Nata sulle ceneri di una fabbrica di tabacco nel 1992, la Friche è cresciuta fino a diventare un modello culturale urbano
Created on the site of a former tobacco factory in 1992, la Friche has grown to become an urban cultural model
La Belle de Mai, ai primi dell’Ottocento, era un luogo di villeggiatura dei notabili marsigliesi che si era guadagnata fama grazie ai giardini, alle trattorie e alle sale da ballo popolari. Nel 1868 la manifattura tabacchi si insediò nel quartiere, accanto allo zuccherificio Saint-Charles. Si amplierà fino a occupare 150.000 m2 di superficie calpestabile, accanto a una maternità, un convento e una caserma. La fabbrica di tabacco, che dava lavoro a oltre 1.000 operai di cui alla fine) censiti in città dall’assessorato all’Urbanistica. Nel 1992, il gruppo di lavoro ottiene dalla proprietà della società dei tabacchi l’autorizzazione all’uso temporaneo di 45.000 m2. La Friche diventa un luogo di creatività, di produzione, di mediazione, di diffusione e d’invenzione. Dal 1995 al 2002, la presidenza di Jean Nouvel permette di varare “un progetto culturale per un progetto urbanistico” che convince le istituzioni a dedicare il sito alla creatività culturale, riunendovi un centro di tutela dei monumenti, un centro di comunicazione e di creatività cui si aggiungeranno, in aree adiacenti, sale prova e magazzini museali, in un quartiere dove un quarto della popolazione viveva e vive ancora al di sotto della soglia di povertà. Divenuta società cooperativa di interesse collettivo, con la presidenza di Patrick Bouchain (2006-2013) riuscirà a ‘modificarsi’ da un punto di vista architettonico. Matthieu Poitevin trasformerà così 50.000 m2 nell’ambito delle iniziative per la Capitale della cultura europea 2013. La Friche è un laboratorio di culture contemporanee che permette, accompagna e realizza nuovi linguaggi nell’ambito del teatro, della musica, delle arti plastiche, del cinema, dell’intervento sugli spazi pubblici e della letteratura. Negli ultimi 30 anni, ha generato un “distretto culturale avanzato” dove la produzione e l’offerta culturale non sono percepite come centri di profitto, ma come anelli di una “catena del valore” di natura postindustriale (vedi P.L. Sacco, G. Ferilli, M. Lavanga, 2006). Oggi dà lavoro a più del doppio degli occupati degli anni Cinquanta (quando maternità, convento e manifattura erano a pieno regime) e la visitano 450.000 persone l’anno. Marsiglia ha nelle sue mani gli ingredienti di un distretto culturale eccezionale che unisce lo spettacolo dal vivo all’audiovisivo, la dimensione museografica alla cultura urbana, le logiche mediatiche a quelle legate agli stili di vita. I magazzini del Mucem, gli Archivi municipali, il Centre interdisciplinaire de restauration du patrimoine, il Fond communal d’art contemporain, i magazzini dei musei municipali, l’Institut national de l’audiovisuel, il centro multimediale, la Friche, gli impianti per l’Opéra, l’ex convento con le case per artisti. Insieme con giardini e spazi pubblici, questi sono la base di un distretto d’eccezione radicato in un quartiere popolare che potrebbe essere il primo “terzo luogo culturale” di portata internazionale.