Alfonso è tornato

Il treno su cui viaggiava Alfonso Castañeda sbuffava esausto e rimaneva sul binario della stazione di Munia, dopo aver accumulato quattro ore di ritardo. Si sarebbe potuto affermare che quei duecentoquaranta minuti non fossero nulla rispetto ai quindici giorni che aveva trascorso in viaggio da quando aveva lasciato Cuba, ma non era così. In realtà, erano proprio la goccia che aveva fatto traboccare il vaso della disperazione, accumulata durante il percorso costellato da contrattempi che si erano opposti alla sua urgenza di arrivare. Alfonso aveva viaggiato sapendo che Emilia, l’amore della sua vita, la sua sposa e compagna, non si era recata a Puente Viejo per Matias, Camelia e Marcela. Le ragioni che aveva usato per tornare in Spagna non erano che menzogne, scuse e finzioni. La nuda, tragica verità è che è malata gravemente e vuole morire sola.
Il dottor Calderon, il medico che aveva fatto la diagnosi, non era riuscito a sopportare questo peso sulla coscienza e aveva confessato ad Alfonso il piano di Emilia solo quindici giorni prima.
Non appena aveva saputo la verità, Alfonso aveva lasciato Natalia alle cure di Maria e aveva preso la prima nave diretta in Spagna.

Non appena aveva saputo la verità, Alfonso aveva preso la prima nave per la Spagna
Aveva avuto la tentazione di avvisare del suo arrivo non appena aveva attraccato al porto di Vigo, inviando un telegramma a Matias perché almeno lui sapesse della sua venuta, ma ci aveva ripensato non appena entrato nell’ufficio del telegrafo. Non voleva che sua moglie avesse l’opportunità di fuggire, pensando di proteggerlo.
Riteneva fosse meglio sorprenderla.
Ora, sul binario, è lui a essere sorpreso. La stazione di Munia brulica di militari armati che camminano parlando
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