Hancock Park Costruire coesione
Crafting cohesion
Incontri ravvicinati con cose strane
“Ero stupito dalle dimensioni della città e dalla sua mancanza di forma,” scriveva Christopher Isherwood nel 1939, appena trapiantato a Los Angeles. “L’intera metropoli pareva un’esposizione universale, nuova di zecca eppure già parzialmente in rovina”. Circa 80 anni dopo, lo stesso si potrebbe dire di Hancock Park, dove un miscuglio di siti geologici e animali preistorici in fibra di vetro si annida goffamente sul terreno contro uno sfondo di enormi edifici in costruzione e opere d’arte contemporanea. Con la loro improbabile miscela di ruvidità e raffinatezza, libera da standard o norme, elementi così disparati riflettono la città in cui risiedono. Rancho La Brea, un vasto terreno ricco di pozzi di catrame, petrolio e depositi di gas naturale, un tempo parte della concessione messicana, fu assegnato a Henry Hancock nel 1860. Il primo grande proprietario terriero di Los Angeles sfruttò il sito fino al 1915, quando trasferì la proprietà a suo figlio George Allen Hancock. Giovane pioniere del petrolio, mentre cercava l’oro nero Hancock figlio scoprì anche i resti di creature dell’era glaciale e uno scheletro risalente a 9.000 anni fa, in seguito noto come Donna di La Brea. All’inizio degli anni Venti, la famiglia Hancock aveva accumulato una tale fortuna che donò oltre dieci ettari dei suoi terreni alla contea di Los Angeles: nel 1924 fu così istituito l’Hancock Park, con la clausola di facilitare la conservazione e l’esposizione dei fossili estratti dai pozzi del sito.
Bisogna tuttavia aspettare fino gli anni Sessanta prima che un piccolo gruppo di ricchi e influenti
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