Sono tutto ciò che vedi attraverso i tuoi occhi
By AA.VV.
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Book preview
Sono tutto ciò che vedi attraverso i tuoi occhi - AA.VV.
© 2014 Società Editoriale ARPANet Srl, Milano
Prima edizione: febbraio 2014
ISBN 978-88-7426-224-3
Via Stampa, 8
Tel. 02.670.06.34
ARPABook@ARPABook.com
I libri di ARPANet sono disponibili qui:
www.ARPANet.org
www.ARPABook.com
www.edizioniARPANet.it
collana diretta da: Paco Simone
art director: Francesca Fasoli
introduzione di Elena Colombo
testi di Cinzia Luigia Cavallaro, Daniela Cologgi, Dino Izzo, Ermanno Cerutti, Thierry59, Frator, Luisa Gavazza, Mariacristina Brettòne, Michele Delpiano, R. R., Sabato Cuomo, Susanna Buffa
Sono tutto ciò che vedi attraverso i tuoi occhi
introduzione
Propulsori di moti di rivolta, aggregatori di movimenti collettivi, straordinari mezzi di comunicazione immediata, sfasciafamiglie, luoghi di incontri potenzialmente pericolosi, lesivi della privacy. Nessuna di queste definizioni ha in sé qualcosa di originale, perché ormai, nel bene e nel male, il fenomeno dei social network è stato studiato e raccontato in centinaia di modi.
Non più nuovi nemmeno alla letteratura, si potrebbe pensare che a questo punto i social network possono solo continuare a esistere, con le loro tante espressioni, e far parte della nostra vita come un qualunque altro oggetto di uso quotidiano che, come tale, non ha più nulla da offrire alla fantasia. Ed ecco che invece questo libro, nato da un gruppo di persone che si sono incontrate in Rete, porta in sé nuove idee.
Di pagina in pagina, si prova ammirazione per questi autori che, sebbene ingabbiati
in un tema fisso, riescono a far scaturire dalla loro fantasia dei piacevoli racconti. Avventura, suspense, commozione, ironia sostengono le trame degli scritti. Alcuni giocati sulla dimensione fantastica, quasi fantascientifica, altri più aderenti alla realtà – dove è comunque difficile distinguere l’esperienza vissuta da quella immaginaria – rispecchiano quella è che sempre la sensazione che si prova quando si entra in un luogo virtuale, che vive mosso da una serie di macchine dietro cui però ci sono persone in carne e ossa: il camminare su un crinale, a metà strada tra reale e virtuale.
A scorrere le loro brevi biografie, si scopre che solo per alcuni la scrittura è mestiere, ma certamente tutti vivono la parola scritta con profonda passione, riuscendo a trasmetterla al lettore, che si trova così coinvolto fino all’ultimo racconto. «Un’opera d’arte deve afferrare chi la guarda, avvolgerglisi intorno, portarselo via», è ciò che scrisse Pierre-Auguste Renoir riferendosi alla pittura. Io credo che anche un libro quando è bello ha questa capacità di prendere il lettore e portarselo via, e non pochi di questi racconti ci riescono.
Per non correre il rischio di apparire esageratamente di parte, va chiarito che non è alta letteratura ma, a costo di sembrare retorica, una riflessione la voglio condividere. Mi dà lo spunto il periodo storico
che stiamo attraversando. Tra teutoniche imposizioni e vuoto di idee carico di insulti, sembra che dall’Europa fino agli italici politici sia una gara a chi cerca di svilirci, offendendo la nostra intelligenza, mascherando, con un’aggressione a priori, l’incapacità – o la consapevole non volontà – di indicare le vie veramente alternative e il coraggio di percorrerle.
A furia di battere il chiodo potremmo anche correre il rischio di crederci: di non essere poi un granché, di aver bisogno di una sapienza che non abbiamo. Ma poi ecco che ci imbattiamo in tante espressioni di pensiero e immaginazione, e allora ci ripigliamo ciò che ci appartiene da sempre: intelligenza e passione. Le stesse che gli autori nutrono per la letteratura, il cinema, il teatro, la musica, la pittura e la danza. Hanno voluto trasmetterle in Rete e il lungo viaggio si è concretizzato in questo progetto.
Elena Colombo
il violinista
Tutti i giovedì prendeva il treno per recarsi in città. Cercava di salire sempre sulla terza carrozza perché, quando arrivava in prossimità della galleria di King’s Cross, questa era l’unica che non aveva mai le luci accese. La luce però filtrava sempre dalla seconda carrozza e a lui piaceva particolarmente questa atmosfera. Amava essere seduto al buio mentre la flebile luce giungeva dalla carrozza di fronte a lui.
Era questo effetto di mistero che l’attraeva. A volte si abbandonava semplicemente al buio e così, seduto con gli altri viaggiatori, si lasciava andare alle sensazioni del momento. Altre volte la sua mente perversa e repressa allo stesso tempo s’immaginava una mano che lievemente gli scorresse sulla spalla, sul braccio. Pensava alla coppietta seduta due sedili più indietro e, mentalmente, li vedeva toccarsi l’un l’altra. Baciarsi con il piacere sottile che deriva dal proibito, dal segreto, dalla fretta e dal mistero.
Quel pomeriggio era particolarmente afoso e nessuno di questi pensieri era passato dalla sua mente. Strano. Era stato bensì colpito dall’ombra di un uomo alto e tozzo allo stesso tempo; troppo coperto per la temperatura esterna, con un cappello ben calcato sulla testa. Sembrava un assassino appena uscito da un film di Hitchcock, faceva quasi paura per la sua mole imponente mentre camminava nel buio attraversando il treno di carrozza in carrozza.
Tutti questi pensieri facevano a pugni con lo stato d’animo nel quale si trovava solitamente. Così sublime, così distaccato dalla realtà esteriore.
Molto di ciò era dovuto al suo lavoro. Era violinista. In un’orchestra prestigiosa come quella di St. Martin in the Fields. Tutti i giovedì suonava alla National Opera House. E sempre dopo lo spettacolo si ritrovava a cenare alla pizzeria italiana all’angolo.
Era questo un momento di solitudine e di abitudine che si trasformò in un piacere solo dopo l’arrivo di lei.
Lei. Chi era mai, lei? Semplicemente una cameriera, con un profilo tra i molti su Myspace. Una giovane studentessa come tante altre che per arrotondare lavorava alla sera in quella pizzeria. Una ragazza qualunque, con grandi aspirazioni e molte speranze. Lavorava per bisogno, per mantenersi gli studi. Alta, bruna, carina, simpatica, gentile, era una delle tante cameriere del grande ristorante adiacente al teatro.
Ann era il suo nome. Il violinista l’aveva notata su Myspace, ma non più di Caroline, per esempio. Durante la loro amicizia virtuale scoprirono di lavorare vicinissimi. Ogni giovedì, dopo il concerto, il violinista arrivava e un po’ stanco e sudato, alle undici in punto, si sedeva lungo la parete di destra a un piccolo tavolo da due, esattamente in mezzo alla fila. Da quel punto si poteva osservare molto bene il resto di tutta la sala.
Si sedeva lì, esausto dopo aver suonato così tanto. Un po’ sudaticcio e concitato posava la custodia del violino sulla sedia di fronte e poi, guardandosi in giro in cerca di qualche cameriere libero che potesse prendere subito l’ordinazione, si accomodava con aria composta al