai bene?
Domanda premuroso, prima di scendere dalla vettura e affrontare la realtà.
Faccio una smorfia e non rispondo mentre scorgo l'alta figura del padrone di casa uscire dalla porta d'ingresso per accoglierci come si deve.
Nonostante sperassi di vedere Jenny al suo fianco noto subito che è solo, proprio come temevo.
Samuel Chase è sempre stato amico di mio padre fin da quando erano ragazzi.
Entrambi hanno messo su famiglia molto presto, giovanissimi, costruendo un impero praticamente dal nulla. Solo che il nostro adesso è fallito, mentre la fortuna dei Chase continua a rimanere solida negli anni.
Divorziato e da allora scapolo impenitente somiglia più a un attore famoso che a un ricco uomo d'affari, tanto che la gelosia assurda di mio padre nei suoi confronti credo sia stata uno dei motivi del loro inaspettato allontanamento, anche se non ne sono del tutto certa.
Eppure, nel momento del bisogno, al contrario degli altri Samuel non ha esitato a tendere la mano al suo vecchio amico, dimenticando ogni rancore.
Evidentemente, per mia enorme sfortuna, Jenny non dev'essere dello stesso positivo parere.
Soffoco un sospiro rassegnato e mi avvicino sforzandomi di ricambiare il caloroso sorriso che ostenta, come se la nostra fosse una visita di cortesia e non una specie di vacanza forzata dopo aver perso tutto.
Anche se non lo vedo da parecchio tempo noto che il suo aspetto non è cambiato per niente, né tantomeno sembra invecchiato, anzi.
Bruno e imponente, spalle larghe e tratti aristocratici, ha un fisico muscoloso, asciutto e allenato, del tutto opposto a quello di mio padre. Due magnetici occhi verdi completano l'insieme e mi scopro a pensare che somigli incredibilmente al figlio, Alec. Cosa strana, visto che l'hanno adottato già grande così da portare avanti il cognome dei Chase dopo gli inutili tentativi dell'ex moglie Katie di partorire finalmente un erede maschio.
Benvenuti.
Esclama in tono allegro, poi fa un cenno per recuperare i nostri bagagli ai silenziosi addetti spuntati fuori dal nulla.
Il suo sguardo mi trapassa da parte a parte e pesa addosso come un macigno.
Stiamo ricevendo la sua generosa ospitalità, unica ancora di salvezza per aiutare mio padre a rimettersi in piedi.
Eppure non posso fare a meno di sentirmi a disagio ad accettare