
« Ricordo molto bene quel 15 agosto 1982. Ho sempre avuto la passione di collezionare cose che mi sembravano strane e in qualche modo mi colpivano: dai vecchi soldatini alle medaglie sportive, da intere raccolte di foto a bottiglie di birra degli anni Sessanta& Bizzarrie che andavo a cercare un po’ dappertutto, sia da persone che avevano cantine da svuotare che in posti abbandonati o in luoghi dove la gente poteva aver perso qualcosa. Be’, comunque stavo attraversando con un canotto una sponda del Green River quando, guardandone il fondo in quel punto piuttosto basso, forse un metro o due, vidi un manichino. Super eccitato, mi sbracciai per tirarlo su, ma ben presto il mio entusiasmo svanì e subentrò lo stupore che si trasformò immediatamente in orrore: era il cadavere di una donna. Accanto ce n’era un altro, trattenuto sott’acqua con alcuni sassi sistemati sul corpo. Un po’ per lo shock di quel che avevo visto e soprattutto toccato, un po’ per quel che mi sembrava una specie di accerchiamento della morte nei miei confronti, caddi in acqua e senza voltarmi indietro nuotai fino alla riva. Chiamai di corsa la polizia, che per fortuna arrivò subito» (Robert Ainsworth).
«Mentre alcuni miei colleghi ripescavano i corpi, io insieme agli altri perlustrai la boscaglia vicina. In mezzo ai rovi trovammo un terzo cadavere seminudo, con un paio di jeans annodati al collo e contusioni su braccia e gambe, di sicuro la conseguenza d’una lotta. Quel che temevo accadde: solo pochi giorni prima c’erano già stati dei ritrovamenti macabri: erano state uccise altre due donne. La prima venne trovata il 15 luglio. La seconda il 12 agosto; il suo corpo era in pessimo stato: pieno di bruciature, gonfio e infestato dalle larve. Me l’aspettavo, mi aspettavo esattamente tutto quello che successe dopo la diffusione della notizia e il collegamento (David Reichert).