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La Wunderkammer del design danese a Milano

Se esiste un DNA creativo del design danese, va ricercato nella grande qualità artigianale, caposaldo dell’epopea moderna da cui tutto ha avuto inizio. Alla qualità si affiancava l’estetica senza tempo, ideale proporzione di forma e funzione che emerge, nella maggior parte dei casi, per offrire la migliore soluzione possibile a un problema. Come scrive Mark Mussari nel suo libro , “all’estetica, i danesi preferiscono ciò che è economico, tecnico, sociale e, per lo meno, ciò che èdi opere d’arte di alto artigianato e innovativi progetti scultorei”. Dodici le aziende coinvolte, tra arredo (Carl Hansen & Søn, Ferm Living, House of Finn Juhl, Muuto, Architectmade), illuminazione (Louis Poulsen, Mernøe), tessuti (Gabriel, Helene Blanche, Mumutane), tecnologia (Bang & Olufsen) e porcellane (Royal Copenhagen), oltre all’atelier interdisciplinare Studio Roso, fondato da Sophie Nielsen e Rolf Knudsen. Il legno è il materiale dominante: quello non convenzionale di Finn Juhl, con le curve sinuose di poltrone e divani che seguono le linee del corpo; quello minimale della Workshop Chair di Muuto; e quello classico di Carl Hansen & Søn con la riedizione della collezione da esterni disegnata da Børge Mogensen negli anni Sessanta. Ma ci sono anche le raffinate porcellane della “regia fabbrica” Royal Copenhagen, con l’ironica serie di GamFratesi e i tessuti ottenuti dalla rigenerazione della plastica di Gabriel, storica azienda fondata nel 1851. Tra le realtà più giovani, Ferm Living, brand creato nel 2005 dalla Trine Andersen, mescola modernità nordica e . Mernøe porta a Milano le sue lampade, di legno e ottone, dalle linee retrò. Infine, Helene Blanche, con le carte da parati a righe e losanghe dai toni delicati, e Mumutane, progetto sociale e sostenibile che produce cuscini usando stoffe artigianali africane e scarti dei tessuti Kvadrat.

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