Che cosa vi ha spinto ad accettare la sfida di essere la guida intellettuale di Domus per il 2023?
SH Ho capita davvero cosa fosse Domus nel 1970, quando ero studente di Astra Zarina a Roma. Siamo andati a trovare Henry Smith Miller nel suo loft, dove teneva diverse copie di Domus, che era allora il più importante veicolo d'avanguardia per comprendere il momento, il battito, lo spirito dell'architettura.
Dopo gli studi tornai a New York, e più tardi, nell'ottobre 1989, Domus pubblicò il mio primo edificio con ascensore, il Seaside Hhybrid, mettendolo anche in copertina. Ero davvero orgoglioso. Gli dedicarono molte pagine, con piante e sezioni, così gli studenti potevano capire a fondo il progetto.
Domus non trattava I'architettura in modo superficiale, come invece succede, soprattutto oggi, sui siti. Uno dei motivi per cui ho detto “sì, facciamolo” è che mi piace la profondità del pensiero, della critica.
TM La mia prima ‘esposizione’ a Domus è stata probabilmente piè o meno nello stesso periodo di quella di Steven, quando ero una studentessa della Cooper Union. Era la rivista più ambita su cui gli studenti potessero mettere mano in biblioteca, unico luogo dove ci era permesso consultarla.
Rappresentava anche la cultura di Milano, in cui architetti, urbanisti e designer lavoravano tutti insieme su scale diverse del progetto. Questa idea di “design totale” in cui gli architetti non si limitano a progettare edifici, ma pensano anche a oggetti e paesaggi urbani, era incredibilmente affascinante ed era espressa nella Domus di quel periodo. Per me, questa rivista sta sempre in un posto alto vicino al paradiso del progetto, quindi sono incredibilmente onorata e quasi incredula di essere stata invitata a farvi parte.
Sarà fantastico portare avanti la sua eredità e connettersi al periodo di turbolenza