Saul e Julieta


ROMA, DICEMBRE 1930
Saul sta per morire, lo sa. Solo un miracolo potrebbe salvare la vita a lui e suo fratello. Sono legati e incatenati nella cantina della loro bottega “Vino e Olio Don Chisciotte” che hanno aperto solo da pochi mesi in via San Francesco a Ripa, a Trastevere, il quartiere di Roma in cui si sono trasferiti non appena Prudencio e Lola sono arrivati in Italia e nel quale si sono ambientati proprio come se fossero nati sulle rive del Tevere. È davvero un paradosso: questo luogo, dove pensavano di aver trovato la felicità, si è trasformato nella loro tomba.
«Non possiamo perdere la fede fratello» mentre parla, Prudencio tenta di liberarsi, spinto dal senso di colpa; «Abbiamo combattuto i tori in arene ben peggiori!».
«Potrebbe essere, ma temo che questa sia l’incornata definitiva» risponde Saul con la tranquillità di chi pensa che qualsiasi resistenza sia ormai inutile, «Anche in questo momento non possiamo pentirci di quello che le Parche hanno deciso. È un sollievo che Julieta e Lola siano alla vigna e che Consuelo stia riposando allo stabilimento balneare che si è tanto meritata e dove l’abbiamo obbligata a passare questo mese di dicembre perché si goda un po’ la vita. Non ci accompagneranno in questo viaggio senza biglietto di ritorno».
«È tutta colpa mia» afferma Prudencio, senza smettere di lottare con le catene.
«Non incolparti. Nessuno avrebbe potuto immaginare che il fratello di Pablo Armero sarebbe venuto fino a qui in cerca di vendetta e ci avrebbe trovato dopo tanto tempo».
Il riferimento all’usuraio con il quale era stato obbligato a “collaborare” nei suoi ultimi giorni a Puente Viejo fa rivoltare Prudencio come un matto.
«Perché mai non ho ucciso quel maledetto? L’avevo ingannato, questo è certo, ma non più di quanto lui avesse fatto con me in precedenza! La
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