“Un giorno si costruiranno delle città per andare alla deriva”. Guy Debord
“Si sa che i situazionisti, tanto per cominciare, volevano per lo meno costruire delle città, l'ambiente che sarebbe stato favorevole al dispiegamento illimitato delle nuove passion! Ma naturalmente non era facile. Ragion per cui ci siamo ritrovati obbligati a fare molto di più”. Guy Debord
Era nelle strode e nei muri che si svolgeva la lotto per l'autoaffermazione dei desideri. Nessun altro luogo era destinato a realizzare il compimento dello spirito nella storia. All'origine, c'è lo scoraggiamento, i giovani situazionisti sono afflitti dalla condizione delle città che si ritrovano intorno […] e dal loro punto di vista le città rappresentano la strage dei desideri e dei sogni. Da questa versione originale discende la voiontà di sconvolgere le città che vedono e vivono […] L'“architettura fredda” è al potere e la sua brutale funzionalità elimina, come germi tossici portatori di caos, il mistero insito nelle piccole cose strane, desuete mal formate […] La città stessa diventa un'immensa macchina per abitare, per circolare, per lavorare, per consumare. Non è più il luogo storico dell'emancipazione dello spirito, ma quello dell'alienazione da lavoro, da trasporti, da consumo. La sua aria non rende più liberi, è viziata, irrespirabile. Vi regna un'atmosfera di rassegnazione e di sottomissione. La riduzione delle forme di vita […] in altre parole, il dominio della ragione strumentale sull'arte di costruire. Il trionfo di una concezione industriale e meccanica della vita.
“L'attuale deplorevole stato della costruzione delle città è sostanzialmente dovuto a questa miserabile sottomissione dell'epoca alle imbecilli linee delle morali e delle efficienze primarie”.
È sotto la sua egida che compaiono ovunque sul territorio europeo i grandi complessi, lo e quelle città nuove senza anima