La Chiesa che (non) ci vuole: Per un cristianesimo femminista e queer
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La Chiesa che (non) ci vuole - Elisa Belotti
Prefazione di Diego Passoni
In un celebre passaggio delle sue lettere e scritti dal carcere il pastore protestante Dietrich Bonhoeffer, martire della resistenza antifascista e profondissimo teologo, ha parlato dei nostri tempi come penultimi
, non con l’idea apocalittica di essere sull’orlo di una catastrofe e dell’imminente ritorno di Cristo nel mondo – sapeva bene che il mondo sarebbe continuato, con tutte le sue epifanie di speranza e le altrettante atrocità – ma come un punto della consapevolezza collettiva che ci obbliga a essere all’altezza delle scommesse esistenziali di oggi.¹ Richiamava chi crede ad abbracciare una forma adulta di fede, non più legata ai comodi sistemi di pensiero tra il magico e lo scaramantico delle devozioni imparate da bambini, che sopravvivono nonostante viviamo tempi in cui sappiamo che non è Dio a mandare piogge, carestie o malattie, né tantomeno è il tappabuchi che cala dall’alto ciò che ci manca se glielo chiediamo. Vivere da credenti come se Dio non ci fosse
era il suo provocatorio invito, che richiamava la responsabilità di ogni singolo, come da secoli faceva la Chiesa della Riforma e come avrebbe dichiarato anche la Chiesa cattolica nel Concilio Vaticano ii. Lo stato di conoscenza di cui disponiamo oggi getta il teismo che immaginava Dio come un imperatore, gli angeli come la sua corte, e tutti noi come sudditi imploranti grazia, direttamente al macero. Il Dio che abita la storia, e si rivela nell’intimo di chiunque si metta in ascolto è il fuoco che infiamma i cuori di persone come Etty Hillesum, che nello slancio di gratitudine verso l’amore incondizionato di Dio, che poi è il cuore dell’annuncio cristiano, rovescia la vecchia teologia implorante miracoli verso santi e madonne e costruisce una nuova formula di preghiera, ovvero: Signore, cosa posso fare oggi per Te? Questo non nega la necessità di ricevere grazia da Dio, ma restituisce il vero significato al centro del culto cristiano, la cena del Signore. Eucaristia significa ringraziamento, e fa memoria di un simbolo che rappresenta cosa fanno i credenti: si lasciano spezzare la vita per nutrire le vite dei loro prossimi in ringraziamento di tutto quell’amore gratuito ricevuto gratuitamente. Ma la nostra esperienza religiosa spesso è rimasta ancorata alla preparazione preadolescenziale ai sacramenti di Comunione e Cresima, con quelle nozioni di catechismo mischiate ai ricordi di gesti devozionali antichi e in buona fede di nonne pie, che però non bastano più. Per fortuna!
La psicologia dello sviluppo insegna che ogni stadio di crescita significa lasciare andare un sistema di significato che non basta più, che le nuove prospettive richiedono di lasciare vecchi significati. Oggi servono persone adulte nella fede, che processino il senso di gesti, parole pronunciate e concetti condivisi, alla luce dell’umano post-postmoderno. Cosa significa per noi oggi il Battesimo? Cosa la Resurrezione? Cosa la Vita Eterna? E successivamente, ma non secondariamente, abbiamo bisogno di credenti che sappiano guardare con occhio critico e di vera e amorevole onestà all’impianto ecclesiale, desiderando di abbattere ogni sistema che abbia perpetrato e ancora permetta disparità (tra uomini e donne nell’accesso ai ministeri e anche ai privilegi a essi correlati, come gli stipendi), abuso di potere (penso al clima carrieristico di molte realtà clericali, per non parlare di manipolazioni e violenze sessuali), negazionismo scientifico (penso al rifiuto di certa Chiesa delle certezze scientifiche su identità di genere e orientamento sessuale), rimozione della realtà (penso alla morale sessuale incastrata nella cartolina di un mondo bianco degli anni Cinquanta del Novecento) e poca trasparenza (penso alla gestione opaca di molti fondi e casse).
Oggi le persone credenti hanno accesso ai testi sacri, all’esegesi, alle teologie, anche a quelle che il potere costituito ha combattuto con violenza cancellandone parole e gesti, autoproclamandosi, in totale assenza di prove, come unico depositario della verità; e anche quando è stato sbugiardato dalla scienza, ha nicchiato, ha preso tempo, si è al limite scusato con un ritardo secolare (come nel caso di Galileo) ma mai ha messo in discussione se stesso. Né tantomeno ha empatizzato con le centinaia di migliaia di vite a cui ha procurato dolore, solitudine, infamia, persecuzione, torture e morte definendole eretiche. Persone che non riceveranno mai delle scuse. L’etimologia di eresia è haíresis, scelta
, e quello di cui abbiamo bisogno oggi è di credenti che, come le eretiche e gli eretici che ci hanno preceduto, sappiano mettere tutto in discussione, mettersi in discussione, e poi, di nuovo, quell’Evangelo, sceglierlo con matura, consapevole, gioiosa e adulta radicalità.
Questo libro è uno strumento prezioso per dotare chi lo sfoglia di goniometro e compasso teologici, per non perdersi nei macchinosi cerchi concentrici dei princìpi di fede, e sapersi spostare tra dogmi, tradizione e interpretazioni dei testi ritrovando ogni volta la strada. La dottrina a volte sembra costruita apposta per non far entrare nessuno che non sia parte di un’élite, ma è nel suo cuore che dobbiamo darci appuntamento, per romperne i sigilli, e permettere alla vita e alle sue istanze urgenti di fiorire così come Dio creatore aveva in mente quando ha creato ogni cosa come buona. Del vecchio culto secolare che c’era, se non serve più a dare vita, a dare gioia, a facilitare la felicità, come profetizzò il Nazareno: «Non resterà che pietra su pietra». Cristianamente, non possiamo che cooperare perché questo tempo sia ora. Tempo penultimo.
¹ Cfr. D. Bonhoeffer, Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere, tr. di M. Zanini e A. Gallas, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2015.
la chiesa che (non) ci vuole
Introduzione
«Non puoi essere cristiana e femminista».
Quante di noi si sono sentite dire questa frase?
Eppure ci definiamo cristiane perché crediamo in Gesù Cristo e nel suo Vangelo, e allo stesso tempo ci riconosciamo nella lotta per l’uguaglianza incarnata dal femminismo, nel suo desiderio di giustizia e liberazione.
Questo libro nasce per tutte quelle persone che, come noi, cercano di tenere insieme aspetti della propria identità che la società e le istituzioni religiose continuano spesso a presentare come incompatibili: la fede cattolica e il femminismo intersezionale.
Scrivendo, abbiamo deciso di creare uno spazio per chi desidera un cristianesimo capace di dialogare con la scienza, di accogliere le differenze, di interrogarsi e di rinnovarsi nella continua ricerca della Verità. Un cristianesimo che non si riduca a un sistema di prescrizioni o divieti, ma che torni a essere una buona novella, incarnata nei corpi e nelle relazioni, nella concretezza dell’esistenza umana.
A chi percepisce di non avere più un posto nella Chiesa o di non averlo mai avuto, vorremmo dire che non è l’unica persona a sentirsi così. Esistono altre persone cristiane, femministe e/o queer, che vivono e testimoniano la propria fede dentro e fuori la Chiesa.
Questo libro è un tentativo di mettere in atto la forza generativa della fede cristiana: una fede capace di includere, trasformare e accompagnare.
Con le nostre analisi e riflessioni tentiamo di mostrare che la comunità cristiana è complessa, variegata, formata da spiritualità molto diverse e che esistono modi possibili e molteplici anche per essere persone cristiane e femministe intersezionali. Quella che può sembrare una contraddizione è in realtà un’esperienza diffusa, con una sua storia e tradizione, un coinvolgimento profondo per la giustizia sociale e un impatto sulla Chiesa e la società tutta.
Il nostro intento non è mettere in discussione le fondamenta del cattolicesimo, né affrontare questioni dogmatiche: sappiamo che la fede si fonda su un nucleo di verità non riformabili, che la rendono ciò che è. Le riflessioni che proponiamo riguardano invece la realtà concreta con cui la Chiesa si misura ogni giorno, quella dimensione sociale, culturale e morale in cui prende forma la vita delle persone credenti. E per la Tradizione cattolica, la guida dell’agire morale è la coscienza. Discernere il bene dal male è un compito personale, un dialogo interiore in cui risuona la voce di Dio. Pertanto, la persona credente non dovrebbe mai delegare a nessuno il compito che spetta alla propria coscienza. Seguire la propria coscienza, anche quando implica il dissenso, non è una ribellione ma un atto di fedeltà.
Scrivere questo libro è per noi anche un gesto ecclesiale, perché mettiamo al servizio della Chiesa i nostri carismi e le nostre competenze, nella convinzione che solo attraverso l’ascolto reciproco la comunità ecclesiale può confrontarsi con la realtà concreta delle persone, con le loro domande e le loro ferite.
Ci auguriamo che questo confronto si traduca in una ricerca autentica e feconda, capace di generare risposte nuove alle questioni che il mondo contemporaneo pone alla fede.
Siamo convinte che i conflitti, le differenze e persino le tensioni interne non siano un ostacolo ma una risorsa: il segno di una Chiesa viva, vigile, in cammino. Una Chiesa che non si limita a difendere se stessa, ma accetta di interrogarsi, di cambiare e di lasciarsi trasformare.
Nello scrivere abbiamo rivolto i nostri pensieri anzitutto alle tante, tantissime persone cattoliche della soglia
: quelle che magari hanno ricevuto un’educazione cattolica nell’infanzia e che ora osservano la Chiesa senza sentirsene pienamente partecipi, per molte e varie ragioni, ma che non riescono o non vogliono abbandonarla del tutto. Abbiamo scritto pensando a chi guarda la Chiesa da lontano, con affetto e fatica, con passione e disincanto. Alle persone che non hanno smesso di credere ma che non si sentono rappresentate. A chi si porta addosso le ferite dell’esclusione, eppure continua a cercare delle forme e dei linguaggi per restare e testimoniare. E anche a chi ha definitivamente lasciato la Chiesa, pur senza smettere di sentire un bisogno spirituale. A tutte queste persone vorremmo offrire l’opportunità di approfondire seriamente e criticamente alcuni dei fondamenti della fede, senza nascondere le contraddizioni e andando al cuore del messaggio di Gesù. Chi ha posizioni molto critiche si troverà a suo agio, ma lo sarà anche chi ha appena iniziato a farsi domande e, forse, non si sente del tutto legittimato a farle.
Lungo queste pagine riflettiamo su come si intreccino fede, corpo, genere e libertà. Ci chiediamo innanzitutto cosa significhi, oggi, essere persone cattoliche in un mondo secolarizzato, dove la voce della Chiesa continua a pesare sul piano pubblico ma spesso non riesce più a parlare alle coscienze. Da questa domanda si apre un percorso che attraversa le contraddizioni e le potenzialità del cattolicesimo contemporaneo: il peso del dogma, il legame fra morale e potere, ma anche il bisogno di comunità che il cattolicesimo condivide, a suo modo, con i femminismi e i movimenti lgbtq
+
. In questo spazio di tensione si affaccia la teologia queer, che invita a ripensare la fede come luogo di apertura, incarnazione e desiderio, oltre le logiche patriarcali e i confini dell’eteronormatività.
Da qui prende le mosse una riflessione sul binarismo e sul privilegio, e su come la Chiesa cattolica abbia costruito – e spesso imposto – un ordine di ruoli che ha relegato le donne ai margini. Dentro un’istituzione profondamente patriarcale, la figura femminile è stata modellata e controllata, fino a diventare simbolo di obbedienza e purezza. Maria, da madre e donna concreta, è stata trasformata in un ideale irraggiungibile, utile a regolare i comportamenti e a mantenere il potere maschile sul corpo e sulla voce delle donne. Eppure, accanto alla critica, cresce una tensione liberante: quella delle teologhe femministe che rileggono la Scrittura come spazio di emancipazione, e della teologia queer che apre la fede a nuove soggettività, superando le barriere di genere e di orientamento. Da queste prospettive nasce un’altra immagine di comunità cristiana più accogliente, plurale, capace di restituire alla spiritualità la sua forza vitale e inclusiva.
È a partire da questa consapevolezza che riflettiamo poi sul corpo – sul suo mistero, la sua forza, la sua vulnerabilità – al centro di una lunga storia di controllo e rimozione. Per secoli, il cristianesimo cattolico ha opposto l’anima al corpo, lo spirito al desiderio, fino a far coincidere il piacere con il peccato. È un’eredità che ha plasmato la cultura occidentale, lasciando ferite profonde nel modo in cui pensiamo l’amore, la carne, la colpa. Dentro questo orizzonte, le identità di genere e le esperienze trans restano spesso invisibili, come se non trovassero posto nel dibattito ecclesiale. Eppure, ripensare la sessualità significa anche restituirle la sua verità relazionale: non solo istinto o peccato, ma spazio di amore, libertà e coscienza. È da qui che può nascere un’educazione affettiva e sessuale capace di riconoscere il valore del corpo e del desiderio, senza paura e senza vergogna.
Dalla questione del corpo la nostra riflessione si sposta verso la famiglia, altro pilastro dell’immaginario cattolico. La Chiesa ne ha fatto uno dei suoi simboli più potenti: il modello della Sacra Famiglia continua a essere proposto come ideale di amore e dedizione, ma raramente come esempio relazionale, vivo, aperto alle sfumature dell’esperienza umana. Il matrimonio cattolico – riservato a coppie eterosessuali battezzate e orientato alla procreazione – entra così in attrito con la realtà di oggi: famiglie che si ricompongono, coppie che convivono, amori omosessuali e legami che non corrispondono alle forme canoniche, ma non per questo meno autentici. In questo contesto, la dottrina sessuale della Chiesa, e in particolare l’enciclica Humanae vitae, appare come un punto di resistenza: rifiuta la contraccezione, ignora le coppie sterili, fatica a riconoscere la complessità affettiva del mondo contemporaneo.
Ma per comprendere davvero la portata di queste tensioni, è necessario guardare alla struttura che le genera. Entrando nel cuore dell’istituzione ecclesiale, si incontra una piramide di potere saldamente maschile, che per secoli ha protetto se stessa più che le persone che la abitano. È in questo terreno che si sono radicati abusi di ogni tipo – di coscienza, spirituali, sessuali – che hanno ferito donne, minori, persone lgbtq
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. Gli abusi di coscienza, spesso invisibili, sottraggono all’individuo la libertà di scegliere, di discernere, di credere a modo proprio. Gli abusi sessuali, in particolare quelli subiti dalle religiose, hanno trovato per troppo tempo silenzio e complicità. A tutto questo si aggiunge l’assenza di una formazione affettiva e sessuale del clero, e la violenza ancora viva di pratiche come le cosiddette terapie di conversione
, inflitte alle persone queer in nome di una purezza fittizia.
Infine, oltre le ombre e le resistenze, resta la fede: nuda, essenziale, liberata dalle sue armature istituzionali. Una fede che è relazione viva, personale, in continuo movimento: un legame con Dio che nasce dall’esperienza, non dall’obbedienza. Diversa dalla religione – costruzione sociale e istituzionale fatta di dogmi, riti e regole – la fede autentica è intimità, ascolto, apertura alla pluralità delle spiritualità che troppo spesso l’autorità ecclesiastica ha tentato di reprimere. Dentro questa pluralità convivono molte voci: quelle nate dai fondatori carismatici, le forme popolari riconosciute dalla teologia del popolo di papa Francesco, e la spiritualità queer, che celebra un Dio indefinibile, senza confini né gerarchie, ispirandosi alla dinamica circolare e relazionale della Trinità. Da qui si apre anche uno sguardo critico sui modelli di santità tradizionali, segnati da un’immagine sessista e dolorista del sacrificio femminile, che ha finito per svalutare il dolore reale delle donne. Rileggere Maria come donna libera e coraggiosa – non come icona di sottomissione, ma come figura di apertura e di cammino – significa allora immaginare una Chiesa più inclusiva, capace di accogliere la complessità della vita e la forza liberante della fede.
La Chiesa che non ci vuole, dunque, è quella che esclude, che non sa ancora accogliere le differenze, che teme il cambiamento e difende se stessa dal Vangelo che proclama.
Ma accanto a questa, esiste – e non possiamo smettere di immaginarla e testimoniarla – la Chiesa che ci vuole: una Chiesa capace di ascolto e di relazione, che riconosce la pluralità dei corpi e delle esperienze, e che nella libertà della fede ritrova la sua promessa più autentica.
I.
Cosa significa essere persone cattoliche?
Il rapporto tra dogma e morale
Quando pensiamo alla religione, spesso la associamo a un sistema di regole e imposizioni, un’entità che prescrive cosa dobbiamo pensare e come dobbiamo comportarci. Questa idea non è del tutto infondata, perché per secoli le religioni hanno svolto un ruolo di controllo sociale, e il cattolicesimo, nella figura istituzionale della Chiesa cattolica, non è stato da meno. Bisogna però fare un passo indietro da questo immaginario e considerare che oggi non viviamo più in una societas christiana; infatti, non solo viviamo in uno Stato laico, ma ateismo e agnosticismo sono in aumento e l’autorità del papa su re e regine, presidenti e uomini e donne di potere è praticamente nulla. Un leader politico non perde il proprio potere se viene scomunicato, né subisce conseguenze dirette per aver sostenuto leggi contrarie alla morale cristiana. Questo non vuol dire però che la religione abbia perso del tutto la capacità di influenzare la politica. In alcuni Paesi, infatti, viene ancora usata per condizionare le scelte politiche di cittadini e cittadine, soprattutto in prossimità di momenti cruciali, come elezioni o referendum. Il nostro Paese rientra tra gli Stati in cui l’influenza religiosa è ancora presente e viene appunto usata per fini politici. È interessante notare che questa influenza non avviene principalmente nelle chiese e all’interno dell’istituzione ecclesiastica, ma nei discorsi politici. Alcuni leader ricorrono infatti a riferimenti religiosi, simbolici o verbali, per raccogliere consensi e consolidare la propria figura pubblica, utilizzando la religione come strumento di persuasione e legittimazione.
Al contempo bisogna riconoscere che preti e vescovi continuano a essere figure di riferimento per i fedeli, che spesso si affidano alle loro parole, siano esse di condanna o di lode. Il loro ruolo è infatti quello di guidare il Popolo di Dio, la Chiesa, verso un processo di cristificazione, ovvero un processo spirituale volto a conformarsi sempre più a Cristo. In questo cammino sono coinvolti anche i laici (ovvero i fedeli che non appartengono al clero), chiamati a mettere i propri talenti e le proprie conoscenze al servizio della comunità, contribuendo così all’edificazione della Chiesa e del mondo.²
Quanta libertà c’è allora all’interno della Chiesa cattolica?
La libertà è uno dei pilastri della fede. Non ci può essere fede autentica se questa non è libera. Tuttavia, è vero che per potersi considerare fedele di una determinata religione bisogna che ci sia una comunione di credenze tra coloro che la professano. Per dirla in maniera più semplice, non puoi dirti una persona musulmana se credi nella Trinità, perché la Trinità non rientra nelle credenze che costituiscono la religione musulmana. Allo stesso modo, non ti puoi dire una persona cristiana se per esempio non hai fede in Gesù Cristo. Se non credi in Gesù Cristo per il cristianesimo sei un eretico, ovvero neghi una delle verità di fede fondamentali della religione cristiana. Oggi, però, essere eretici
non ha più le stesse implicazioni drammatiche del passato. Nessuno viene perseguitato, condannato o bruciato al rogo per aver dichiarato di non credere in Dio. Semplicemente non sei cristiano ma ateo, o se credi in qualcosa di diverso, appartieni a un’altra religione.
Le verità di fede fondamentali in cui bisogna credere per dirsi persone cristiane sono i dogmi. I dogmi servono a stabilire in che cosa consiste una religione, e quindi a definire in cosa credono le persone che la professano. I dogmi cristiani sono molti e solo in parte sono condivisi tra cattolici, ortodossi e protestanti (per esempio i cattolici credono nell’Immacolata Concezione, mentre ortodossi e protestanti no). Definendosi cattolica, una persona accetta di credere in questa lista di dogmi. Pur non essendo modificabili, i dogmi possono essere riformulati. Questo significa che, sebbene siano stati definiti in epoche lontane dalla nostra, è possibile esprimerli con un linguaggio più vicino alla sensibilità, al vissuto e alla comprensione della società contemporanea, purché il loro significato più profondo rimanga immutato.
Non tutto quello che viene detto, scritto, promulgato, insegnato… è dogma. Di conseguenza non tutto quello che viene detto, scritto, promulgato, insegnato… deve essere per forza accettato da tutti i fedeli. Inoltre, dato che solo il dogma non è modificabile, tutto quello che non è dogma può essere modificato. Per esempio, fino agli anni Sessanta la liturgia veniva celebrata rigorosamente in latino, dando le spalle all’assemblea che non partecipava attivamente ma si limitava ad assistere a un rito. A seguito del Concilio Vaticano ii, la liturgia ha subìto moltissimi cambiamenti: oggi l’assemblea partecipa attivamente agli atti liturgici, il presbitero si rivolge ai fedeli e raramente dà loro le spalle, e nella maggior parte dei casi le liturgie si svolgono usando le lingue vernacolari.
Insomma, la religione è sempre in evoluzione, in cambiamento, perché cerca sempre di rispondere alle domande e alle esigenze dell’essere umano. Nel caso del cristianesimo, questa trasformazione è parte integrante del compito di cristificazione della Chiesa e del mondo. Solo un eretico potrebbe sostenere che il cristianesimo detiene la verità assoluta: se così fosse, conosceremmo tutto, non solo del mondo ma anche di Dio. Il cristiano sa di camminare nella Verità ma di non possederla. Per questa ragione è suo dovere continuare incessantemente a cercarla, nel tentativo di conoscere sempre meglio se stessi e Dio. A questo servono le speculazioni, le teorie e gli studi teologici, le intuizioni e le suggestioni dei laici, la condivisione delle esperienze di vita di ogni singolo fedele.
La libertà è un elemento così fondamentale per la vita spirituale di una persona, che i dogmi non possono riguardare l’aspetto morale della fede. Questo vuol dire che non può esistere un insegnamento morale definitivo e immodificabile che, se non seguìto, rende un fedele automaticamente un eretico agli occhi della Chiesa. Infatti, in ultima istanza, è la nostra coscienza morale, debitamente formata, a guidare le nostre scelte e a farci discernere cos’è bene in una determinata situazione, e quindi qual è la cosa giusta da fare e il giusto modo di agire. Delegare le proprie scelte morali a qualcun altro è una scelta non morale: privarsi dell’uso della nostra coscienza significa rinnegare il rapporto stesso con Dio, un rapporto che si vive proprio nel profondo della coscienza umana. Certo, anche qui non bisogna farne un assoluto: è evidente che una persona immatura, come un bambino, si deve affidare a una persona matura, con una coscienza già formata, per essere guidata nelle proprie scelte e per cominciare quindi a formare la propria coscienza e la propria capacità di discernimento morale. Approfondiremo meglio il primato della coscienza più avanti. Per ora è importante sottolineare che la Chiesa, attraverso il Magistero, non può pretendere di controllare le coscienze delle persone fedeli; ha piuttosto il dovere di accompagnarle, offrendo strumenti per imparare a distinguere il bene dal male. Il e la fedele sono chiamati a compiere scelte consapevoli e perfino a compiere un’obiezione di coscienza nei confronti del Magistero, qualora non si trovasse d’accordo con alcuni suoi pronunciamenti di carattere morale.
Questo non ha però impedito alla Chiesa cattolica di esercitare un controllo delle coscienze nel corso della storia. Siamo perfettamente consapevoli che permangono alcune tendenze che privilegiano l’imposizione di una morale piuttosto che la formazione delle coscienze. Il sacramento della Riconciliazione è ancora profondamente legato all’elenco dei dieci comandamenti, il sesso è ancora considerato un tabù e la morale sessuale è un terreno scivoloso e un argomento considerato intoccabile (con tutto quello che vi gira intorno).
Alla luce di quanto detto, questo libro non metterà in discussione alcun dogma. I dogmi sono verità di fede inviolabili, pilastri fondamentali della religione cui apparteniamo. In questo libro daremo spazio,
