
—C’era una volta….
—Un re! — diranno subito i miei piccoli lettori.
—No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.

Pinocchio è tanto ricco di possibilità interpretative, da aver suscitato l’interesse anche di personalità quali il cardinale Giacomo Biffi.
ttacca così, in maniera fulminante, una delle storie più famose al mondo, quella che narra le avventure di Pinocchio, nato burattino e diventato bambino dopo grandi sofferenze e prove degne di un percorso iniziatico. E lo scritto di Carlo Lorenzini detto Collodi rimane uno dei misteri più affascinanti della letteratura italiana, un vero enigma, secondo uno dei suoi più attenti cultori. Perché questa fiaba insieme buffa e gotica, a tratti crudele, nata quasi per caso e scritta senza convinzione, è dedicata a un anti-eroe che a molti risulta antipatico: ingenuo e furbastro, pavido e bugiardo, ribelle ed egoista, capace di slanci generosi ma sempre attratto dalla scelta sbagliata, un protagonista in cui nessuno vorrebbe riconoscersi. Ma a una lettura adulta e più attenta il libro si rivela invece ricco di echi biblici e mitologici, insospettate profondità e battute brillanti quali solo la lingua toscana sa offrire. Del libro si è detto tutto: che fosse sovversivo, conformista, insopportabilmente moralista; si sono scomodati marxismo e psicoanalisi, sociologia, massoneria ed esegesi biblica. Pinocchio insomma è tanto ricco di possibilità interpretative, da aver suscitato l’interesse di personalità diversissime, quali il cardinale Giacomo Biffi, lo studioso di discipline esoteriche Elémire Zolla, gli scrittori Giorgio Manganelli e Alberto Savinio, che lo definì «una Bibbia del cuore» e persino del grande romanziere Lev Tolstoj che nel.