Il regalo più bello
By Annie Burrows, Lara Temple and Joanna Johnson
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About this ebook
Tre donne, tre inviti inaspettati, tre feste di Natale che cambieranno le loro vite!
Inghilterra, primi anni del 1800 - Clara, Bella e Maria, tre donne tanto diverse fra loro, si trovano per i motivi più disparati ad accettare un invito per partecipare a un ricevimento natalizio in una residenza aristocratica della campagna inglese. Scopriranno ben presto che è il destino ad averle volute lì, per fare loro il regalo più bello: l'amore!
Annie Burrows
Sposata, con due figli, ha messo a frutto la sua laurea in letteratura inglese e la sua incredibile fantasia nel creare avvincenti storie d'amore ambientate nei più diversi periodi storici.
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Il regalo più bello - Annie Burrows
A. Burrows - L. Temple - J. Johnson
IL REGALO PIÙ BELLO
Logo HarmonyTitoli originali delle edizioni in lingua inglese:
Regency Christmas Parties
© 2022 Annie Burrows
Invitation to a Wedding
© 2022 Ilana Treston
Snowbound with the Earl
© 2022 Joanna Johnson
A Kiss at the Winter Ball
Harlequin Historical
Traduzione di Elena Vezzalini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises ULC.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2023 HarperCollins Italia S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-305-5083-4
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Annie Burrows
UN INSOLITO MATRIMONIO
Alla migliore stratega che conosca:
Cheryl Etchison.
I miei amici sono una ricchezza
1
Che avventura!
A bordo di una carrozza, Clara Isherwood stava andando a un matrimonio. Un matrimonio che si sarebbe tenuto il giorno di Natale, per di più. Ed era stata invitata a restare per tre giorni dalla futura sposa, una ex allieva della Heath Top, la scuola dove lei lavorava come insegnante.
Ancora non se ne capacitava. Trascorrere il Natale in famiglia, anche se non era la sua!
Quante volte aveva desiderato farlo... Ricordava vagamente, nei giorni della propria infanzia, l’allegria e i pranzi speciali, tante persone che affollavano le stanze riscaldate, lo scambio di doni. Negli ultimi anni aveva dovuto reprimere un moto di invidia guardando gli abitanti del villaggio impegnati nei preparativi per i festeggiamenti in famiglia. Aveva avvertito una fitta di dolore osservando i volti allegri di coloro che uscivano dalla chiesa dopo la funzione del mattino, che sarebbero andati a casa a preparare l’arrosto, probabilmente seguito da un budino di prugne e torta alla crema.
Diversamente dai tempi passati, quell’anno aveva ricevuto un invito non per un banale festeggiamento in famiglia, ma addirittura per un matrimonio in un palazzo ducale! Perché secondo l’Oakwick Chronicle, il giornale in cui aveva letto la notizia, Bella Fairclough, l’allieva più indisciplinata della Heath Top, aveva conquistato nientemeno che il Duca di Braid.
Miss Badger, la direttrice della scuola, si era infuriata all’idea che fosse stata Clara, e non lei, a ricevere l’invito. Anche se era difficile capire come avesse potuto pensare che Bella sarebbe stata gentile con la donna che le aveva fatto solo delle ramanzine per il suo comportamento e inflitto punizioni sempre più severe. Tuttavia all’inizio Miss Badger era stata talmente offesa da far temere a Clara che le avrebbe impedito di partecipare al matrimonio. Poi, sospirando, la direttrice aveva ammesso che, essendo l’unica persona che era riuscita a farsi ascoltare dalla ragazza, era giusto che fosse Clara a rappresentare la scuola, e non una figura più ufficiale. Così le aveva dato il permesso di andare, a condizione che le promettesse di approfittarne per chiedere alla futura duchessa di fare una donazione alla scuola.
Così ecco che stava salendo sulla terza carrozza dall’inizio del viaggio. Clara piegò la testa per evitare le lepri e i tacchini appesi al portabagagli, si sedette in un posto stretto accanto alla moglie di un contadino e posò i piedi su una cesta di vimini che, come la donna le spiegò, non avrebbe subito danni perché conteneva dei vasi di cetriolini e delle torte di frutta avvolte in canovacci destinati alla figlia.
Quando qualche istante prima che il veicolo partisse per la tappa successiva, tre studenti salirono a bordo sgomitando. Clara osservò i sedili di fronte e non poté fare a meno di pensare alle differenze con il suo ultimo viaggio in carrozza.
Aveva otto anni, era spaventata e si sforzava di non scoppiare a piangere. I tre uomini di una certa età vestiti di nero, seduti nella vettura, non le erano stati di grande aiuto. L’avevano esortata in tono solenne a essere grata per la casa che le era stata offerta e invitata a riflettere sulla generosità dei mecenati che le offrivano la possibilità di ricevere una buona istruzione, malgrado i suoi genitori fossero stati così improvvidi da lasciarla senza mezzi. Ma non era ciò che una bambina rimasta orfana da poco fosse disposta ad ascoltare o in grado di capire. Avrebbe preferito qualcuno che la abbracciasse, asciugandole le lacrime, invece di guardarla con severità esortandola a essere riconoscente.
Forse quello era il motivo per cui si era affezionata a Isabella Fairclough. Perché sapeva come ci si sentiva a essere allontanate dalla propria casa e mandate in un collegio triste e austero prima di compiere dieci anni. Aveva anche capito la sua rabbia perché, se lei era orfana, il padre di Miss Fairclough non solo era vivo, ma anche benestante.
La Heath Top School dovrebbe essere riservata alle figlie o alle sorelle di ecclesiastici indigenti o deceduti, aveva affermato piangendo la bambina. A quel punto Clara le aveva offerto un fazzoletto e una spalla su cui piangere.
Questa volta nessuno, sulle carrozze su cui stava viaggiando, era stato anche minimamente solenne. I cocchieri e i facchini erano stati aspri o impazienti. Alcuni passeggeri si erano lamentati oppure avevano sofferto per l’ondeggiare del veicolo. Il padrone della locanda dove aveva dormito una notte l’aveva ignorata, i camerieri erano stati sgarbati. Ma non solenni.
Clara non poté fare a meno di sorridere guardando gli studenti seduti di fronte a lei che si agitavano e rimbalzavano sul sedile, incapaci di contenere la gioia all’idea di tornare a casa per le vacanze di Natale. Il suo ruolo di insegnante le imponeva di cercare di calmarli. Ma come avrebbe potuto, quando era eccitata quanto loro per avere lasciato il collegio? Sarebbe piaciuto anche a lei rimbalzare sul sedile e agitarsi, o avere qualcuno a cui raccontare quello che sperava di fare una volta arrivata a destinazione.
Lei però era una donna nubile con una reputazione da difendere. E non stava andando a casa. Non ce l’aveva. Non una casa vera, dove la sua famiglia la stava aspettando. La cosa più simile a una casa che aveva era la scuola, l’ultimo posto dove avrebbe voluto trascorrere un altro Natale triste e insoddisfacente. Non sapeva come fosse vivere in un palazzo ducale, però era sicura che non avrebbe dovuto trascorrere il giorno di Natale, tornata dalla chiesa, seduta davanti a un misero pasto, con uno scialle sulle spalle, e poi rammendare una pila di indumenti o leggere un libro dei sermoni a un gruppo di ragazze annoiate.
Conoscendo Isabella Fairclough, se aveva dei libri sicuramente erano frivoli. Probabilmente illustrati. Esistevano libri con tante illustrazioni? Be’, c’erano le riviste con i modelli all’ultima moda, quello Clara lo sapeva. E Miss Fairclough era il tipo di ragazza che li comprava.
Il duca però aveva sicuramente una biblioteca. Anche se non leggeva molto, alcuni dei suoi antenati dovevano averlo fatto. Così lei si sarebbe seduta nella sua biblioteca e avrebbe letto senza sentirsi in colpa perché c’erano delle lenzuola da piegare che l’aspettavano. E sicuramente la casa del duca era al centro di un grande parco ben tenuto.
Prima di partire non aveva avuto il tempo di informarsi sulla residenza invernale del Duca di Braid, tuttavia un uomo degno di tal nome non poteva non avere un parco con dei cervi che giravano liberi, dei labirinti, dei laghetti e delle splendide viste. Un parco talmente vasto che nessuno avrebbe notato una piccola, insignificante insegnante che lo esplorava passeggiando.
E anche se non avesse messo piede nel magnifico parco che aveva immaginato, era certa che avrebbe trovato a ogni pasto una tavola imbandita, con tutto ciò che aveva sognato di mangiare per Natale senza mai averne avuta l’opportunità. Tacchino, manzo arrosto, pasticci di verdura... E budini di frutta, gelatine e torte alla crema. Oltre ad arance a profusione.
Clara si sentì l’acquolina in bocca. A volte, a Natale, le ragazze che restavano alla Heath Top School ricevevano un’arancia dal consiglio direttivo. Quando era un’allieva, l’avevano donata anche a lei. Poi, dopo che era stata nominata assistente insegnante e aveva cominciato a percepire un salario, aveva perso il diritto a quella piccola gioia natalizia.
Una volta scesa dalla carrozza all’ultima tappa del suo viaggio, Clara non si stupì quando il facchino la ignorò per darsi un gran daffare a prendere i bagagli dei passeggeri da cui si aspettava di prendere una mancia. La colpa era di Miss Badger. La direttrice le aveva procurato i biglietti per il viaggio, ma non le aveva dato del denaro da sperperare per le mance ai facchini, ai cocchieri e ai camerieri. Devo rispondere al comitato direttivo di ogni spesa straordinaria, le aveva spiegato. Ricordando i tre uomini dall’aria solenne, vestiti di nero, lei capiva bene perché Miss Badger fosse così attenta al denaro.
Mentre aspettava, si divertì a osservare le persone che affollavano il cortile della locanda: gli stallieri, che toglievano i finimenti ai cavalli stanchi e portavano le cavalcature fresche alla carrozza; i passeggeri che scendevano dalle vetture e quelli che salivano. Dietro le finestre della locanda vedeva i camerieri che andavano avanti e indietro con i vassoi su cui erano posati caraffe e boccali, lasciando una scia di vapore dietro di sé.
E sorrise amaramente quando notò che gli studenti venivano trattati con più riguardo di lei. Non poteva biasimare il facchino per avere lasciato la sua borsa per ultima, anche se la irritò vedere che, dopo averla finalmente scaricata, l’aveva gettata per terra di fianco alla carrozza, lontana dal punto in cui lei si trovava, prima di dedicarsi in gran fretta ad altro. Costringendola così ad attraversare la zona più affollata del cortile per recuperarla. E avrebbe fatto bene a non lasciarla lì troppo a lungo, per evitare che gli altri facchini, o dei passeggeri frettolosi, vi inciampassero.
Clara si affrettò verso il retro della carrozza per non intralciare il cambio dei cavalli, e mentre si stava chinando per prendere la borsa un braccio maschile e forte la afferrò per la vita e la sollevò da terra. Era talmente sbalordita che stava per protestare quando vide un enorme cavallo, con i garretti coperti di peli, arrivare al trotto verso di lei. E si rese conto che, se avesse preso la borsa, il cavallo l’avrebbe travolta. E forse schiacciata.
Sentì lo stomaco contrarsi, il cuore che martellava contro le costole. Anche se era sciocco, visto che il pericolo era passato.
«Il buonsenso non vi dice che non si corre davanti a un cavallo di quelle dimensioni e con i paraocchi?» La voce arrivò da dietro l’orecchio, la bocca talmente vicina che il respiro le accarezzò il collo. «Non l’avete visto arrivare? O pensavate forse che valesse la pena di rischiare la vita per il contenuto di quella borsa?»
Clara girò la testa il più possibile anche se, a causa della tesa del cappello, non riuscì a vedere molto, oltre alla mandibola coperta da una barba scura, corta e ispida, dell’uomo con la voce adirata e il braccio forte.
Non siate sciocco... è evidente che non l’ho visto arrivare, avrebbe voluto dire. Purtroppo, a causa della pressione del braccio sullo stomaco e dei battiti accelerati del cuore, dalla bocca le uscì solo una specie di miagolio.
«State tremando» notò l’uomo. Come se fosse strano, dopo avere visto la morte da vicino sotto forma di un cavallo da tiro ed essere stata sollevata da un estraneo dai capelli scuri e dalla voce stentorea! «Fareste bene a sedervi.»
Il braccio intorno alla vita si spostò, e l’uomo che prima era dietro Clara e nascosto alla sua vista apparve al suo fianco. La teneva ancora stretta, però la stava sospingendo verso la locanda.
«La mia borsa!» riuscì a esclamare lei, che sentì la stretta allentarsi.
«Lasciatela dov’è» disse l’uomo in tono irritato. «Vi ha causato abbastanza guai.»
«Sì, ma...»
«Tornerò io a prenderla dopo che sarete seduta in un luogo sicuro.»
«D’accordo, grazie» sussurrò Clara mentre lui la spingeva sulla panca sotto la finestra che aveva visto dal cortile. Prima che avesse l’opportunità di guardarlo attentamente, lo sconosciuto si allontanò a grandi passi. Con il pesante mantello azzurro che sfiorava i ciottoli, lo vide scansare abilmente le persone che correvano qua e là fuori dalla locanda. Dopo avere afferrato la sua borsa, si girò per tornare da lei con un unico movimento che la fece pensare a un uccello predatore.
Ora che si trovava di fronte a lei, Clara vide un volto maschile magro e tirato che si intonava al tono irritato della voce.
«Ecco qua» disse l’uomo, lasciando cadere ai suoi piedi la borsa logora e a quel punto anche infangata. Poi restò fermo per un istante, guardandola con la testa inclinata da un lato.
Sotto il bicorno blu spuntavano due occhi scuri vivaci, messi in risalto dalle sopracciglia nere e incorniciati da folte ciglia. Eppure, malgrado la severità e i colori scuri, c’era qualcosa di molto attraente in lui che la confondeva. Perché mai avrebbe dovuto subire il fascino di un uomo che l’aveva bistrattata, le aveva detto che era una sciocca, l’aveva sbattuta su una panca e la stava guardando torvo, come se fosse una seccatura di cui avrebbe fatto volentieri a meno?
«Siete ferita?» le chiese.
Vedendo il cipiglio farsi più pronunciato di fronte al suo silenzio, Clara pensò che, invece di fissarlo, avrebbe dovuto ringraziarlo per avere salvato lei e la borsa.
«Volete che chiami qualcuno? Perché...» L’uomo si girò per dare un’occhiata alla locanda affollata. «... sono venuto a prendere una persona e non vorrei che mi sfuggisse in questa folla.»
Clara sentì il cuore fare una capriola nel petto. Aveva un’innamorata. Be’, naturalmente. Un uomo con quell’aspetto che, ora che lo vedeva da vicino, indossava abiti di ottima qualità, doveva per forza avere un’innamorata. E ovviamente gli dispiaceva perdere dei momenti preziosi, che avrebbe potuto trascorrere con lei, per salvare un’insegnante goffa e sciocca dalle conseguenze della propria avventatezza.
«Sto bene» disse Clara sollevando il mento. Perché era vero. La fitta di dolore era solo la reazione allo spavento provato. Non era reale. Non le importava se quell’uomo era troppo occupato per restare con lei. Aveva fatto abbastanza. L’aveva salvata. Era stata un’avventura finita senza conseguenze spiacevoli.
L’uomo abbassò di nuovo lo sguardo su di lei. «Siete sicura? Il fatto è che la persona doveva essere sulla vostra carrozza e...» La voce si affievolì, l’occhiata si fece aspra. «Voi non siete Miss Isherwood, non è vero?»
Solo nei fine settimana, avrebbe voluto rispondere Clara in tono insolente. Perché lei non aveva mai l’occasione di essere irriverente e c’era qualcosa in quella giornata, il fatto improbabile di trascorrere il Natale in una residenza ducale, l’essere stata sollevata da terra da uno sconosciuto, che dava a tutto un’aria di irrealtà.
Comunque prevalse il buonsenso. Se quell’uomo era lì per incontrare Miss Isherwood, era probabile che l’avrebbe accompagnata alla dimora del duca. Dopo essersi lamentata per aver dovuto progettare quell’itinerario complicato, prima di metterle in mano i biglietti, Miss Badger le aveva detto che la locanda era la più vicina alla sua destinazione. E che, una volta arrivata, avrebbe dovuto scrivere per chiedere che qualcuno andasse a prenderla.
Quel qualcuno doveva essere lui.
«Sono Miss Isherwood, sì.»
L’uomo la guardò torvo. «Non siete...»
Clara ebbe il sospetto che stesse per dire: Non siete come vi immaginavo.
Invece lui riprese il controllo e la sua espressione da incredula si fece educatamente interrogativa. «Cioè, siete la damigella d’onore della sposa?»
Per un istante Clara sembrò perplessa. «Damigella d’onore? Non lo so. Però ho ricevuto l’invito per il matrimonio di Miss Fairclough con il Duca di Braid. Volete vederlo?»
Senza aspettare la risposta, Clara aprì la reticella e rovistò cercando lo spesso cartoncino color crema profilato d’oro. Per fortuna aveva deciso di portarlo con sé. Mentre lo infilava tra le pagine del suo libro di preghiere, per non sciuparlo, aveva avuto il terribile presentimento che senza il biglietto la gente non avrebbe creduto che una creatura umile come lei avesse il diritto di entrare nel palazzo di un duca. Invece c’era il suo nome scritto sopra e un appunto sul retro scritto dalla futura sposa in persona. Con quello in mano, nessuno avrebbe potuto negarle l’ingresso.
L’uomo osservò l’invito che lei gli mostrava. Poi si tolse il cappello e le rivolse un rapido inchino.
Clara si sforzò di non tirare un sospiro di sollievo, anche se aveva l’impressione di avere superato un ostacolo insormontabile.
«Felice di fare la vostra conoscenza, Miss Isherwood. Sono il tenente Warren.»
Tenente? Bene, se era nell’esercito o in Marina si spiegavano i suoi modi bruschi. Probabilmente era più abituato a dare degli ordini che a conversare educatamente con le persone.
Clara si alzò in piedi e ricambiò la riverenza. «Anch’io sono felice di conoscervi, tenente. Se non fosse stato per voi, quel cavallo mi avrebbe travolta.»
Qualcosa che non era esattamente un sorriso, ma che addolcì la linea severa delle labbra, ammorbidì in parte l’espressione dell’uomo.
«Se volete seguirmi...» disse il tenente indicando la direzione con una mano, «ho un veicolo che aspetta in strada. Come probabilmente avete capito, sono venuto per accompagnarvi a Palazzo Sassonia.»
«Grazie.» L’umore di Clara si alleggerì.
Quando il tenente prese la borsa e si allontanò, la folla si divise creando un passaggio anche per Clara, che dovette trattenersi per non saltellare dietro di lui. Perché non solo non era stata costretta a restare al collegio per le vacanze di Natale, non solo aveva fatto un viaggio interessante, non solo era stata salvata da un grave pericolo da un avvenente sconosciuto. Ma avrebbe anche trascorso il tempo necessario per arrivare a Palazzo Sassonia in sua compagnia.
Che avventura! Quante storie da raccontare alle ragazze quando fosse tornata alla Heath Top!
2
Mentre la accompagnava al suo nuovo calesse, Hugo lanciò una lunga occhiata alla giovane esile, alquanto goffa, che affermava di essere Miss Isherwood. Poteva davvero essere la persona che la futura moglie del Duca di Braid aveva descritto in termini così entusiastici? L’unica donna, aveva detto, che avrebbe potuto prendere in considerazione come sua damigella d’onore?
Basandosi su ciò che aveva appreso della sciocca ragazzina che stava per diventare Duchessa di Braid, lui si aspettava che l’amica del cuore fosse fatta della stessa pasta. Perciò aveva immaginato di vedere scendere dalla carrozza dell’una e trenta una creatura straordinaria, vestita alla moda o con abiti appariscenti. Una ragazza che avrebbe sorriso in modo affettato, sbattuto le ciglia e sospirato dopo essere stata liberata dal gruppo di corteggiatori conquistati durante il viaggio.
Invece Miss Isherwood era tanto insignificante che non l’aveva praticamente notata quando era scesa dalla carrozza. Finché non era andata al centro del cortile per prendere la borsa – che solo in seguito lui aveva scoperto essere il suo unico bagaglio – rischiando di essere travolta da un cavallo da tiro.
Il che significava che era sciocca in modo diverso rispetto alla futura sposa.
Però... questa goffaggine potrebbe facilitare il mio compito?, si chiese mentre l’aiutava a salire sul sedile del passeggero.
Prima di partire si era domandato se la donna elegante che stava andando a prendere si sarebbe lamentata di dover viaggiare su un calesse. Ed era pronto a difendersi assicurandole che avrebbe chiesto al cocchiere di una carrozza di caricare il bagaglio che non poteva legare dietro al calesse.
Invece non era necessario. Avrebbe semplicemente messo l’unica, piccola e logora borsa ai piedi della passeggera.
Mentre lo faceva non poté fare a meno di notare che il mantello, che sulle prime gli era parso sobrio, quasi spento, era anche un po’ consunto.
«Spero» disse, in preda al rimorso, «che non vi dispiaccia viaggiare sul mio calesse. Il clima è mite oggi» dichiarò, più per rassicurare se stesso che per sottrarsi a un rimprovero. «E ho pensato che avreste gradito un po’ di aria fresca, dopo essere stata chiusa in una carrozza tutto il giorno.»
Clara gli rivolse un sorriso talmente dolce da cancellare la prima impressione che aveva avuto di lei. Era goffa e vestita con modestia, senza dubbio, ma dietro le apparenze, e malgrado il cappello che sembrava essere stato creato per respingere il sesso maschile, aveva lo stesso potenziale della sua protetta di far girare la testa a un maschio ignaro.
E da chi altri, dopotutto, la piccola Miss Fairclough avrebbe potuto imparare i suoi stratagemmi se non da un’astuta precettrice?
«Oh, è stato gentile da parte vostra» dichiarò Clara. «Confesso che mi godrò la novità di viaggiare su un veicolo come questo» aggiunse, guardandosi intorno dal sedile rialzato con occhi scintillanti. «Fino a oggi non ne ho mai avuto l’occasione, sapete? È tutta un’avventura per me!»
«Il problema con le avventure» sottolineò Hugo, avendone vissute parecchie negli ultimi anni, «è che possono diventare molto spiacevoli.» E se era vero che non aveva mai viaggiato su un calesse, Miss Isherwood non aveva idea del freddo che avrebbe patito quando avessero raggiunto la velocità massima. «Questa» aggiunse in tono burbero drappeggiandole sul grembo una coperta, «dovrebbe proteggervi dal clima pungente.»
«Oh, grazie» sussurrò Clara, come se quel gesto premuroso fosse molto importante.
È una precettrice, ricordò Hugo a se stesso mentre raggiungeva il sedile del guidatore. Fa’ attenzione, aggiunse quando salì e le si sedette accanto.
Tuttavia, poiché voleva convincerla ad aiutarlo a raggiungere il suo obiettivo, non lasciò trapelare i suoi sospetti. Era diventato un esperto a
