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In nome dei pubblici ministeri: Dalla Costituente a Tangentopoli: storia di leggi sbagliate
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Prefazione di Mattia Feltri
Giuseppe Gargani è stato un politico di lungo corso, uno dei protagonisti delle vicende politiche istituzionali che hanno attraversato l’Italia nella seconda metà del secolo scorso. In nome dei pubblici ministeri è un libro scritto più di dieci anni fa – e qui riedito con alcune note introduttive aggiuntive –, ma incredibilmente attuale, sia per- ché le questioni giudiziarie occupano sempre più spesso le prime pagine dei giornali, sia perché a
distanza di quasi trent’anni dall’inizio della stagione di Tangentopoli risulta interessante ritornare su alcuni temi cruciali di quella storia.
In questo libro-intervista che copre oltre cinquant’anni di storia, Gargani non usa mezzi termini per criticare aspramente quello che chiama “il parti- to istituzionale dei PM”, una casta che, più di quella politica, si avvale di strumenti di autoelezione e di privilegi garantiti da leggi che i vari governi non hanno mai avuto il coraggio di cambiare.
Ai ragionamenti di carattere costituzionale che avevano già impegnato i protagonisti della stesura della costituente, seguono riflessioni puntuali sui passaggi cruciali di una “rivoluzione della giustizia” che ha visto via via crescere il potere dei giudici a discapito degli altri due poteri esecutivo e legislativo. La stagione di Mani Pulite, perno del volume di Gargani, ha segnato la definitiva resa della classe dirigente di fronte a una magistratura che svolgeva più inchieste che indagini, che ricorreva alla carcerazione preventiva e a testimoni come metodo per scardinare un sistema e non per punire i veri colpevoli. In nome dei pubblici ministeri è un libro-verità su un passato per molti aspetti ingombrante e tuttora irrisolto che ci aiuta anche a riflettere sulle storture oggi presenti in Italia, come l’abuso di intercettazioni, le violazioni costanti del segreto istruttorio, le inchieste capaci di sovvertire governi e di condizionare la vita democratica del paese senza garantire il processo sulle numerose indagini spesso infondate o strumentalizzate. Un libro scomodo che getta una luce inquietante sul presente e il futuro del nostro Paese.
Giuseppe Gargani, avvocato docente di materie giuridiche, è stato iscritto alla Democrazia Cristiana dal 1956, membro del consiglio e della direzione nazionale della DC, segretario regionale della Campania, deputato alla Camera dei Deputati (dal 1972 al 1994), sottosegretario al ministero della Giustizia (dal 1979 al 1984), Presidente della Commissione Giustizia.
Nel 1994, dopo lo scioglimento della Democrazia Cristiana, aderisce al Partito Popolare Italiano.
Nel 1995 nello scontro tra Rocco Buttiglione e Gerardo Bianco sostiene la candidatura di Romano Prodi e la coalizione dell’Ulivo. Durante il governo dell’Ulivo è nominato commissario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (1998).
Nel 1999 aderisce al PPE e a Forza Italia, candidandosi alle elezioni europee. È eletto Europarlamentare nella circoscrizione del Sud per tre legislature fino al 2014; si iscrive al gruppo parlamentare del Partito Popolare Europeo ed è Presidente della Commissione Cultura e poi della Commissione Giuridica.
Nel 2011 ha aderito all’Unione di Centro.
Nel 2019 è Presidente della Federazione Popolare dei Democratici Cristiani per fondare un nuovo soggetto politico di “centro”.
Autore di significative pubblicazioni.
Giuseppe Gargani è stato un politico di lungo corso, uno dei protagonisti delle vicende politiche istituzionali che hanno attraversato l’Italia nella seconda metà del secolo scorso. In nome dei pubblici ministeri è un libro scritto più di dieci anni fa – e qui riedito con alcune note introduttive aggiuntive –, ma incredibilmente attuale, sia per- ché le questioni giudiziarie occupano sempre più spesso le prime pagine dei giornali, sia perché a
distanza di quasi trent’anni dall’inizio della stagione di Tangentopoli risulta interessante ritornare su alcuni temi cruciali di quella storia.
In questo libro-intervista che copre oltre cinquant’anni di storia, Gargani non usa mezzi termini per criticare aspramente quello che chiama “il parti- to istituzionale dei PM”, una casta che, più di quella politica, si avvale di strumenti di autoelezione e di privilegi garantiti da leggi che i vari governi non hanno mai avuto il coraggio di cambiare.
Ai ragionamenti di carattere costituzionale che avevano già impegnato i protagonisti della stesura della costituente, seguono riflessioni puntuali sui passaggi cruciali di una “rivoluzione della giustizia” che ha visto via via crescere il potere dei giudici a discapito degli altri due poteri esecutivo e legislativo. La stagione di Mani Pulite, perno del volume di Gargani, ha segnato la definitiva resa della classe dirigente di fronte a una magistratura che svolgeva più inchieste che indagini, che ricorreva alla carcerazione preventiva e a testimoni come metodo per scardinare un sistema e non per punire i veri colpevoli. In nome dei pubblici ministeri è un libro-verità su un passato per molti aspetti ingombrante e tuttora irrisolto che ci aiuta anche a riflettere sulle storture oggi presenti in Italia, come l’abuso di intercettazioni, le violazioni costanti del segreto istruttorio, le inchieste capaci di sovvertire governi e di condizionare la vita democratica del paese senza garantire il processo sulle numerose indagini spesso infondate o strumentalizzate. Un libro scomodo che getta una luce inquietante sul presente e il futuro del nostro Paese.
Giuseppe Gargani, avvocato docente di materie giuridiche, è stato iscritto alla Democrazia Cristiana dal 1956, membro del consiglio e della direzione nazionale della DC, segretario regionale della Campania, deputato alla Camera dei Deputati (dal 1972 al 1994), sottosegretario al ministero della Giustizia (dal 1979 al 1984), Presidente della Commissione Giustizia.
Nel 1994, dopo lo scioglimento della Democrazia Cristiana, aderisce al Partito Popolare Italiano.
Nel 1995 nello scontro tra Rocco Buttiglione e Gerardo Bianco sostiene la candidatura di Romano Prodi e la coalizione dell’Ulivo. Durante il governo dell’Ulivo è nominato commissario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (1998).
Nel 1999 aderisce al PPE e a Forza Italia, candidandosi alle elezioni europee. È eletto Europarlamentare nella circoscrizione del Sud per tre legislature fino al 2014; si iscrive al gruppo parlamentare del Partito Popolare Europeo ed è Presidente della Commissione Cultura e poi della Commissione Giuridica.
Nel 2011 ha aderito all’Unione di Centro.
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