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Martin Lutero: La passione per la Parola
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Ebook155 pages1 hour

Martin Lutero: La passione per la Parola

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Martin Lutero fu nemico della pace – lo dichiarano anche i suoi biografi più indulgenti – ma la pace che avversava era apparente e per questo veniva irrisa e smascherata. Non si trattava della pace politica: Lutero odiava la falsa unanimità religiosa. Era un credente che si interrogava sulle ragioni della fede e non accettava di limitare per quieto vivere le domande che turbavano la sua stessa psiche. Era un uomo ambizioso, disposto a metter in pericolo la propria sicurezza per proseguire la ricerca di verità fondata sullo studio della Parola. Era forte e debole, generoso e meschino, misericordioso e vendicativo, lucido e furibondo, santo e peccatore. Era un figlio di Dio, un lottatore a cui ci scopriremo uniti nell'essenziale, nonostante tutto.
LanguageItaliano
PublisherSan Paolo Edizioni
Release dateJul 1, 2021
ISBN9788892231405
Martin Lutero: La passione per la Parola

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    Book preview

    Martin Lutero - Luca Crippa

    Copertina

    «A meno che io non sia convinto con la Scrittura e con chiari ragionamenti, poiché non accetto l’autorità di papi e concili che si sono contraddetti l’un l’altro, la mia coscienza è vincolata alla Parola di Dio.»

    Luca Crippa, scrittore e consulente editoriale, si occupa da anni anche di aggiornamento degli insegnanti di Storia, Filosofia e Religione Cattolica sui temi controversi del confronto ecumenico tra le confessioni cristiane.

    È autore, tra altre pubblicazioni, de Il fotografo di Auschwitz (Piemme, 2014), una storia vera oggi tradotta in tutto il mondo.


    Martin Lutero non era un uomo di pace, lo ammettono anche i suoi biografi più indulgenti. Non avversava, però, la pace politica, bensì la falsa unanimità religiosa, che odiava con tutto il cuore.

    Era un credente che si interrogava sulle ragioni della fede e non accettava di limitare per quieto vivere le domande che turbavano la sua stessa psiche. Era un uomo ambizioso, disposto a metter in pericolo la propria sicurezza per proseguire la ricerca di verità fondata sullo studio della Parola. Era forte e debole, generoso e meschino, misericordioso e vendicativo, lucido e furibondo, santo e peccatore. Era un figlio di Dio, un lottatore a cui ci scopriremo uniti nell’essenziale, nonostante tutto.

    ERETICI O PROFETI

    Luca Crippa

    MARTIN LUTERO

    LA PASSIONE PER LA PAROLA

    Logo San Paolo

    Progetto grafico e impaginazione: Marco Pennisi & C. S.r.l., Milano

    © EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2021

    Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano)

    www.edizionisanpaolo.it

    Prima edizione digitale luglio 2021

    eBook realizzato da www.punto-acuto.it

    Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

    ISBN edizione epub 978-88-922-3140-5

    INDICE

    Introduzione

    Prima parte

    Storia di un credente sopra le righe

    1. 95 punti di vista o 95 punti da vedere?

    2. Un’infanzia impegnativa

    3. Un animo turbato

    4. La fiducia di un uomo saggio e la giusta strada

    5. Una crisi solo rinviata

    6. Rinnovare la fede, cioè tornare alla Parola

    7. La salvezza come dono di Dio: la grazia

    8. L’unico credente in un mare di falsi cristiani?

    9. L’epoca di Lutero: cariche ecclesiastiche e corruzione

    10. La storia chiama Lutero all’azione

    11. La Germania è una polveriera

    12. Il confronto, finalmente

    13. La scomunica

    14. Parte la riforma

    15. L’eredità storica

    Seconda parte

    Ascoltare Lutero

    Che cosa vogliamo fare

    1. Sola scriptura

    2. Sola gratia e sola fide

    3. Teologia della croce e predestinazione

    4. Il sacerdozio universale dei cristiani

    5. Battesimo ed eucaristia

    Documenti

    Cronologia essenziale

    Breve bibliografia

    Introduzione

    Il nome di Martin Lutero evoca ancora oggi, e non solo tra i credenti, l’immagine dell’uomo solo in lotta contro i maggiori poteri del suo tempo: la Chiesa di Roma e l’imperatore di Germania e re di Spagna, quel Carlo V che dominava su terre così vaste, in due diversi continenti, da poter dire: «Sul mio regno non tramonta mai il sole».

    Complice una certa divulgazione anche cinematografica, quest’uomo sarebbe l’eroe che inaugura da solo l’epoca moderna in quello che consideriamo il centro della civiltà occidentale evoluta: il primato del soggetto, il valore della libertà, l’autonomia della coscienza da qualsiasi condizionamento. Se così fosse, e non mancano elementi per sostenerlo, dovrebbe esserci un monumento a Lutero in ogni città europea. Eppure non è così, e il motivo è che questo difensore del diritto di ciascuno a essere guida indiscussa della propria vita è stato un uomo che, invece che unire il continente intorno alle sue parole d’ordine, lo ha diviso così profondamente da essere considerato l’origine di almeno due secoli di guerre civili, le cosiddette guerre di religione.

    Lutero, insomma, è un padre della cultura europea, ma per almeno metà della sua popolazione è ricordato come patrigno: figlio infedele di quel cristianesimo nato e diffuso per fare dell’umanità una sola famiglia di figli di Dio e fratelli.

    Dunque Lutero profeta, testimone, visionario, innamorato di Dio e dell’uomo libero e Lutero egocentrico, ambizioso, collerico, polemico.

    A ben guardare, e lo vedremo, Lutero appare anche ai suoi biografi più indulgenti un nemico della pace. E se ne vanta. Ma attenzione: si trattava di una pace, quella del tardo Medioevo europeo, solo apparente e proprio per questo irrisa e smascherata dal nostro frate, che un giorno disse, lapidario: «Il mondo è come un contadino ubriaco, lo rimetti in sella da una parte e cade dall’altra».

    La pace che Lutero si rifiuta di celebrare e difendere è certamente fragile dal punto di vista politico. Tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento, i regni cristiani spendevano risorse immense per condurre una costante competizione contro gli altri regni e l’uso della forza militare, e quindi il mantenimento di eserciti o il pagamento di milizie mercenarie, era una giustificazione dell’esistenza dello Stato importante quanto oggi lo è il mantenimento di un sistema sanitario o educativo (cose per le quali lo Stato, all’epoca, non spendeva quasi niente, e ci volle la minaccia al benessere comune e alla stabilità sociale delle epidemie di peste, colera e vaiolo per costringere le autorità ad assumere ruoli umanitari a difesa della salute pubblica).

    Tuttavia il pensiero e l’opera di Lutero sembrano avere un’enorme importanza politica, suo malgrado. E questo perché la pace che Lutero proprio non sopporta non è quella politica, ma è la falsa unanimità religiosa. Questo credente che si interroga sulle ragioni della fede – quindi un teologo – non accetta di limitare per quieto vivere (e per quieto dominio delle anime) la portata degli interrogativi che turbano la sua stessa psiche. La cristianità istituita, la scontata appartenenza del mondo al regno di Cristo, non gli sembrano beni da difendere al costo della menzogna e neppure al costo dell’evitare il rischio di un approfondimento salutare delle fonti, delle tradizioni, delle devozioni, delle liturgie, delle gerarchie. In un mondo in cui si va in Paradiso solo perché si è offerto un omaggio formale alle convenzioni della religione (per poi coltivare tranquilli, come canta De André, «l’orribile varietà delle proprie superbie»¹), Lutero non ci sta.

    Si narra che quando papa Leone X, nato Giovanni de’ Medici, secondo figlio di Lorenzo il Magnifico, venne per la prima volta a conoscenza delle contestazioni di Lutero nei confronti, fra l’altro, del primato del papa, bollò e minimizzò la questione come una disputa tra frati. Non si trattava di un giudizio avventato: era un auspicio e, in fondo, un ordine. Lì, infatti, gli argomenti di Lutero dovevano restare: tra frati, senza turbare il popolo di Dio, senza coinvolgere contadini, servi, artigiani, borghesi industriosi, cavalieri ambiziosi, nobili privilegiati e un clero in gran parte occupato a gestire i propri benefici. Ma Lutero questo auspicio non lo poteva rispettare: gli sembrava l’essenza stessa della vigliaccheria di chi si professi seguace di Cristo e poi stia bene attento a tirar fuori il Vangelo solo quando serve e a nasconderlo quando si devono decidere le questioni davvero importanti.

    Dunque Lutero non avrebbe potuto prendere il Nobel per la pace – se fosse esistito –, né lo avrebbe voluto. E del resto, i Nobel per la pace più convincenti non vengono forse assegnati a dei grandi combattenti? Vogliamo citare Madre Teresa di Calcutta, Nelson Mandela, Lech Wałęsa, Malala Yousafzai e Liu Xiaobo? Tutte persone che, se fossero rimaste in casa loro, in santa pace, non avrebbero meritato nulla?

    Lutero, da uomo ambizioso, voleva un altro premio: il premio del ricercatore della verità, anche a costo della propria sicurezza. Il premio del disturbatore, del critico coerente.

    Dunque dobbiamo valorizzare e recuperare il ruolo di Lutero riformatore della Chiesa? Certamente: è su questo terreno che scopriremo ricchezze e limiti di una vera forza della natura. Ma lo dovremo fare, se possibile, come lui ci chiederebbe di fare: senza dimenticare il primato dell’azione di Dio. «Mentre io dormivo», disse, «Dio riformava la Chiesa.»

    Partendo da tale primato, la verità che più gli stava a cuore, potremo scoprirci fratelli di questo uomo forte e debole, generoso e meschino, misericordioso e vendicativo, lucido e furibondo, santo e peccatore. Sempre figlio di Dio. Ci scopriremo così uniti a lui nell’essenziale: l’essenza del cristianesimo, cioè la creazione del mondo in Cristo, la salvezza del mondo per opera di Cristo e il compimento del mondo in Cristo. Una verità che, allora come oggi, valeva la pena di conoscere, di difendere da qualsiasi fraintendimento, di rimettere al centro. Una verità per la quale forse valeva davvero la pena di lottare, per il bene di tutti.

    PRIMA PARTE

    STORIA DI UN CREDENTE

    SOPRA LE RIGHE

    1. 95 punti di vista o 95 punti da vedere?

    L’immagine cinematografica di Lutero prende forza anzitutto dal celebre gesto di appendere coraggiosamente le sue 95 tesi (che mettevano di fatto in discussione l’insegnamento della Chiesa su alcuni punti decisivi) sul portone della cappella del castello di Wittenberg, una cittadina tedesca della Sassonia. Tutti dovevano poter leggere, tutti dovevano potersi fare un’idea della polemica che il frate agostiniano voleva suscitare. Era il 31 ottobre 1517, e ogni cosa cominciò senza che gli eventi potessero più arrestarsi:

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