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L'ha comprata all'asta. Ora pretenderà vendetta…
Quando il noto chef e ristoratore David Marone riconosce la critica gastronomica che lo ha appena stroncato con una recensione, messa all'asta per beneficenza, offre una cifra spropositata per tenerla come schiava per tre notti. Ricorda bene l'altezzosa buongustaia fin dalla scuola di cucina diciassette anni prima, e gode all'idea di vendicarsi di lei per la meschina recensione.
Portia Sands spera che l'oscuro e splendido chef di Chicago che l'ha vinta all'asta di beneficenza non sappia che in verità lei è la critica gastronomica che la settimana prima lo ha stroncato in una recensione. Scopre che non è cambiato dai tempi della scuola di cucina: ancora arrogante, troppo sicuro di sé e prepotente. Sfortunatamente, ora ha su di lei lo stesso effetto di allora: riesce a ridurla a una pappamolle tremante.
Quando lui la spinge al limite, mettendola in gabbia come un animale, capisce che lui sa chi è e intende vendicarsi. Considera l'idea di dire la parola di sicurezza per porre fine al loro tempo insieme, ma una parte di lei non vuole permetterlo. In qualche modo deve sopravvivere tre notti come sua schiava e nel frattempo mantenere saldo il suo cuore.
Renee Rose
Renee Rose, auteur de best-sellers d’après USA Today, adore les héros alpha dominants qui ne mâchent pas leurs mots ! Elle a vendu plus d’un million d’exemplaires de romans d’amour torrides, plus ou moins coquins (surtout plus). Ses livres ont figuré dans les catégories « Happily Ever After » et « Popsugar » de USA Today. Nommée Meilleur nouvel auteur érotique par Eroticon USA en 2013, elle a aussi remporté le prix d’Auteur favori de science-fiction et d’anthologie de Spunky and Sassy, celui de Meilleur roman historique de The Romance Reviews, et les prix de Meilleur roman de science-fiction, Meilleur roman paranormal, Meilleur roman historique, Meilleur roman érotique, Meilleur roman avec jeux de régression, Couple favori et Auteur favori de Spanking Romance Reviews. Elle a fait partie de la liste des meilleures ventes de USA Today cinq fois avec plusieurs anthologies.
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Il padrone della segreta - Renee Rose
CAPITOLO 1
L'ha comprata all'asta. Ora pretenderà vendetta…
Quando il noto chef e ristoratore David Marone riconosce la critica gastronomica che lo ha appena stroncato con una recensione, messa all'asta per beneficenza, offre una cifra spropositata per tenerla come schiava per tre notti. Ricorda bene l'altezzosa buongustaia fin dalla scuola di cucina diciassette anni prima, e gode all'idea di vendicarsi di lei per la meschina recensione.
Portia Sands spera che l'oscuro e splendido chef di Chicago che l’ha vinta all'asta di beneficenza non sappia che in verità lei è la critica gastronomica che la settimana prima lo ha stroncato in una recensione. Scopre che non è cambiato dai tempi della scuola di cucina: ancora arrogante, troppo sicuro di sé e prepotente. Sfortunatamente, ora ha su di lei lo stesso effetto di allora: riesce a ridurla a una pappamolle tremante.
Quando lui la spinge al limite, mettendola in gabbia come un animale, capisce che lui sa chi è e intende vendicarsi. Considera l'idea di dire la parola di sicurezza per porre fine al loro tempo insieme, ma una parte di lei non vuole permetterlo. In qualche modo deve sopravvivere tre notti come sua schiava e nel frattempo mantenere saldo il suo cuore.
Capitolo uno
David sbatté sul bancone in acciaio inossidabile un pugno così forte da far saltare in aria tutto ciò che c'era sopra. «Quella stronza!»
«Lo so» lo commiserò Jerry, il suo sous-chef. Jerry gli aveva appena portato l’ultimo numero del Chicago Foodie, la rivista che conteneva una recensione feroce sul loro nuovo ristorante e, in particolare, su di lui e le sue capacità sia in qualità di chef che di proprietario di ristorante.
Lesse ad alta voce: «Lo chef megalomane David Dean Marone ha aperto un secondo ristorante vicino al lungomare. Come se apparire su Food Channel e avere già chiamato un ristorante (il Marone) con il suo nome non fosse abbastanza, anche il secondo lo riprende: si chiama David Dean.» Proseguì. «Nel complesso, il David Dean è molto simile al suo proprietario/chef: arrogante e pretenzioso come lui. Nessuno dei vini nel menù costa meno di quaranta dollari e, sebbene il nostro rosso fosse decente, ci è stato servito troppo caldo, cosa che non dovrebbe accadere in un ristorante che promette di recuperare e trattare solo prodotti alimentari della massima qualità. Certo il cibo è come ci si aspetta da uno chef pluripremiato come Marone, ma l’ho trovato a tratti stucchevole.» Saltò alla fine. «Il servizio è piuttosto altezzoso, di certo non umile. Se si vuole essere disprezzati perché non si indossano scarpe firmate e una borsa abbinata, questo è il posto giusto. Tre stelle per il cibo. Una e mezza per il servizio, una per l’atmosfera.»
Posò di nuovo la rivista. «Quella donna ha davvero bisogno di scopare.»
«Onestamente, una recensione come questa non farà altro che aiutarci» ragionò Jerry. «Il telefono non smette di squillare, siamo pieni di prenotazioni e non c’è neanche un tavolo libero per le prossime cinque settimane.»
David si strofinò la faccia. «Sì, ma dove ha visto queste cose?» Si voltò a guardare il suo braccio destro. «Sono vere?»
Jerry nascose un sorriso. «Senti, capo. La tua sicurezza è ciò che ti ha reso il ristoratore di maggior successo di Chicago. Nessuno qui si lamenta di te e nessuno dei nostri clienti si lamenta dell’atmosfera. L’atmosfera esclusiva è il motivo per cui vogliono venire ed essere visti qui.»
Inspirò dal naso ed espirò, cercando di allentare la tensione sulle spalle. L’imminente vacanza non sarebbe potuta capitare in un momento migliore. Guardò di nuovo la recensione della rivista. Portia Sands, critica.
«Sono andato a scuola con lei» disse, indicando la didascalia.
«Ah sì? È per questo che ce l’ha con te?»
Sbuffò. «Non ne ho idea. Non le ho mai fatto niente. Non me la ricorderei nemmeno, se il suo nome non sembrasse uscito direttamente da un’opera di Shakespeare.»
«Eravate insieme al college?»
«No, all’accademia di cucina. Lei ed io eravamo gli unici due ad essere già laureati. Gran parte degli altri era più giovane: diciannove o vent'anni. Si è comportata in modo arrogante riguardo al programma: penso che abbia trovato le lezioni al di sotto del suo livello di istruzione. Sai, era una formazione professionale, non una laurea.»
«Quindi ora scrive recensioni feroci sulle persone della sua classe? Che noiosa.»
David si rilassò, più calmo dopo aver dato sfogo alla sua rabbia.
«Forse aveva una cotta per te e tu non te ne sei accorto.»
Scoppiò in una breve risata. «Penso che sia il contrario. Le ho chiesto di uscire una volta, solo per un caffè, ma si è attaccata al vecchio trucchetto di presentarsi in gruppo con le amiche. Non c’è niente di meglio che portare tutte le tue amiche a un appuntamento, per mostrarti indifferenza.»
Jerry rise. «Non voleva restare da sola con te, eh? È una difficile. È davvero una stronza presuntuosa, mi sa.»
Rise. I pettegolezzi erano in grado di erodere il suo cattivo umore. «Solo frigida, credo. Probabilmente, sotto sotto, muore dalla voglia di farsi scopare, ma non riesce a lasciarsi andare.» Qualcosa gli stuzzicò la memoria, come se avesse avuto una conversazione del genere con lei, tanti anni prima. Non riuscendo a ricordarla, lasciò perdere. Non si meritava nessuno spazio nella sua testa.
Il pensiero del sesso gli spostò la mente verso le vacanze di Capodanno. Una volta all’anno faceva una gita al Castello, un locale fantasy sadomaso nel mezzo del nulla, in Ohio. Un vero castello scozzese, ricostruito mattone dopo mattone, un luogo di villeggiatura in cui ci si poteva concedere ogni sorta di feticcio e che forniva l'opportunità di giocare a dominare sottomesse entusiaste.
Era una cosa che probabilmente avrebbe potuto trovare anche nel locale sadomaso di zona, ma il maniaco del lavoro che era in lui gli impediva ogni potenziale momento di svago in città. Per lui, una fuga era una necessità e la realizzazione di una fantasia sessuale era proprio il tipo di ricarica di cui aveva bisogno. Questa volta, lui e il suo amico Paul avrebbero partecipato a un’asta di beneficenza con delle schiave in palio. Se avesse vinto, avrebbe avuto una schiava disponibile e sottomessa per l’intera vacanza. E anche se non avesse vinto, ci sarebbero state comunque un sacco di donne in cerca di una valida dominazione. Anche se non partecipava spesso, era sulla scena da quasi vent’anni e il dominio sessuale era stato radicato in lui fin dalla pubertà. Era anche orgoglioso di essere in grado di interpretare i desideri di una sottomessa abbastanza bene da non aver mai spinto nessuna a pronunciare la parola di sicurezza, e riceveva sempre ripetuti inviti a partecipare.
«Ehi capo» lo salutò Carrie. La manager era arrivata presto, come al solito. La maggior parte del suo staff si presentava, anche quando non era di turno. Il David Dean o il suo primo ristorante, il Marone, stavano diventando il loro sbocco sociale tanto quanto il loro lavoro. C’era una sorta di dipendenza nell’industria alimentare: la fretta dopo i turni impegnativi, la gratificazione immediata del denaro in tasca alla fine della serata. Erano diventati un gruppo affiatato, come una famiglia con tutti gli stessi conflitti interni e l’affetto, la dipendenza e l’affidabilità, e poi dramma e ancora dramma. Li adorava tutti, i membri della sua pazza, pazza famiglia.
«Questa recensione è una stronzata» disse, gettando a terra il Windy City Eats, con occhi furiosi. «Non posso credere che sia stata così stronza. Se mai dovesse farsi vedere di nuovo in questo ristorante, le servirò vino rosso caldo con sterco di coniglio che galleggia dentro.»
Scoppiò a ridere. «Grazie, Carrie, lo apprezzo. Non preoccuparti, Jerry dice che il telefono non fa altro che squillare per le prenotazioni. Tutto ciò che quella recensione ha fatto è stato consolidare la posizione del David Dean come luogo da vedere e dove farsi vedere a Chicago.»
Carrie si rilassò, prendendo spunto da lui, come sempre. «Non ti sei arrabbiato?»
Lui sorrise. «Solo per un minuto. Adesso mi è passata. In effetti, penso che le manderò un biglietto per ringraziarla.»
«Sì, ma non invitarla a tornare, perché dicevo sul serio sullo sterco di coniglio. Sai che ho un coniglietto domestico, vero?»
Rise di nuovo. «Dovrò chiederti di lasciare gli escrementi di coniglio a casa, Carrie, anche se li merita.»
Carrie sorrise. «Va bene, capo. Ma sono a disposizione se ne hai bisogno.»
«Lo terrò a mente. Sapete entrambi che parto per Capodanno.»
«Sì» disse Carrie.
«Jerry è al comando, ma mi aspetto che tu gestisca le cose senza intoppi qui perché potrebbe essere necessario in cucina.»
«Sì, nessun problema. Posso farcela.»
«Lo so.»
«Dove vai? Qualche posto divertente?»
«Ohio, a dire il vero. E sarà sicuramente divertente.» Non disse altro e Carrie era troppo educata per impicciarsi.
«Bene, è un buon momento per andarsene, con la recensione e tutto il resto.»
«Non vedo l’ora» disse, avendo già dimenticato Portia Sands mentre pensava a tutte le donne sexy con cui avrebbe potuto giocare.
Portia bevve un altro sorso del suo latte macchiato speziato allo zenzero. Lei e la sua amica Tina erano fuori dal bar, a guardare la gente scendere dall’autobus che era appena tornato dal Castello. La sola vista le fece venir voglia di gettare la sua bibita nella spazzatura e correre verso l’auto a noleggio. Che diavolo ci faceva lì?
Era sulla scena sadomaso da poco più di due anni: da quando aveva divorziato da Fred, quando alla fine aveva ammesso a sé stessa che il motivo per cui non aveva mai voluto fare sesso con lui era perché non le piaceva il sesso lento. O tenero. Si rammaricava di non aver appreso prima quel fatto così importante su sé stessa, perché probabilmente avrebbe potuto salvarlo, il suo matrimonio. Dopo quindici anni di frigidità, suo marito aveva gettato la spugna. La sua incapacità di concepire probabilmente lo aveva aiutato a prendere la decisione: niente figli a tenere insieme le cose. I medici non avevano mai trovato niente che non andasse in nessuno dei due, ma aveva sempre avuto la sensazione che Fred la incolpasse per quella cosa.
Ma non poteva odiare Fred per aver deciso di darci un taglio. Nemmeno lei avrebbe voluto essere sposata con sé stessa. Tutti quegli anni trascorsi a provare di tutto, spendendo tutti i risparmi in un trattamento in vitro dopo l’altro, solo per crogiolarsi nei fallimenti, l’avevano lasciata molto più che un amareggiata. Il divorzio l’aveva svegliata.
Aveva scoperto lo yoga. E il sadomaso. Aveva imparato di più su sé stessa negli ultimi due anni che in tutti i primi trentasette anni della sua vita. Che cazzo di spreco.
Tirò fuori la lettera accartocciata che la accettava come schiava per l’asta di Capodanno. L’aveva letta e riletta una dozzina di volte. Il questionario che indicava i suoi interessi e i suoi limiti tassativi sarebbe stato trasmesso al dominatore che l’avrebbe comprata. La sua parola d’ordine sarebbe stata sempre rispettata. Allora perché aveva la sensazione che il caffè le attraversasse il sistema digestivo come la pallina di metallo in un flipper? Perché sapere di essere una sottomessa a cui piaceva il sesso brutale era una cosa. Offrirsi volontaria per essere messa in vendita in un’asta di beneficenza di schiavi era un’altra cosa. Che diavolo ne sapeva di come fosse fare la schiava? Per tre notti e due giorni, niente di meno.
Sarebbe stato un totale disastro.
«Guarda come sembrano tutti felici mentre scendono» cinguettò Tina con il suo caratteristico ottimismo.
Non le sembrò affatto. Alcune persone apparivano rilassate, altre esauste. Alcuni sembravano davvero sul punto di piangere, ma questo probabilmente non significava che si erano trovati male. Già in passato dopo un festino sadomaso le era venuta voglia di piangere.
Tina
