È I’anno delle grandi dimissioni in Italia?

“I dati al momento non danno elementi per dire se questa resignation sia great, ma sicuramente qualcosa sta succedendo” ANDREA GARNERO Economista all’Ocse
È UNO DI QUEI CASI in cui la traduzione in italiano suona meno efficacie dell’originale: great resignation, ovvero ‘grande dimissione’, termine coniato da Anthony Klotz, psicologo e docente all’Univeristà A&M del Texas. O se si preferisce big quit, il grande abbandono’. A metà di quest’anno negli Stati Uniti è diventato necessario dare un nome a un fenomeno dilagante: la crescita costante di chi ha deciso di lasciare il lavoro. Qualcosa di simile si è cominciato a verificare in Italia a partire dal secondo trimestre di quest’anno, quando si è registrato un +10% di dimissioni rispetto allo stesso periodo del 2019. Bisognerà trovare una definizione ad hoc anche per quello che sta accadendo nel nostro Paese? È da vedere. Perché ci sono alcuni dati, incontrovertibili, che però al momento lasciano aperte diverse – e spesso contraddittorie – spiegazioni.
Per cominciare a capirci qualcosa bisogna partire dalle differenze tra Italia e Usa. “Negli Stati Uniti si può essere licenziati o
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