
L’esplorazione dello Spazio lega a sé molte problematiche. Una di queste è la distanza che separa i vari corpi celesti, come i pianeti e le stelle, dalla Terra. Distanze così enormi che per coprirle potrebbero volerci secoli. Quindi, o si ottimizzano i tempi dei viaggi (ma la tecnologia non è ancora così avanzata da poterlo permettere), o si va a intervenire sull’equipaggio, destinato a questi viaggi lunghissimi. Ma in che direzione? Costruire una nave spaziale, portarla a destinazione e iniziare un processo di colonizzazione del lontano pianeta, potrebbe essere un progetto che per compiersi ha bisogno di diverse generazioni di uomini. Mache genere di equipaggio potrebbe sostenere un viaggio simile? Ecco allora che si inizia a pensare agli equipaggi multigenerazionali, all’ibernazione umana, ai cloni, a robot autoreplicanti. Ma le cose come stanno veramente? Quali passi avanti ha fatto la ricerca?

EQUIPAGGI MULTIGENERAZIONALI
Immaginiamo di dover raggiungere un pianeta, considerato abitabile, a cento anni luce di distanza da noi. Con una nave ad antimateria, ad esempio, potremmo impiegare duecento anni per arrivarci. Se una generazione corrisponde a circa vent’anni, nella navicella ne nasceranno dieci di generazioni umane. In un viaggio così lungo va monitorato tutto. La popolazione dovrà mantenersi stabile, senza andare incontro al rischio di estinzione. Di conseguenza, vanno monitorati anche il cibo disponibile e le riserve. Tutto dovrà essere riciclato. Bisognerà anche far fronte