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Il cane a sei zampre la storia dell'Eni di Enrico Mattei
By Luisa Cuccu
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Uno dei fattori che impedirono all'Italia di entrare a far parte, insieme con le altre nazioni europee, della moderna società industriale fu la mancanza di fonti di energia abbondante e a buon mercato. In Italia la sostituzione del petrolio con il carbone avvenne più velocemente che non in altri Paesi europei: la posizione geografica dell'Italia rese più conveniente l'utilizzo del greggio mediorientale che non del carbone proveniente dall'Europa centrale; inoltre, l'Italia era pressoché priva di giacimenti carboniferi (quelli presenti in Sardegna erano insufficienti in termini quantitativi e qualitativi, a causa della presenza di alte percentuali di zolfo) e quindi non si dovette affrontare, se non in misura limitata, il problema della riconversione del capitale finanziario e umano utilizzato nell'estrazione del carbone, né conseguenti problemi sociali che sarebbero derivati dalla riduzione delle attività estrattive. I Paesi europei ricchi di carbone, come Belgio, Francia, Germania e Gran Bretagna, preferirono non abbandonare in tempi rapidi l'utilizzo di questa risorsa naturale, sia per non rinunciare alla sicurezza degli approvvigionamenti che derivava dalla presenza di importanti giacimenti all'interno del loro territorio, sia per evitare le difficoltà di carattere economico e sociale che sarebbero sorte da una rapida transizione. L'Italia importava quasi tutto il suo fabbisogno di petrolio, il che contribuiva ulteriormente a ridurre la bilancia valutaria e a limitare l'espansione. Con la legge del 3 aprile 1926 il governo di Benito Mussolini creò un'impresa di Stato, l'Azienda Generale Italiana Petroli (AGIP). Fu fondata come società per azioni di cui lo Stato deteneva l'intero capitale che equivaleva a 100 milioni di lire. Il fine era di individuare giacimenti petroliferi in Italia, ma anche il proposito più vasto di trovare soluzioni al problema della carenza di petrolio. L'Agip mostrò subito una particolare attitudine a muoversi sulla scena internazionale e, nei suoi primi anni di attività, individuò nella politica di accordi diretti con i Paesi produttori l'obiettivo prioritario della questione petrolifera italiana e, nonostante gli ostacoli frapposti dalle grandi compagnie straniere smisuratamente più ricche e potenti, riuscì a sviluppare un'intensa azione. Fu fallimentare la ricerca del petrolio da parte dell'Agip, infatti vennero scavati 350 pozzi tra Albania, Ungheria, Romania e Italia senza alcun successo e riscontro economico positivo. L’azienda risaliva dunque all’epoca fascista e già durante la guerra maturava il pensiero di disfarsi di questo ente che non aveva mai portato utili all'economia italiana, di liberarsi, dunque, della compagnia che al fine di trarre qualche beneficio aveva finito per cedere a cifre irrisorie anche quelle concessioni in Iran che avrebbero potuto far guadagnare del denaro. Poco prima del 25 aprile del 1945 la commissione del Clnai si riunì per decidere sulle aziende e gli enti controllati dallo Stato. Per l'Agip ormai era arrivata l'ora della liquidazione. Bisognava selezionare un commissario incaricato per la chiusura dell'azienda e per l'incarico venne scelto Enrico Mattei, il quale all'epoca possedeva una fabbrica per la lavorazione di oli e solventi industriali. In questo libro ci occuperemo di Enrico Mattei, che da liquidatore dell'Agip divenne il nuovo deus ex machina di questo ente riformato. Non solo Mattei riqualificò l'Agip, ma diede vita a uno dei più grandi enti petroliferi mondiali, l'Eni, divenendo l'attore principale della politica estera italiana del suo tempo. Al fine di compiere la trattazione, si è seguita la seguente struttura, partendo dalla riqualificazione dell'Agip da parte di Enrico Mattei e passando per la fondazione dell'Eni e i non sempre facili rapporti con la politica italiana. Successivamente affronteremo il tema dell'azione sul Mediterraneo e nel nord Africa, tenendo conto di tutti gli attori che operavano contemporaneamente all'ente italiano nel...
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