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Le avventure di Huckleberry Finn
Le avventure di Huckleberry Finn
Le avventure di Huckleberry Finn
Ebook427 pages6 hours

Le avventure di Huckleberry Finn

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Questa storia va ascritta a quelle invenzioni letterarie che non avranno mai fine. Soprattutto perché legate a quel mondo giovanile dell’avventura che ha sempre affascinato i più giovani. Huck Finn che vediamo insieme nelle avventure di Tom Sawyer ora è solo per quasi tutto il racconto di Mark Twain in un viaggio sul Missouri su una zattera con un negro Jim che vuole liberare. Ma questo è un viaggio che rigenera il monello non scolarizzato, e attraverso il rapporto con la natura estrema, con l’amicizia con il negro che supera in modo non facile ma superlativamente i retaggi culturali retrogradi del razzismo schiavista e fa crescere dentro l’adolescente l’uomo. E ciò avviene prima delle guerre di secessione americane, pensando ai personaggi e al romanzo, prima di Martin Luther King che nasce diciannove anni dopo la morte di Twain. Grande operazione culturale e sociale in un libro di avventure. E’ un capolavoro della formazione, che esalta quel sottile limite tra il bene e il male che l’amore, la fratellanza superano non accettando mai, persino per il malvagio, una fine disumana. Quindi il viaggio è davvero un percorso fantastico e pieno di insidie verso la libertà di se stessi
LanguageItaliano
PublisherMark Twain
Release dateFeb 22, 2016
ISBN9788892556942
Author

Mark Twain

Samuel Langhorne Clemens was born in Missouri in 1835, the son of a lawyer. Early in his childhood, the family moved to Hannibal, Missouri – a town which would provide the inspiration for St Petersburg in Tom Sawyer and Huckleberry Finn. After a period spent as a travelling printer, Clemens became a river pilot on the Mississippi: a time he would look back upon as his happiest. When he turned to writing in his thirties, he adopted the pseudonym Mark Twain ('Mark Twain' is the cry of a Mississippi boatman taking depth measurements, and means 'two fathoms'), and a number of highly successful publications followed, including The Prince and the Pauper (1882), Huckleberry Finn (1884) and A Connecticut Yankee (1889). His later life, however, was marked by personal tragedy and sadness, as well as financial difficulty. In 1894, several businesses in which he had invested failed, and he was declared bankrupt. Over the next fifteen years – during which he managed to regain some measure of financial independence – he saw the deaths of two of his beloved daughters, and his wife. Increasingly bitter and depressed, Twain died in 1910, aged seventy-five.

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    Le avventure di Huckleberry Finn - Mark Twain

    Mark twain

    Le avventure di Huckleberry Finn

    UUID: c1864d06-d93a-11e5-8dcf-0f7870795abd

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    Ecco il migliore autore americano per ragazzi

    AVVERTENZA

    Come civilizzare Huck - Mosè e i Cani di Palude - La signorina Watson - Tom Sawyer in attesa

    I ragazzi sfuggono a Jim - Jim! - La banda di Tom Sawyer - Piani ben congegnati

    Una bella passata - La grazia trionfa - Giocare ai banditi - Una delle bugie di Tom Sawyer

    ‘Lento ma sicuro" - Huck e il giudice – Superstizione

    Il padre di Huck - Il genitore premuroso - Conversione

    Il giudice Thatcher in tribunale - Huck decide di scappare dalla capanna - Economia politica - Inseguimen

    L’attesa - rinchiuso nella capanna - Preparativi di partenza - L’annegamento - Progetti - Riposo

    Dormire nei boschi - Il recupero della salma - In guardia! - Esplorazione dell’isola - Un sonno inutile - Incontro con Jim - Segni - Quel pigro negro - Balaam

    La grotta - La casa galleggiante - Un bel bottino

    La scoperta - Il vecchio Hunk Bunker - Il travestimento

    Huck e la donna - Le ricerche - Andare a Goshen - Jim...ci sono alle calcagna!

    Navigazione lenta - Le cose prese a prestito - A bordo del relitto - Non è di buoni principi - In cerca della barca

    La fuga dal relitto - Il guardiano - Il relitto affonda - Un morto sonno

    Un bel divertimento - L’harem - il francese

    Huck perde la zattera - Nella nebbia - Addormentato sulla canoa - Huck trova la zattera - Immondizie

    Storia di un barile stregato - Buon vecchio Cairo - Una bugià bianca - Valuta fluttuante - Giù oltre Cairo

    Un chiarimento notturno - La fattoria nell’Arkansas - Decorazione d’interni - Stephen Dowling Bots - Effusioni poetiche - Un pianoforte di latta

    Il colonnello Grangeford - Aristocrazia - Faide - La Bibbia - Vivere d'acqua - Riparazione della zattara - La catasta del legname - Carne e cavoli - Sei tu, tesoro?"

    Passano i giorni - Una teoria astronomica - "Arrivano i cani’’ - Un sermone sull'alcoolismo - Il duca di Bridgewater - I guai di Sua Maestà

    Huck spiega - Progetto di una campagna - Sfruttare il ra¬duno religioso - Un pirata al raduno religioso - Il duca fa lo stampatore - Jim ricercato

    Scuola di scherma - Essere o non essere - A zonzo per la città - Una città pigra - Il vecchio Boggs - Morte di Boggs

    Sherburn - Al circo - Un ubriaco sulla pista - La tragedia emozionante

    Tutto esaurito - Confronti fra re - Jim malato di nostalgia

    Jim in abiti regali - Prendono un passeggero - Informazioni - Lutto di famiglia

    Sono loro? - Il canto dell’inno - Possiamo risparmiare - Straordinariamente onesti - Le orge funebri - Un cattivo in¬vestimento

    Un re pio - Il servo del re - Lei chiede scusa - Nascosto nella camera - Huck prende il denaro

    Il funerale - L’impresario di pompe funebri - Curiosità soddisfatta - Sospetti su Huck - Vendite rapide e scarsi guadagni

    Il viaggio in Inghilterra - ‘‘Che farabutti!" - Il Camelopardo - Mary Jane decide di partire - Huck si congeda da Mary Jane - Musi contriti - La concorrenza

    Parentele contestate - Il re spiega la perdita - Una questione di calligrafia - Tatuaggio - Il cadavere riesumato - Inutile fuga di Huck

    Il re salta addosso a Huck - Zuffa regale - Una solenne sbronza

    Piani segreti - Jim scomparso - Notizie di Jim - Vecchi espedienti - La storia del montone - Informazioni preziose - La campagna

    Tranquillo e con un’aria domenicale - Falsa identità - In una palude - Il dilemma

    Un liberatore di negri - L’ospitalità del Sud - Birbante di un birbante! - Una benedizione abbastanza breve - Catrame e piume

    La capanna presso la tramoggia della cenere - Il colmo - Un lavoro semplice - Salire per l’asta del parafulmine - Guai con le streghe

    Una fuga come si deve - Oscuri piani - Distinzioni tra furto e furto - Un buco profondo

    Il parafulmine - Migliorare il suo record - Un’eredità per i posteri - Rubare cucchiai - In mezzo ai cani - Una figura nobile

    L’ultima camicia - Con un’aria trasognata - Allora scoppiò - Ordine di partenza - La torta per le streghe

    Il blasone - Un esperto sovrintendente - Gloria indesiderata - Un piagnucoloso

    I topi - Vivaci compagni di letto - Il manichino di paglia

    A pesca - II comitato di vigilanza - Una fuga movimentata - Jim vuol chiamare un dottore

    II dottore - Zio Silos - Sorella Hotchkiss - Zia Sally preoccupata

    Tom Sawyer ferito - Il racconto del dottore - Dare a Jim un buon trattamento - Tom confessa - Arriva zia Polly

    Fuori dalla schiavitù - Giocare al prigioniero - Vostro af-fezionatissimo Huck Finn

    Ecco il migliore autore americano per ragazzi

    Il bello di certi autori è la loro schiettezza e limpidezza, soprattutto se riescono a rivolgersi ai ragazzi. Quello di oggi è considerato il migliore autore americano, ed il libro che presentiamo è, insieme al precedente: Le avventure di Tom Sawyer, la rappresentazione dell’infanzia che molti sostengono sia proprio quella dell’autore. 

    Del resto se la la propria infanzia è stata avventurosa anche la restante parte della vita ne beneficia in ricchezza di emozioni. Peter Pan insegna.

    Mark Twain, pseudonimo di Samuel Langhorne Clemens, nasce in Florida il 1835 e ci lascia nel 1910, è stato uno scrittore, umorista, aforista e docente statunitense. Un autore prolifico, ha scritto di tutto anche una esilarante Viaggio di un miscredente in Paradiso, che è difficile trovare, ma non disperiamo di cercarlo nella soffitta dei libri.

    La storia si svolge nella parte sudista dell’America, vicino al Mississipi. Ci troviamo prima della guerra di secessione americana. Il piccolo Huckleberry Finn, orfano di madre e con un padre sempre ubriaco vive con una zia tutrice. Un ragazzo ribelle e vivace, per certi aspetti un vero e proprio monello, che fuma persino la pipa e marina la scuola. Ce n’è davvero perché la sua tutrice rivolga preghiere al Signore perché "Huck metta la testa a posto e non bruci nel fuoco dell’inferno".

    Quando le sorti dei rapporti, soprattutto con il padre che gli dice, in un momento di lucidità, dai fumi dell’alcool,"aspetto che l’angelo della morte venga a prenderti: ho ricevuto solo calci nella schiena. Quando tu sarai morto, tutto andrà meglio!" A quel punto il piccolo Huck decide di fuggire con lo schiavo nero Jim di cui aveva preso le difese.

    Ed è un avventuroso viaggio sul più grande fiume americano pieno di colpi di scena coinvolgenti, sfuggendo a malavitosi, compiendo eroismi in una sorta di viaggio emblematico verso l’Illinois, dove è stata abolita la schiavitù, che è una cosa che desidera Jim, ovviamente. 

    Illustrazione colorata dall'originale 

    E’ una fuga giovanile da quel mondo degli adulti che non piace, per trovarne un altro con altri adulti, anche peggiori. Capita sempre così, ma, d’altra parte, è così che si cresce. Twain coinvolge il lettore usando anche un linguaggio crudo, è il piccolo Finn che racconta, in modo talmente reale, in un linguaggio colorito, che quando usci il libro fu tolto dalle biblioteche perché ritenuto fuorviante per i giovanissimi.

    Invece anni dopo il romanzo è stato uno dei film di animazione tv più visti accanto a Tom Sawer.

    Nel 1960 il regista Michael Curtiz ne fa un film con la partecipazione di Buster Keaton. Nel 1978 Jack B. Hively ne fa un altro film con Forrest Tucker, Kurt Ida, Dan Monahan, Brock Peters.

    L'edizione che presentiamo vuole essere un tributo a questo grande autore: la copertina presa da Wichipedia e appena schiarita e colorata è propria quella del libro originale; anche la traduzione Roberto Pasini, grande traduttore di tuitti i libri di Mark Twain è davvero vicina a quella del nostro autore che scrive in modo scanzonato, ironico. Perchè ho fatto questa fatica di riportare questo testo online? Perchè si trovano online anche diverse traduzioni ma sono fatte con i moderni traduttori, aggiustati da qualche sapiente italiota, che mostrano strafalcioni, che tolgono stile; se un tizio allunga il collo, Mark è più schietto e scrive: tirò il collo . Ora pensate a tutto un racconto scritto in questo modo, che deve essere proprio il linguaggio di un monello di 150 anni fa,  immortalato per il nostro piacere da Mark Ttwain. L'altro motivo è davvero rendere omaggio ad un grande della letteratura mondiale con un testo adatto agli adolescenti che attraverso la rigenerazion dell'avventura vedono un monello affrancarsi e crescere culturalmente: la vera libertà dalla schiavitù. Buona lettura.

    AVVERTENZA

    Chi cercherà di trovare uno scopo in questa narrazione sarà perseguito a termini di legge; 

    chi tenterà di trovarvi una morale sarà esiliato; 

    chi cercherà di trovarvi una trama sarà fucilato. 

    ORDINE DELL'AUTORE. 

    Per tramite del G. G, Capo dell'Ufficio Sussistenza.

    Come civilizzare Huck - Mosè e i Cani di Palude - La signorina Watson - Tom Sawyer in attesa

    capitolo 1

    Non sapete niente di me se non avete letto il libro intitolato Le avventure di Tom Sawyer, ma non ha alcuna importanza. Quel libro è stato scritto dal signor Mark Twain, che nel com­plesso ha detto la verità. Certe cose le ha un po’ esagerate, ma nel complesso ha detto la verità. Non conosco nessuno che non dica bugie, una volta o l’altra, a parte zia Polly, o la vedova, o forse Mary. Di zia Polly, la zia Polly di Tom, cioè, e di Mary e della vedova Douglas, di loro è detto tutto in quel libro, che è un libro abbastanza veritiero; con qualche esagerazione, come ho già detto.

    Ora il libro si chiude in questo modo: io e Tom troviamo il denaro che i ladri avevano nascosto nella caverna e diventiamo ricchi. Ci toccarono seimila dollari a testa, tutti in oro. Una cosa impressionante, visti uno sopra l’altro. Bene, il giudice Thatcher li prese e li mise in banca, e ci fruttavano un dollaro a testa ogni giorno, per tutto l’anno: più di quanto si possa pensare a spendere. La vedova Douglas, poi, mi prese come un figlio e garantì che mi avrebbe civilizzato; ma era atroce star sempre in quella casa, considerando quant’era formale e terribilmente per bene la vedova in tutte le sue cose. Cosi, quando arrivai al pun­to di non poterne più, tagliai la corda. Tomai nei miei vecchi stracci e nel mio barile vuoto, e fui di nuovo libero e soddisfat­to. Ma Tom Sawyer mi venne a trovare e mi raccontò che stava mettendo su una gang di banditi, e anch’io potevo fame parte solo che fossi tornato dalla vedova e fossi divenuto rispettabile. Cosi tornai indietro.

    La vedova mi inondò di lacrime e mi chiamò pecorella smar­rita e mi diede un sacco di altri titoli, ma senza intenzione di offendermi. Mi Infilò daccapo in quegli abiti nuovi, e io non po­tevo far altro che sudare e sudare, e mi sentivo alla tortura. Bene, poi ricominciò la vecchia storia. La vedova suonava un campanello per la cena e dovevi arrivare puntuale. Quando ti sedevi a tavola non potevi metterti subito a mangiare, ma do­vevi aspettare che la vedova chinasse il capo e borbottasse un po’ sulle vivande, benché su queste non cl fosse proprio niente da ridire. Cioè, niente se non il fatto che ogni cosa veniva cotta, separatamente. Mettendo In pentola tutto insieme è diverso: le cose si mescolano e si scambiano i sapori e la zuppa vien me­glio.

    Dopo cena prese il suo libro e mi istruì su Mosè e gli Ebrei; e lo fremevo dalla voglia di saper tutto di lui, ma poco a poco venne fuori che Mosè era morto da parecchio tempo; allora non me la presi più tanto a cuore per lui, perché i morti non mi in­teressano.

    Subito dopo mi venne in mente di fumare e chiesi alla ve­dova il permesso. Ma lei non volle. Disse che è un vizio brutto e poco igienico e che dovevo cercare di perderlo. Questo è pro­prio il modo di fare di certa gente: ce l’hanno con una cosa quando non ne sanno niente. Se la prendeva tanto per Mosè che non era neanche suo parente e non serviva più niente a nessuno, essendo morto, mentre trovava tanto da ridire su di me per un’azione che in sé aveva qualcosa di buono. E dire che anche lei tabaccava; naturalmente quello andava benissimo, perché era lei a farlo.

    Sua sorella, Miss Watson, una vecchia zitella secca e occhia­luta, era appena venuta a vivere con lei ed ora mi tallonava con un sillabario. Mi fece lavorare piuttosto sodo per circa un’ora, poi la vedova le disse di rallentare. Io non potevo resistere più a lungo. E per tutta l’ora fu di una noia mortale e io divenni irrequieto. Miss Watson continuava a dire: «Non mettere là i piedi, Huckleberry», e «Non strisciarli cosi per terra, Huckleberry» e poi ancora: «Non sbadigliare e non stiracchiarti a quel modo, Huckleberry: perché non cerchi di essere educato? ».

    Poi mi raccontò tutto sul Brutto Posto, e io dissi che volevo andarci. Lei andò su tutte le furie, allora, ma io non intendevo offenderla. Tutto quello che volevo era semplicemente di anda­re in qualche altro posto, solo un cambiamento, non uno in par­ticolare. Lei disse che era malvagio dire cosi; lei non l’avrebbe detto per tutto l’oro del mondo; lei voleva vivere in modo da andare nel Posto Bello. Bene, io non vedevo il vantaggio di an­dare dove voleva andare lei, e così decisi che non avrei fatto alcuno sforzo per seguirla. Ma non lo dissi, perché me ne sa­rebbero venuti solo guai e nulla di buono per me.

    Ora che aveva preso l’avvio, andò avanti e mi raccontò tutto sul Posto Bello. Quello che c’era da fare, là, disse, era andare in giro tutto il giorno con un’arpa e continuare a cantare, per sempre. Cosi non me ne feci una gran idea. Ma non lo dissi. Le domandai se Tom Sawyer secondo lei ci sarebbe andato e lei disse che c’erano poche probabilità. Ne fui contento, perché volevo che io e lui stessimo insieme.

    Miss Watson prese a rimbeccarmi e io divenni triste e ma­linconico. Di lì a poco fecero entrare i negri e si misero a pre­gare, e poi ognuno se n’andò a letto. Io andai su nella mia ca­mera con un pezzo di candela e io misi sul tavolo. Poi andai a sedermi vicino alla finestra e cercai di pensare a qualcosa di allegro, ma non c’era verso. Mi sentivo cosi giù che quasi de­sideravo di essere morto. Le stelle brillavano e le foglie stormi­vano nel bosco in maniera tanto lugubre; e sentii un gufo, lon­tano, che faceva «uh-uh» su qualcuno che era morto, e una civetta e un cane si lamentavano su qualcuno che stava per mo­rire; e il vento cercava di sussurrarmi qualcosa, ma non riuscivo a capire e cosi mi vennero i brividi sul corpo. Poi lontano nel bosco sentii quella specie di suono che fa un fantasma quando vuol dire qualcosa che ha in mente e non riesce a farsi capire, e cosi non può riposare tranquillo nella sua tomba e deve an­dare in giro ogni notte a lamentarsi. Ero così depresso e impau­rito che desiderai veramente un po’ di compagnia. All’improv­viso mi accorsi che un ragno stava arrampicandosi sulla mia spalla, lo buttai giù e quello andò a cadere sulla candela, e pri­ma che potessi toglierlo era già tutto raggrinzito. Non c’era bi­sogno che qualcuno mi dicesse che quello era un segno terri­bilmente brutto e mi avrebbe portato scalogna: ero terrorizzato e tremavo come una foglia. Mi alzai e feci tre giri su me stesso, con un segno di croce sul petto ogni volta; e poi mi legai con un filo una ciocca di capelli per tener lontane le streghe. Ma non ne ero convinto. Si fa così quando si perde un ferro di ca­vallo che si era trovato, invece di inchiodarlo sopra la porta, ma non avevo mai sentito dire che andava bene per tener lontana la sfortuna quando si è ucciso un ragno.

    Mi rimisi a sedere, tremando tutto, e tirai fuori la pipa per farmi una fumatina; ormai la casa era immersa in un silenzio di tomba e la vedova non sarebbe venuta a saperlo. Bene, dopo un bel po’ di tempo sentii la campana lontano in città battere dodici colpi, don, don, don, e di nuovo un silenzio totale, più assoluto che mai. Di lì a poco sentii scricchiolare un rametto, giù nel buio tra gli alberi: qualcosa si muoveva. Rimasi immo­bile tendendo l’orecchio. E dopo un po’ riuscii appena appena a percepire un «miao, miao» laggiù. Cosi andava bene! Feci anch’io «miao, miao», più piano che potei e poi spensi la luce e sgusciai fuori dalla finestra sulla tettoia. Poi scivolai giù fino a terra e strisciai in mezzo agli alberi, sicuro che c’era Tom Sawyer ad aspettarmi.

    I ragazzi sfuggono a Jim - Jim! - La banda di Tom Sawyer - Piani ben congegnati

    Capitolo 2

    Ci allontanammo in punta di piedi per un sentiero fra gli alberi verso l’estremità del giardino della vedova, tutti curvi per non sbattere la testa contro i rami. Proprio mentre passavamo da­vanti alla cucina io inciampai in una radice e feci rumore. Ci buttammo a terra, immobili e in silenzio. Il grosso negro di Miss Watson, di nome Jim, stava seduto sulla soglia della cu­cina; potevamo vederlo ben chiaro perché c’era luce dietro di lui. Si alzò in piedi e tirò il collo per circa un minuto, in ascolto. Poi fa:

    - Chi va là?

    Tese l’orecchio ancora un po’, poi venne avanti in punta di piedi e si fermò proprio in mezzo a noi due; potevamo toccarlo, quasi. Bene. Per minuti e minuti non si sentì un suono, e noi stavamo immobili tutti li, cosi vicini e insieme. C’era un punto della caviglia che cominciava a prudermi; ma non mi gratto; poi comincia a prudermi l’orecchio; ed ora la schiena, proprio in mezzo fra le spalle. Mi sembrava di morire se non potevo grattarmi. Dopo di allora ho notato questo fatto un sacco di vol­te. Se ti trovi con gente per bene, o a un funerale, o se cerchi di dormire e non hai sonno, se sei insomma in un posto dove non sta bene grattarsi, ebbene, ti senti prudere dappertutto in più di mille punti. Dopo un po’, Jim fa:

    - Ehi, chi è? Dove siete? Che mi venga un accidente se non ho sentito qualcosa. Bene, so cosa bisogna fare. Mi pianto qui e ascolto finché non lo sento di nuovo.

    Cosi si mise a sedere per terra fra me e Tom. Appoggiò la schiena contro un albero e allungò le gambe fin quasi a toccare con una delle sue una delle mie. Comincia a prudermi il naso. Mi prude fino a farmi venire le lagrime agli occhi. Ma non mi gratto. Poi comincia a prudermi da! di dentro. Ora mi prude sotto. Non riuscivo più a restare immobile. Questa sofferenza durò almeno sei o sette minuti, ma mi sembrò molto più lunga. Ora mi prudeva in undici posti diversi. Decisi che non potevo star fermo un minuto di più, ma strinsi i denti e mi preparai alla prova. Proprio in quel momento Jim cominciò a respirare pesante; ora russava, e ben presto io mi sentii di nuovo a mio agio.

    Tom mi fece un segno, una specie di piccolo rumore con la bocca, e strisciammo via carponi. Fatti dieci passi, Tom mi sus­surrò che voleva legare Jim all’albero per scherzo; ma io dissi di no: poteva svegliarsi e far chiasso e allora avrebbero scoperto che non ero in casa. Poi Tom disse che non aveva abbastanza candele e voleva entrare in cucina a prenderne delle altre. Io non volevo che ci provasse. Dissi che Jim poteva svegliarsi e arrivare. Ma Tom volle rischiare; cosi sgusciammo dentro e prendemmo tre candele, e Tom posò cinque cents sulla tavola come pagamento. Una volta usciti, io non vedevo l’ora di par­tire, ma niente poteva trattenere Tom dalla voglia di strisciare a quattro zampe fin dov’era Jim per fargli qualche tiro. Io restai in attesa, e mi sembrò un bel pezzo; tutto intorno era pace e silenzio.

    Appena Tom fu di ritomo, tagliammo per il sentiero lungo lo steccato del giardino e in breve raggiungemmo la ripida cima della collina dall’altra parte della casa. Tom mi raccontò che aveva tolto il cappello dalla testa a Jim e l’aveva appeso a un ramo proprio sopra di lui, e Jim s’era mosso un poco ma senza svegliarsi. In seguito Jim andava raccontando che le streghe l’avevano incantato e fatto cadere in trance e portato a cavallo attraverso tutto lo Stato, e poi l’avevano riportato sotto gli alberi appendendo il suo cappello a un ramo come per firmare l’azio­ne. E quando lo raccontò la seconda volta, disse che l’avevano portato a cavallo giù fino a New Orleans; e ogni volta succes­siva ampliava sempre di più, finché di li a poco l’avevano por­tato in capo al mondo, stancandolo da morire, tanto che dietro era tutto una vescica. Jim ne era mostruosamente fiero, fino al punto di non degnare più d’uno sguardo gli altri negri. I negri avrebbero fatto miglia e miglia per sentire il racconto di Jim, ed egli divenne il negro di maggior riguardo di tutto il paese. Certi negri che venivano da lontano restavano davanti a lui a bocca aperta e lo guardavano da ogni parte come se fosse un fenomeno. I negri stanno sempre a parlare di streghe nel buio delle cucine presso il camino; ma ogni volta che qualcuno ne parlava facendo capire che la sapeva lunga su queste cose, ar­rivava Jim a dire: « Hum! Ma cosa ne sai tu di streghe? », e quel negro doveva chiudere il becco e andarsi a sedere giù in fondo. Jim portava sempre quella moneta da cinque cents le­gata al collo con uno spago e diceva che era un amuleto datogli dal diavolo con le sue stesse mani, il quale gli aveva detto che con esso poteva guarire qualunque male e chiamare le streghe ogni volta che voleva, solo dicendovi sopra qualche parola; ma non rivelò mai cos’era che bisognava dire. I negri accorrevano da ogni parte e davano a Jim tutto quello che avevano solo per vedere quella moneta da cinque cents; ma non la toccavano perché era stata nelle mani del diavolo. Jim era ormai rovinato, come servo, perché era divenuto cosi tronfio per via del fatto che aveva visto il diavolo e aveva cavalcato con le streghe.

    Bene, quando io e Tom giungemmo sulla collina, guardam­mo verso il villaggio e potemmo scorgere tre o quattro luci tre­molare, dove c’era qualcuno ammalato, forse; e le stelle sopra di noi brillavano belle come non mai; e giù oltre il villaggio era il fiume, largo più di un chilometro, stupendamente tranquillo e maestoso. Scendendo dalla collina trovammo Jo Harper e Ben Rogers, e altri due o tre ragazzi, nascosti nella vecchia conceria. Slegammo una barca e scendemmo il fiume per qualche chilo­metro, fino alla grande rupe dalla parte della collina, e là scen­demmo a terra.

    Arrivammo a una macchia di cespugli e Tom fece giurare a ciascuno di tenere il segreto; poi ci mostrò un buco nella col­lina, proprio nella zona più fitta di cespugli. Allora accendemmo le candele e vi penetrammo carponi. Andammo avanti circa duecento metri, quindi la caverna si apriva. Tom la ispezionò cercando il passaggio e in un attimo si ficcò sotto una parete dove nessuno avrebbe sospettato che ci fosse un’apertura. At­traversammo una strettoia e sbucammo in una specie di stanza, tutta umida e fredda, e qui ci fermammo. Tom disse:

    - Ora fonderemo questa gang di banditi e la chiameremo Tom Sawyer’s Gang. Chiunque voglia farne parte dovrà giurare e scrivere il suo nome col sangue.

    Tutti volevano. Allora Tom tirò fuori un pezzo di carta dove aveva scritto il giuramento e io lesse. Ogni ragazzo giurava di restare fedele alla banda e di non rivelare mai niente dei segre­ti; e se qualcuno faceva qualcosa a un ragazzo della banda, chiunque ricevesse l’ordine di ammazzare quella persona e la sua famiglia doveva farlo, e non poteva mangiare né dormire finché non li aveva ammazzati e poi segnato una croce sui loro petti, che era il marchio della banda. E nessuno che non ap­partenesse alla banda poteva usare quel marchio, e se lo faceva doveva essere processato; e se lo faceva ancora doveva essere ammazzato. E se qualcuno che apparteneva alla banda rivelava i segreti, doveva avere la gola tagliata, e poi la sua carcassa bru­ciata e le ceneri disperse al vento, e il suo nome cancellato dalla lista con una macchia di sangue e mai più menzionato nella gang, anzi maledetto e dimenticato per sempre.

    Tutti dissero che era veramente un bel giuramento e chiesero a Tom se l’aveva inventato lui. In parte, disse Tom, ma il resto veniva dai libri dei pirati, dal libri dei masnadieri, ed ogni banda di un certo livello lo aveva.

    Alcuni pensavano che sarebbe stato bene ammazzare le fa­miglie dei ragazzi che avessero raccontato i segreti; Tom disse che era una buona idea, prese una matita e lo aggiunse. Allora Ben Rogers disse:

    - C’è anche Huck Finn, lui non ha famiglia; cosa pensi di fare con lui?

    - Be’, non ha un padre? — disse Tom Sawyer.

    - Si, ha un padre, ma non riesci mai a trovarlo di questi tempi Una volta stava sempre sdraiato con i porci nella con­ceria, ubriaco fradicio, ma da un anno o più non si vede da queste parti.

    Ne discussero a lungo, e stavano per espellermi, perché di­cevano che ogni ragazzo deve avere una famiglia o qualcuno da ammazzare, altrimenti non era giusto per gli altri. Bene, nessu­no sapeva trovare una soluzione, tutti erano perplessi e ammu­toliti. Io ebbi un’idea, e cosi gli offrii Miss Watson: potevano uccidere lei. 

    Tutti dissero:

    - Oh si, lei, lei. Va benissimo. Huck può entrare.

    Poi tutti si bucarono un dito con uno spillo per firmare con il sangue, e anch’io feci il mio segno sulla carta.

    - Ora — disse Ben Rogers — quale sarà il genere di affari di questa banda?

    - Nient’altro che rapine e omicidi — disse Tom.

    - Ma cosa andiamo a rapinare? Case, bestiame, o...Sciocchezze!  

    - Rubare bestiame e cose del genere non è ra­pina, è furto — disse Tom Sawyer. — Noi non siamo dei vol­gari ladri. Li non c’è un minimo di stile. Noi siamo banditi da grandi strade. Fermiamo diligenze e carrozze, mascherati, e uc­cidiamo la gente e prendiamo orologi e denaro.

    - Dobbiamo sempre uccidere la gente?

    - Certamente. È la cosa migliore. Alcune autorità la pensa­no diversamente, ma per lo più ucciderli è considerata la cosa migliore. Eccetto alcuni che si portano qui nella caverna e si tengono finché non vengono riscattati.

    - Riscattati? Che significa?

    - Non lo so. Ma si fa cosi. L’ho letto nel libri; e natural­mente è quello che anche noi faremo.

    - Ma come possiamo farlo se non sappiamo cos’è?

    - Maledizione! Dobbiamo farlo. Non ti ho detto che sta nei libri? Vuoi fare diversamente da come c’è sui libri, solo per far confusione?

    - Oh, tutto questo è molto bello da dire, Tom Sawyer, ma in pratica come faremo con questi tizi che devono essere riscattati, se non sappiamo nemmeno da che parte incominciare? Ecco quello che lo vorrei sapere. Ora, hai un’idea almeno di che cosa si tratti?

    - Be’, io non lo so. Ma forse se dobbiamo tenerli finché sono riscattati vuol dire che li teniamo finché sono morti.

    - Oh, ecco qualcosa che ci somiglia. Ecco quasi una rispo­sta. Non potevi dirlo prima? Noi li terremo finché non saranno riscattati a morte; e saranno anche una bella seccatura, pretenderanno di mangiare di tutto e tenteranno continuamente di ta­gliare la corda.

    - Che discorsi, Ben Rogers. Come faranno a tentar di scap­pare se c’è sempre una guardia che li sorveglia, pronta a sparare su di loro se muovono un dito?

    - Una guardia! Bene, questa è buona. Cosi qualcuno dovrà star su tutta la notte senza mai chiudere occhio, solo per sor­vegliarli. Questa mi pare una pazzia. Perché non si può pren­dere un randello e riscattarli appena arrivano?

    Perché non c’è scritto nei libri, ecco perché. Ora, Ben Ro­gers, vuoi fare le cose con ordine o no? Questo è il punto. Non ti rendi conto che chi ha scritto i libri sa quali sono le cose giu­ste da fare? O credi di essere tu a insegnargli qualcosa? - Questa è grossa. Nossignore, noi procederemo a riscattarli esattamente secondo le regole.

    - Benissimo. A me non importa, ma dico che è una follia, comunque. Di’, anche le donne dobbiamo ammazzare?

    - Ben Rogers, se io fossi ignorante come te cercherei alme­no di non farlo vedere. Uccidere le donne? No, non si è mai sentita una cosa del genere nei libri. Le porti nella caverna, e sei sempre zucchero e miele con loro; e in breve si innamorano di te e non vogliono più andare a casa.

    - Bene, se questo è il modo, sono d’accordo, ma non mi in­teressa. In un baleno avremo la caverna cosi piena di donne, e di tizi che aspettano di essere riscattati, che non ci sarà più neanche un po’ di spazio per noi. Ma va’ pure avanti, io non ho più niente da dire.

    Il piccolo Tommy Barnes si era addormentato, e quando lo svegliarono si spaventò e si mise a piangere, e disse che voleva andare a casa dalla mamma, e che non voleva più fare il ban­dito. Allora tutti lo presero in giro e cominciarono a chiamarlo piagnone; questo lo fece andare in bestia e disse che sarebbe andato dritto a raccontare tutti i segreti. Ma Tom gli diede cin­que cents perché stesse buono, e disse che tutti ce ne saremmo andati a casa, per incontrarci la settimana dopo e uccidere un po’ di gente.

    Ben Rogers disse che non poteva uscire spesso, ma solo la domenica, perciò voleva cominciare la domenica successiva; ma tutti gli altri dissero che era peccato farlo di domenica e questo sistemò la cosa. Furono d’accordo di incontrarsi quanto prima, e poi eleggemmo all’unanimità Tom Sawyer primo capitano e Jo Harper secondo capitano della banda, quindi ce ne andammo a casa.

    Mi arrampicai sulla tettoria e strisciai nella mia camera poco prima che il giorno spuntasse. I miei abiti nuovi erano luridi di unto e di terra, e mi sentivo stanco morto.

    Una bella passata - La grazia trionfa - Giocare ai banditi - Una delle bugie di Tom Sawyer

    Capitolo 3

    Bene, la mattina ebbi una bella passata dalla vecchia Miss Wat­son per via dei miei vestiti; invece la vedova non mi sgridò, si limitò a togliere l’unto e la terra, e aveva un’aria così afflitta che io pensai di comportarmi bene per un po’, se potevo. Poi Miss Watson mi portò nello stanzino e pregò, ma non successe niente. Mi disse di pregare ogni giorno, e qualunque cosa chie­dessi l’avrei ottenuta. Ma non era vero. Io ci ho provato. Una volta avevo una canna da pesca, ma senza ami. Non mi era di nessuna utilità senza ami. Provai a pregare tre o quattro volte per gli ami, ma come che sia non ne ebbi risultato. Dopo qual­che tempo, un giorno, chiesi a Miss Watson di provare lei al posto mio, ma mi disse che ero matto. Non mi spiegò perché, e io non riuscii in nessun modo a capirlo.

    Mi sono seduto una volta giù nel bosco, e ci ho pensato a lungo. Mi dicevo: se uno può ottenere tutte le cose per cui pre­ga, perché Diacono Winn non recupera il denaro che ha per­duto nell’affare del porco? Perché alla vedova non restituiscono la tabacchiera d’argento che le hanno rubato? Perché Miss Wat­son non riesce a ingrassare? No, mi dicevo, non c’è niente di vero. Andai dalla vedova e le dissi queste cose, e lei disse che quanto si può ottenere con la preghiera sono «doni spirituali». Era troppo difficile per me, ma lei mi spiegò cosa intendeva: devo aiutare il prossimo, e fare tutto quello che posso per gli altri e darmi pensiero per loro tutto il tempo e mai pensare per me. Inclusa, anche Miss Watson, mi parve.

    Me ne andai per i boschi e ruminai nella mia mente per un pezzo, ma non riuscivo a vedere in questo alcun vantaggio se non per gli altri e così conclusi di non occuparmene più e di lasciar perdere. Tal­volta la vedova mi prendeva in disparte e mi parlava della Provvidenza in un modo tale da far venire l’acquolina in bocca; ma magari il giorno dopo Miss Watson diceva la sua e capo­volgeva tutto di nuovo. Mi sembrava di capire che c’erano due Provvidenze, e un povero diavolo se la sarebbe cavata abbastan­za bene con la Provvidenza della vedova, ma se gli toccava quella di Miss Watson per lui non c’erano più speranze. Ci pen­sai bene e decisi di appartenere a quella della vedova, se mi vo­leva, benché non riuscissi a capire che vantaggio le avrei por­tato, ignorante com’ero e di una specie così bassa e spregevole.

    Papà era più di un anno che non si vedeva, fortunatamente; non volevo vederlo mai più. Aveva la brutta abitudine di suon­armele quando era sobrio e se riusciva a prendermi, mentre io avevo l’abitudine di svignarmela nel bosco per la maggior parte del tempo quando lui era nei paraggi. Bene, proprio in quel pe­riodo fu trovato nel fiume annegato, circa venti chilometri a monte del paese, così diceva la gente. Pensavano che fosse lui, almeno; dicevano che quell’uomo annegato aveva proprio la sua statura, era vestito di stracci e con i capelli straordinaria­mente lunghi, il che faceva pensare a papà, ma non avevano potuto riconoscere la faccia perché era stata così a lungo nell’ac­qua che non sembrava più una faccia. Dicevano che galleggiava sull’acqua di schiena. L’avevano preso e sepolto sulla riva. Ma non restai tranquillo per molto, perché mi venne in mente una cosa. Io sapevo benissimo

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